GIULIA D'AGNOLO VALLAN
Era lo sconosciuto interprete del musical beatlesiano «Across the Universe». Ma è bastato un anno per farne un divo. O quasi. Tenetelo d'occhio.
Il set è quello dello scorso Toronto Film Festival, la mattina della della première del musical beatlesiano Across the Universe. Jim Sturgess ha il sorriso fisso, quasi inebetito, di chi comincia finalmente a rendersi conto che no, non sta sognando è tutto vero. Fino a poco più di un anno prima questo ex studente universitario di Manchester e musicista a tempo perso (l'ultima band di cui ha fatto parte si chiamava Dilated Spies: «Ma non chiedermi il perché ciel nome»)non aveva neanche deciso di fare l'attore. In coda con centinaia di altri aspiranti che canticchiavano a bassa voce Hey Jude o Strawberry Fields pensava che in fondo l'idea di un musical sui Fab Four (ma ambientato a New York!) non fosse affatto buona, anzi...
«Non sapevo bene di cosa si trattasse. Neppure che c'entrasse julie Taymor. Sono andato all'audizione con uno spirito del tutto naïf. Se avessi saputo come stavano le cose sarei morto dì paura». In effetti, a parte le recite che inscenava per famigliari e vicini nella soffitta di casa («Me ne ricordo una dove i personaggi erano tutti batteri che vivevano nella bocca di un uomo»), la sua esperienza professionale fino ad allora era limitata a una manciata di filminì indipendenti o televisivi - arrivati dopo che il suo «one man show» Buzzin (una performance universitaria) gli aveva con sua grande sorpresa procurato un agente. «Scrivevo poesie e recitavo più che altro per divertirmi. Buzzìn raccontava un giorno nella vita dì un personaggio che mi assomigliava un po', solo in versione estrema», ricorda Sturgess, che attribuisce alla Salford University di Manchester il merito di avergli aperto la testa: «Frequentavo Media Performances. Non era un corso di laurea, ma potevo inventarmi film e spettacoli di teatro insieme ad altri studenti usando gli spazi e l'equipaggiamento della scuola. È stato un periodo creativo molto eccitante» .
Dopo averlo scritturato per zAcross the Universe, e portato a vivere nell'East Village newyorkese, Julie Taymor ha continuato a incoraggiare quella creatività. «Durante le riprese del film dipingevo molto, ascoltavo musica dalla mattina alla sera, suonavo la chitarra e facevo dei grandi barbecue sul retto», riassume Sturgess, il cui fascino anglo-retrò (da vicino assomiglia di più a Paul McCartney ma nel film ci aggiunge un pizzico di john Lennon) si adatta bene a questa evocazione del Village bohémien degli anni Sessanta.
Retrò è anche il fascino che Sturgess emana in 21, di Robert Luketic, dov'è uno studente genialoide del MIT capace di sbancare i casinò di Las Vegas: «Non c'ero mai stato e il suono delle slot machine m'ha steso. Per giorni e giorni non sono più uscito all'aperto; avevo perso la sensazione del tempo». A salvarlo è stato il regista del film. Luketic, ricorda Sturgess, pur incoraggiando i suoi giovani attori a immergersi fino in fondo nella vita della città «che non dorme mai», aveva però stabilito tre regole: «Arrivate puntuali sul set, assicuratevi di non avere un aspetto spaventoso e, soprattutto, non raccontatemi cosa avete tatto di notte». Paradossalmente, i rischi più grossi jim li ha corsi di ritorno a casa, in Inghilterra, dove ha girato L'altra donna del re (è il fratello di Anna Bolena a fianco di Natalie Portman e Scarlett Johansson). Giocando con le slot machine, dopotutto, non rischi l'osso del collo, ma montando su un focoso destriero sì, specie se non l'hai mai fatto in vita tua: «Altro che montare! Non avevo praticamente mai visto un cavallo da vicino».
Più familiare il suo ruolo in Crossing Over di Wayne Kramer (un film a trame multiple sull'immigrazione, con Sean Penn e Harrison Ford, in uscita quest'estate), dove impersona un musicista inglese che vive negli States. «Mi hanno chiesto perfino di comporre una canzone», ricorda compiaciuto. Com'è stato lavorare con Penn e Ford? «Li ho incontrati tutti e due. Non abbiamo neanche una scena insieme, ma va bene lo stesso». Fossero stati River Phoenix e Robert De Niro, i suoi idoli, non si sarebbe rassegnato così facilmente. Fantasticando un viaggio nel tempo con Bob, una volta ha detto: «Mi basterebbe sedermi sul suo sedile posteriore durante le riprese di Taxi Driver!».
Da Lo Specchio, Giugno 2008