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Dragonball Evolution: dal fumetto allo schermo

Dragonball approda al cinema a 23 anni dalla prima serie animata e a 25 dal primo numero a fumetti.
di Gabriele Niola

Dragonball Evolution: dal Giappone all'America Goku viene stravolto
Justin Chatwin (41 anni) 31 ottobre 1982, Nanaimo (Canada) - Scorpione. Interpreta Goku nel film di James Wong Dragonball Evolution.

mercoledì 8 aprile 2009 - Approfondimenti

Dragonball Evolution: dal Giappone all'America Goku viene stravolto
Prima fumetto dal successo esagerato poi cartone animato per la televisione di egual fama, replicato all'infinito dalle reti regionali fino ad essere comprato da Italia Uno e mandato in onda nella prestigiosa fascia di pranzo, a quasi 20 anni dalla sua realizzazione. Dragonball è senza dubbio una delle saghe che più hanno appassionato attraverso diversi media e attraverso diversi paesi. Impossibile quindi non pensare, in un periodo come questo così fecondo di adattamenti per il cinema, ad una versione filmica.
Nasce così Dragonball Evolution, progetto affidato ad un mestierante dall'abilità incerta come James Wong e privo di una forza produttiva a garantirgli una coerenza interna o una qualità decente.
Della storia e dei personaggi di Akira Toriyama c'è proprio poco come del resto poco rimane dell'etica alla sua base, sostituita dall'idea vaga che di quell'etica e di quel mondo c'è in America. Gli appassionati potranno riconoscere qualche vaghissimo riferimento, qualche capigliatura, qualche nome e qualche luogo ma nulla di più. Dietro il maestro Muten interpretato da Chow Yun Fat non si intravede nemmeno il vero Muten nè tantomeno l'originale Grande Mago Piccolo ha qualche parentela con il mostro verde che si vede sullo schermo.

Quale senso per il film?
D ragonball Evolution è più un prodotto da cinema americano che da animazione giapponese, con una storia che mostra un percorso eroico tipico dell'etica statunitense e con scene d'azione realizzate secondo i canoni moderni di Hollywood (cioè quelli che guardano alla Hong Kong di fine anni '80). E alla fine l'idea di mondo di Toriyama è assolutamente in secondo piano a favore della solita parabola dell'eroe solitario americano, in cerca di una vera figura paterna, destinato ad un grande domani ma tormentato da un terribile passato e incapace di attualizzare il proprio potenziale.
Il problema non è quindi solo che manca l'aderenza alla storia e la vera psicologia dei singoli personaggi ma anche che manca lo spirito di Dragonball. La parte raccontata dal film dovrebbe essere quella corrispondente all'arrivo del primo ed originale Grande Mago Piccolo, che secondo Toriyama era una splendida caccia al tesoro on the road funestata dalla presenza di una figura potentissima. La prima di una lunga serie che avrebbero caratterizzato la serie di lì in poi.
Wong invece trasferisce tutto ora e nel nostro mondo (Dragonball si svolge sulla Terra ma senza la nostra geografia e in un'epoca non chiara), manda Goku a scuola con effetti simili a quelli scatenati da Gohan nell'originale, modifica l'effetto della Luna su di lui (che diventa perfettamente controllabile), inventa regole fisiche e spiritiche per l'energia spirituale e rende il maestro Muten più giovane e assolutamente senza senso.
La cosa peggiore è che tutto questo non è finalizzato ad un nuovo senso, ma semplicemente ad un adattamento per il proprio mercato domestico. Come se si potessero adattare tutti gli elementi mantenendo il medesimo spirito. La finalità non è palesemente più fare il racconto delle gesta di una figura originale, forte ma fuori dagli schemi come Goku, è bensì ripetere l'eterna novella del giovane di talento inserito in un sistema, che anche nei tormenti rispetta le regole del suo ruolo.

Senza idee anche la miglior tecnologia fa ridere
Esistono film che spingono in avanti l'evoluzione tecnologica, film che utilizzano quelle innovazioni per creare nuovo senso, film che cavalcano una moda o degli strumenti e infine film che per risparmiare denaro ed idee ricorrono all'uso più semplice delle tecnologie. Dragonball Evolution appartiene a quest'ultima categoria.
Realizzato senza budget elevati, e con ancora più economia di idee, porta avanti l'idea di un cinema d'azione che si nutre di dinamiche di accelerazione e ralenti continuo. E più il ralenti è tale meglio è.
Si fa vanto James Wong di aver avuto l'idea di riprese così lente da alcuni filmati visti su YouTube, filmati ripresi ad un altissimo numero di fotogrammi al secondo e poi mandati molto lenti per mostrare nel dettaglio cose come lo scoppio di un palloncino pieno d'acqua o l'accendersi di un accendino. Da qui vengono dunque gli estenuanti rallentamenti dell'azione che non hanno una motivazione teorica (non servono a descrivere la morte come era in origine l'idea di Kurosawa o Peckinpah) nè una estetica (non si tratta della violenza stilizzata dei balletti con la morte di John Woo), sono semplicemente la riproposizione di ciò che fanno tutti, tirato all'estremo nel tentativo di distinguersi.
E nella stessa direzione vanno le poverissime idee per realizzare l'effetto dell'espandersi dell'aura. Senza attingere all'immaginario del cartone animato, Wong, decide semplicemente di applicare ritocchi in post produzione che imitino i classici fasci di energia fisiologici, cioè quelle forze che nell'immaginario cinematografico vengono dagli esseri viventi e non dalle macchine.
Non è più una questione di dover innovare in ogni film, ma semplicemente di utilizzare determinati strumenti ormai dichiaratamente entrati nel linguaggio filmico in una maniera personale che stupisca, coinvolga o se non altro funzioni!

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