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In the Valley of Elah, la guerra secondo Paul Haggis

Il regista di Crash - Contatto fisico torna a parlare di temi sociali e impegnati.
di Tirza Bonifazi Tognazzi

Il film

sabato 1 settembre 2007 - News

Il film
L'ex detective della polizia militare (ormai in pensione) Hank Deerfield si mette sulle tracce del figlio, tornato negli Stati Uniti dopo aver combattuto in Iraq e scomparso misteriosamente. Durante il suo soggiorno nel Nuovo Messico scoprirà una triste verità che lo porterà a un inesorabile cambiamento. Ispirato a una storia vera (un articolo pubblicato su Playboy scritto da un giovane soldato), il nuovo film del premio Oscar Paul Haggis sfrutta il peso della guerra per parlare della difficile relazione padre-figlio utilizzando la struttura del thriller. Le atrocità belliche - quelle fisiche, non le ripercussioni psicologiche sulle quali, in gran parte, si basa il film - vengono esplorate in maniera soffusa, lasciando alla conoscenza dello spettatore il compito di mettere insieme i pezzi mancanti.

Proprio come ai tempi del Vietnam il cinema si sta occupando della guerra in Iraq. Oltre al suo, qui in concorso c'è anche il film di Brian De Palma.
Paul Haggis: Sì, ma ci sono delle differenze tra allora e oggi. In Vietnam c'erano giornalisti e reporter che documentavano la verità. In Iraq questo non succede, così il mondo è all'oscuro degli avvenimenti che stanno avendo luogo, le persone sanno solo quello che i governi permettono di sapere. Io, come credo anche De Palma e gli altri che stanno uscendo con film sullo stesso tema, ho iniziato a lavorare a In the Valley of Elah nel 2003, 2004. All'epoca la gente pensava che fosse una guerra giusta, erano mossi dallo spirito patriottico, sulle case degli americani campeggiavano bandiere perciò è stato molto difficile trovare i finanziamenti per realizzarlo. Comunque ogni film affronta lo stesso tema utilizzando un punto di vista diverso. Siamo stati spinti dalle nostre coscienze. Con Crash ha parlato di problemi sociali, con questo affronta la guerra.

Continuerà a occuparsi di questi temi?
Paul Haggis:Mi viene naturale fare film su questioni che mi toccano, che siano temi politici o altro. Non so ancora su cosa lavorerò prossimamente, potrebbe benissimo essere un film romantico, ma credo che siccome la vita è talmente breve bisogna saper sfruttare al meglio il tempo che abbiamo a disposizione. In the Valley of Elah è un film politico, ma non giudica la guerra, non dice se è giusta o sbagliata, racconta quello che sta accadendo ora e credo sia arrivato il momento che la gente apra gli occhi su quello che finora ci è stato nascosto. I soldati che hanno avuto modo di vedere il film sono rimasti positivamente colpiti e ci hanno ringraziato per aver saputo raccontare le loro condizioni in un'opera che affronta la realtà.

Continuerà a fare film di denuncia?
Charlize Theron: Quando ho iniziato a recitare sapevo che avrei fatto questo lavoro per il resto della mia vita. È davvero una benedizione perciò lavorare con grandi registi come Haggis, e poter dare il proprio contributo con film socialmente e politicamente importanti. In fondo la politica fa parte della nostra vita, è impossibile non parlarne all'interno di un film. Non so a quale progetto prenderò parte dopo di questo, non si può neanche stare ad aspettare che arrivi la giusta sceneggiatura, perché non si può avere il controllo su queste cose. E poi mi piace il mistero della vita, l'avventura. Non programmo mai niente per il timore di rimanere delusa dalle mie stesse aspettative.

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