Uno sguardo dietro le quinte dell'Opera di Parigi, l'istituzione francese specchio della nostra società. Espandi ▽
Con la sua grammatica, il suo repertorio, i suoi codici e i suoi costumi fissati nel corso dei secoli, il balletto classico è un soggetto rigoroso, quasi sacro che non si presta agli eccessi. Il suo Mosè si chiamava Petipa, il suo Messia Nureyev. Eppure, Powell e Pressburger prima (
Scarpette rosse) e Darren Aronofsky dopo (
Il cigno nero) non hanno esitato a farne il campo di battaglia di allucinazioni con esisti diversi ma col medesimo scopo: disegnare attraverso allegorie una disciplina intransigente ed esigente, concentrandosi spettacolarmente sui sacrifici terribili che la danza richiede ai suoi discepoli. Se Aronofsky aveva dato fondo ai suoi fantasmi a scapito della misura e della verosimiglianza,
L’Opéra segue le orme di Robert Altman (
The Company), riflettendo più profondamente (e verosimilmente) sull’arte del danzare. La serie francese, creata da Cécile Ducrocq e Benjamin Adam, ha un approccio realista e decisamente rispettoso del lavoro dei ballerini e dei coreografi. In otto puntate, si concentra sulla ‘commedia umana’, esplorando gli arcani dell’Opéra di Paris attraverso le traiettorie individuali dei suoi protagonisti. Senza dissimulare l’abnegazione degli artisti che sacrificano tutte le aspirazioni personali per qualche ora di fragile perfezione plastica,
L’Opéra sposa alla maniera anglosassone il dramma sociale, la lotta di Zoé e Flora per scongiurare il licenziamento e la discriminazione.