sergio longo
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domenica 21 novembre 2021
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verdone, ci fai o ci sei?
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Cinque ore di buonismo autoassolutorio senza soluzione di continuità. Francamente indigeribile (esibizione degli interni della sua reggia compresi).
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mauro@lanari
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giovedì 18 novembre 2021
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lo stato del disastro
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Non è ch'esprimere nell'opera i suoi difetti ottenga l'effetto d'eliminarli. Non è affatto sufficiente a produrre l'antidoto il raccontare di beneagiati privilegiati, gl'abitanti dei quartieri più lussuosi dell'Urbe, i pariolini, coloro che, se malaguratamente attraversano la periferia, i sobborghi, l'hinterland romano, la suburra, sono subito verbalmente aggrediti con un "Perché sei qui, ti credi Pasolini?". La famiglia Verdone, quella reale che parte quantomeno dal padre di Carlo, è rappresentativa dell'autoreferenzialità dell'odierna falsa sinistra piddin'apertamente citatata nella fiction. Signoretti rimpiazza Zingaretti così come la carriera di Carlo è davvero esplosa con la parodia del coatto.
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Non è ch'esprimere nell'opera i suoi difetti ottenga l'effetto d'eliminarli. Non è affatto sufficiente a produrre l'antidoto il raccontare di beneagiati privilegiati, gl'abitanti dei quartieri più lussuosi dell'Urbe, i pariolini, coloro che, se malaguratamente attraversano la periferia, i sobborghi, l'hinterland romano, la suburra, sono subito verbalmente aggrediti con un "Perché sei qui, ti credi Pasolini?". La famiglia Verdone, quella reale che parte quantomeno dal padre di Carlo, è rappresentativa dell'autoreferenzialità dell'odierna falsa sinistra piddin'apertamente citatata nella fiction. Signoretti rimpiazza Zingaretti così come la carriera di Carlo è davvero esplosa con la parodia del coatto. A riprova dell'autoreferenzialità politica, lo script ruot'attorno alla candidatura del sindaco capitolino, poi l'elezioni amministrative ci sono state sul serio e per la 1a volta nella storia d'Italia la maggioranza degl'aventi diritto s'è astenuta non raggiungendo quel che in un referendum sarebb'il quorum. La "nostalgicommedia", il "riso amaro" del miglior cinema nostrano e il "dramedy" del corrispettivo statunitense sono citati più per presunzione "sorrentiniana" che per convinzione. L'unico paio di battute sferzanti giunge dal comprimario Max Tortora, mentre il Nostro continua imperterrito a frignarsi addosso con gestualità e mimica insopportabili quanto i suoi patemi d'animo da ipocondiaco facoltoso e pure bigotto. Squallido.
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jonnylogan
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sabato 13 novembre 2021
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il segreto del suo successo
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La vita del Verdone di oggi vivisezionata passo passo per 30 minuti a episodio, con incursioni continue e indesiderate nella vita privata di uno dei personaggi più iconici del cinema di casa nostra. Creatore di battute ormai trasformatesi in meme buone per i social, ipocondriaco ai limiti del parossismo e medico mancato che prescrive farmaci a chiunque gli capiti a tiro. Accolto da un’abitazione grande e spaziosa, ma incapace di proteggerlo perché invasa da un ex fidanzato della figlia e da una proposta mai del tutto rifiutata di candidarsi a sindaco della capitale perché follemente innamorato della sua città.
Una serie che nella sua lentezza e indolenza tipicamente ‘Verdoniana’ ci restituisce la normalità di uno dei più abili affabulatori del nostro cinema, fra gli ultimi capaci d’intercettare le vite e le passioni delle persone e portarle sul grande schermo.
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La vita del Verdone di oggi vivisezionata passo passo per 30 minuti a episodio, con incursioni continue e indesiderate nella vita privata di uno dei personaggi più iconici del cinema di casa nostra. Creatore di battute ormai trasformatesi in meme buone per i social, ipocondriaco ai limiti del parossismo e medico mancato che prescrive farmaci a chiunque gli capiti a tiro. Accolto da un’abitazione grande e spaziosa, ma incapace di proteggerlo perché invasa da un ex fidanzato della figlia e da una proposta mai del tutto rifiutata di candidarsi a sindaco della capitale perché follemente innamorato della sua città.
Una serie che nella sua lentezza e indolenza tipicamente ‘Verdoniana’ ci restituisce la normalità di uno dei più abili affabulatori del nostro cinema, fra gli ultimi capaci d’intercettare le vite e le passioni delle persone e portarle sul grande schermo. Ideata nel periodo pre lockdown e tornata prepotentemente a galla causa pandemia. Vita da Carlo, e non di Carlo, perché, come dice lo stesso Verdone: “vorrei far capire alle persone cosa si prova a essere sicuramente un regista amato ma anche privato della propria tranquillità quotidiana”, è stata scritta a sei mani dallo stesso Verdone, da Menotti, pseudonimo del fumettista e sceneggiatore Roberto Marchionni, e da Nicola Guaglianone, entrambi autori di Lo chiamavano Jeeg Robot, e diretta a quattro mani, di cui solo tre episodi diretti dallo stesso Verdone e i rimanenti sette dal direttore della fotografia Arnaldo Catinari che per l’occasione ha sfruttato accorgimenti degni delle serie tv di matrice americana, con meno primi piani e contro piani e un uso massiccio della steadycam.
Alla fine il prodotto è godibile, grazie anche a un casting particolarmente riuscito con una menzione particolare per Max Tortora nel ruolo dell’amico da incontrare appena si vuole andare allo stadio o più semplicemente per fare quattro chiacchiere. Le battute sono riuscite e che anche se più edulcorate arrivano comunque copiose e non è difficile vedere una vena di agrodolce denuncia per le mille pratiche che i Vip adottano nel corso della loro vita, dai ritiri nei monasteri, fino al desiderio di fare altro, che nel caso di Verdone si trasforma nell’incubo elettorale. Il tutto avvolto nella confezione di un prodotto che impedisce di capire dove finisca la finzione e dove inizi la semplice citazione di un fatto realmente accaduto. Di certo c’è però la genialità di una serie venduta anche all’estero e che sta riscontrando un eccellente successo in primis di tutto fra le nostre mura domestiche.
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