Alain Delon è un attore francese, regista, produttore, è nato il 8 novembre 1935 a Sceaux (Francia) ed è morto il 18 agosto 2024 all'età di 88 anni a Douchy (Francia).
Soffre di solitudine e depressione Alain Delon, che il prossimo 8 novembre compirà 70 anni. «È noto che ho vissuto male gli ultimi tre anni. Ho una passione per i miei due figli, li ho attesi per troppo tempo, li ho avuti tardissimo. Questa separazione mi ha distrutto e il fatto di averli un fine settimana su due mi uccide. A settant’anni sono a questo punto. E allora quel che è certo è che non lascerò che sia Dio a scegliere il giorno della mia morte». Cardiopatico, stanco, lasciato solo dagli amici scomparsi, il divo che negli anni 60 e 70 ha conteso a Jean-Paul Belmondo lo scettro di re del botteghino europeo, minaccia il suicidio nonostante sia reduce da buone tournée teatrali e da un ottimo successo televisivo nella miniserie Frank Riva, l’ultimo personaggio cucitogli addosso dal piccolo schermo e dalla tradizione poliziesca. Certo non dev’essere facile per lui convivere con la vecchiaia che avanza e con un cinema che non lo chiama né lo vuole più, con un carisma che si appanna e un avvenire che - apparentemente - pare essere sostanzialmente alle spalle. Dura, durissima per uno che tra la fine degli anni 50 e l’inizio dei 60 era già un principe del bel cinema che grazie a Luchino Visconti (Rocco, Il Gattopardo), Antonioni (L’eclisse), Melville (Frank Costello) e che da Borsalino in poi conoscerà un decennio di splendori commerciali in un cinema di genere che lo coccolerà come pochi. Una sorta di carriera al contrario, con i grandi capolavori autoriali nella prima parte e i grandi (grandissimi) successi al botteghino nella seconda di matrice quasi esclusivamente popolare. Anche se lui amava film d’autore, tanto è vero che in pieno boom personale si affidò a Valerio Zurlini per La prima notte di quiete e a Joseph Losey per Mr. Kiein. Con gli anni 80 le prime avvisaglie di un declino, di un dolcissimo tramonto, sempre aiutato dalla proverbiale bellezza e dal fascino mai assopito. E, nel 1990, in Nouvelle Vague di Jean-Luc Godard, un estremo tentativo di divenire, di ritornare anzi, icona di un’autorialità affannata e in crisi che, infatti, non portò nulla. È dura, dunque. Ma d’altronde Delon ha sempre movimentato la sua inquietudine naturale e uno dei suoi personaggi più belli, il Rocco di Visconti, ne è una sintesi esemplare. Fondamentalmente buono, romantico ma alla perenne ricerca di una frontiera spostata a ogni meta raggiunta, nonostante Romy Schneider e Mireille Darc e la moglie Nathalie e le milioni di donne di lui innamorate e il denaro e il potere e le luci accese e gli uomini - anche - in fila davanti al suo bel viso “pulito” che ben contrastava con la faccia da simpatica canaglia del suo principale amico/nemico, Jean-Paul Belmondo. È dura, durissima, sì, e speriamo che se la cavi, che esca dal tunnel e dal buio dei pensieri che chiudono una storia al posto di riaprirne di altre di nuove e di diverse. Ha confessato che nessuna donna riesce più a fargli battere il cuore e che il cinema è morto e che i registi - come le stagioni - non sono più quelli di un tempo. Ha parlato, ha sparato roba grossa, forse come grido d’aiuto, forse per avere -una volta ancora - i fari e le luci sugli occhi e sul suo bel viso, appena adombrato da qualche ruga. Il cinema francese non lo vuole più ma nemmeno quello italiano che tanto gli ha dato e tanto si è visto tornare. Che dirgli, allora? Nulla che non sia banale. La depressione è una brutta bestia e i settant’anni sono lì, a due tiri di schioppo. Forse sottolineargli che non sono poi così tanti, che oggi si può vivere di più, anche senza fari e luci, senza Rocco e i suoi magnfiici fratelli.
Da Film Tv, n. 40, 2005