Anno | 2023 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia |
Durata | 78 minuti |
Regia di | Carmen Giardina, Massimiliano Palmese |
Attori | Barbara Alberti, Ninetto Davoli, Paco Reconti, Nichi Vendola . |
Tag | Da vedere 2023 |
Distribuzione | Cinecittà Luce |
MYmonetro | 3,42 su 4 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 21 giugno 2023
Il ritratto di un poeta "maledetto" e di una stagione culturale irripetibile, nell'Italia del secondo Novecento.
CONSIGLIATO SÌ
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Dario Bellezza, poeta italiano del secondo Novecento, morì di Aids il 31 marzo 1996. 27 anni dopo viene ricordato e celebrato in un documentario che, attraverso le testimonianze di amici, ammiratori ed esperti, ne racconta la vita, il lavoro e gli amori ricostruendo anche la straordinaria scena poetica e artistica della Roma anni '60 e '70, la tremenda stagione dell'Aids, la «Sodoma» notturna degli omosessuali spinti prima a nascondersi e poi via via a mostrarsi sempre più e a rivendicare il proprio piacere. A emergere dal film è un uomo orgoglioso e solo, capace di parole potenti e di sentimenti fragili, di impudicizia e di timidezza, autore di una vita tormentata, povera, triste. Bellissima.
Il ritratto di una grande figura della cultura italiana del secolo scorso diventa il mosaico collettivo di una storia italiana irripetibile, segnata dalla grandezza dei suoi protagonisti e perseguitata da un cupo sentimento di morte.
Le parole forse più oneste e disarmanti su Dario Bellezza, tra gli ultimi grandi poeti del Novecento italiano, scoperto e sostenuto da Pasolini (di cui fu anche segretario personale), amico di Alberto Moravia, Sandro Penna, Amelia Rosselli e, tra alti e bassi, di Elsa Morante, protagonista della scena artistica e omosessuale romana degli anni '60 e '70, le dice Barbara Alberti, anche lei al centro dello stesso mondo di poeti, artisti e scrittori, quando citando una propria lettera pubblica rivolta all'amico dice: "Vuoi essere maledetto, e sei perseguitato dall'allegria».
Dario Bellezza era un insieme di contraddizioni, di gioia e di dolore, di sorrisi e di malinconie, di amori e di frustrazioni, che i registi Carmen Giardina, Massimiliano Palmese (già autori di Il caso Braibanti) riescono a catturare nella sua meravigliosa drammaticità, sfruttando il consueto mix di materiali d'archivio (a co-produrre c'è l'Istituto Luce), interviste d'epoca e testimonianze raccolte per l'occasione.
Le parole di amici e ammiratori (oltre ad Alberti, Fiammetta Jori, Franco Cordelli, Elio Pecora, anche Nichi Vendola e Ninetto Davoli, che ricorda la scena del Decameron con Bellezza protagonista), compagni di vita (Maurizio Gregorini, Paco Reconti) ed esperti (su tutti Giuseppe Carrera, curatore unico dell'archivio del poeta dopo un'asta pubblica andata tristemente a vuoto), trasmettono la profondità di uno sguardo tragico e tenace: la lucidità ribelle delle "invettive e licenze", gli strali antiborghesi (celebre l'attacco più volte citato: «Ma non saprai giammai perché sorrido. / Perché fui il pedante Amleto / della più consolatrice borghesia»), la disperata vitalità degli amori incontrati alla Stazione Termini, il silenzio sulla malattia, la passione per una Roma centrale in cui si potevano incontrare gli intellettuali e i borgatari dei mercati di frutta e verdura, le marchette e gli scrittori spiantati, proprio come Bellezza.
Su di lui, il bello e florido Bellezza, faccia da schiaffi e arroganza da artista, sempre elegantissimo con il suo immancabile foulard al collo, Pasolini fece cadere la propria investitura, consacrandolo come giovane talento e al tempo stesso condannandolo a diventare il cantore di un'epoca. Un'epoca di vitalità irripetibile, di gole che si allargavano per urlare ciò che ribolliva dentro, come dice Elio Pecora, di happening e festival (celebre quello disastroso di Castelporziano, che nel '79 mise idealmente la parola fine alle ribellioni del decennio), di incontri (bello il servizio nello studio di Mario Schifano, con Moravia e lo stesso Bellezza tra le tele dell'artista), di battaglie e di rivendicazioni, di sesso e di lotta, prima dell'onda nera dell'Aids e della stagione del consumismo, dopo della povertà e della dimenticanza che colpì Bellezza, come dimostra il celebre litigio con Aldo Busi, nuova star della cultura omosessuale negli edonistici anni '80, durante la trasmissione Mixer.
Se il tono delle musiche, del montaggio e a volte delle parole degli interventi restituiscono forse un ricordo fin troppo edulcorato e celebrativo (comprensibile, del resto, vista la confezione solida ma televisiva del film), è la figura stessa di Bellezza, vanitosa e tragica, a resistere a ogni tentativo di santificazione, imprigionata, come si sente dire, in un «teatro dal quale era impossibile uscire» e condannata, come diceva lui stesso fin da giovane, da un sentimento di cupio dissolvi, di angoscia e di morte. «Credo che l'unica speranza sia Dio. Ma siccome non ci credo...».
Nel salotto televisivo di Mixer, su Rai2, Arnaldo Bagnasco riesce con difficoltà a mantenere la calma tra i suoi illustri ospiti. Sul palco, seduto dietro una scrivania fatta di libri impilati, c'è lo scrittore Aldo Busi. Davanti a lui seduto di tre quarti, c'è lo scrittore e giornalista Carlo Castellaneta che sorride sornione senza dir quasi una parola.
Quando nel 2009 viene messo all'asta l'intero archivio di Dario Bellezza, che all'inizio degli anni Settanta del secolo scorso Pier Paolo Pasolini ha consacrato «miglior poeta della nuova generazione», nessuna istituzione partecipa all'asta, che va deserta, e l'archivio personale del poeta viene acquistato dal collezionista Giuseppe Garrera in una trattativa diretta con il libraio che lo possedeva. [...] Vai alla recensione »
"Spesso sento che la mia vita è stata rovinata da quell'avvenimento" diceva Dario Bellezza, poeta e scrittore, morto di Aids a 52 anni nel 1996. L'avvenimento risale 1946, quando il piccolo di appena due anni, al mare con la mamma, rischiò di essere inghiottito dall'acqua, facendo il bagno tra le onde, prima di essere ripreso per il rotto della cuffia.