Anno | 2022 |
Genere | Drammatico |
Produzione | USA |
Durata | 121 minuti |
Regia di | Phyllis Nagy |
Attori | Kate Mara, Elizabeth Banks, Sigourney Weaver, Chris Messina, John Magaro Wunmi Mosaku, Aida Turturro, Rebecca Henderson, Cory Michael Smith, Geoffrey Cantor. |
Tag | Da vedere 2022 |
MYmonetro | 3,11 su 7 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 14 febbraio 2022
Nella Chicago della fine anni '60, una donna cerca aiuto per abortire. Al Box Office Usa Call Jane ha incassato 471 mila dollari .
CONSIGLIATO SÌ
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È il 1968 a Chicago. Il vento del cambiamento soffia nell'aria assieme all'eco delle proteste studentesche, ma per ora può soltanto lambire le certezze di Joy, classica casalinga borghese dell'epoca con un marito avvocato, Will, una figlia adolescente e un altro bambino in arrivo. Una complicazione nella gravidanza mette però in pericolo la vita di Joy, che si vede negata la possibilità di un aborto che potrebbe salvarle la vita. Sola contro il sistema, Joy si rivolge a "Jane", un'organizzazione clandestina che aiuta le donne in difficoltà. Phyllis Nagy è un'autrice teatrale di grande esperienza che si è fatta notare nel cinema per aver firmato la sceneggiatura dello stupendo Carol di Todd Haynes nel 2015.
Call Jane segna il suo passaggio dietro la macchina da presa, e pur nella foggia di un dramma classico e patinato, diretto giustamente a un ampio pubblico, si inserisce nel filone (recentemente di nuovo florido) di un cinema impegnato a riflettere sui diritti civili e in particolare sul tema dell'aborto.
Rispetto a opere subito precedenti che hanno trovato rilevanza e premi come Mai raramente a volte sempre o La scelta di Anne, Call Jane vanta forse meno punti di interesse squisitamente cinematografico, ma si propone di allargare il dibattito collettivo andando oltre la prospettiva personale di un individuo e affrontando le spinose implicazioni politiche, di classe e razziali che sono impossibili da ignorare specialmente nella realtà statunitense. Proprio in un periodo storico in cui la Corte Suprema potrebbe trovarsi a rivisitare la famosa sentenza "Roe v. Wade" del 1973 che sanciva la libertà di scelta, Nagy torna agli anni immediatamente precedenti, in cui un gruppo di donne di Chicago aveva deciso di attivarsi per offrire aborti clandestini alle tantissime donne lasciate sole dal sistema sanitario e giuridico in America. Pur non discostandosi dalla vecchia abitudine del cinema a stelle e strisce di raccontare storie attraverso lo sguardo privilegiato dei bianchi benestanti, Call Jane arriva rapidamente al vero nocciolo della questione, mostrando la frustrazione di donne che, animate dalla voglia di rendersi utili, finiscono però per decidere di chi vive e chi muore in modo del tutto arbitrario. Troppe persone da aiutare e non abbastanza risorse per farlo - e la schiacciante maggioranza di chi viene respinto è afroamericana.
È in questi momenti che Call Jane, avendo completato il processo di maturazione della brava protagonista Elizabeth Banks, che non può più fingersi cieca di fronte all'ingiustizia, ragiona sulle carte in tavola con spietata ed efficace semplicità. Un puzzle economico che richiede nuove soluzioni economiche, su cui si attivano in particolare Virginia (Sigourney Weaver, stanca, carismatica e pragmatica) e Gwen (Wunmi Mosaku). Un processo imperfetto e sempre ingiusto, ma che serve a traghettare la società americana attraverso anni di ignavia (simbolizzata dal sempre ottimo Chris Messina, brav'uomo che "avverte" il problema ma non può immaginare di trasgredire le regole) prima che la legge decida di fare qualcosa.
Negli Stati Uniti del 1968 l'aborto è illegale, in qualsiasi caso, perfino se la gravidanza ha il 50% di possibilità di uccidere la madre; è quel che si sente dire dai medici Joy, casalinga modello di Chicago, già madre di un'adolescente, quando scopre di essere incinta e di rischiare la vita. Per sua fortuna si imbatte negli annunci che invitano a «chiamare Jane»: Jane non è una, ma tante donne, un [...] Vai alla recensione »
L'unico film americano in Concorso (già passato al Sundance, evidentemente sono finiti i tempi in cui a Berlino in Concorso c'erano solo film in prima mondiale...), ovvero Call Jane della regista Phyllis Nagy - cinquantenne di evidente origine ungherese, con alle spalle la notevole sceneggiatura di Carol di Todd Haynes - non ha purtroppo ricevuto alcun premio.
Oggi negli Stati Uniti, e non solo, viene messo in discussione il diritto delle donne di abortire. Con questo film coraggioso e bello, ci viene ricordato che questo diritto, così come tanti altri, è stato ottenuto dalle donne dopo anni di lotte e di dolore e non sarà facile riportare indietro la storia.. Nel film, siamo negli Stati Uniti negli anni '60, anni ancora pieni di puritanesimo bigotto e [...] Vai alla recensione »
«Incinta? Preoccupata? Chiama Jane» dice l'annuncio, e Joy - moglie, madre e casalinga modello, in corso una gravidanza che ha il 50% di chance di ucciderla e lo 0% di possibilità di essere interrotta legalmente, negli Usa del 1968 - chiama. Trovando all'altro capo del filo una rete di donne che pratica aborti clandestini in sicurezza, ma trovando, soprattutto, un senso ulteriore alla sua vita.
Durante la 78° Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia ha fatto molto discutere il lungometraggio di Audrey Diwan, La scelta di Anne, che si è aggiudicato il Leone d'Oro e che ha trattato un tema scottante come l'aborto. Sull'ondata di tale evento, dunque, non si è fatta attendere la "risposta statunitense". Ed essa è arrivata già alla 72° edizione del Festival di Berlino, dove la regista e sceneggiatrice [...] Vai alla recensione »
Call Jane diretto da Phyllis Nagy, già sceneggiatrice di Carol, mostra come il cinema americano sappia cavalcare l' onda dell' attualità senza abdicare all' efficienza del racconto e alle leggi dello spettacolo. La Corte suprema rischia oggi di ridurre il diritto all' aborto? Hollywood ravviva la memoria di come quel diritto fu acquisito più di mezzo secolo fa.