Just Remembering

Film 2021 | Drammatico 115 min.

Regia di Daigo Matsui. Un film con Sôsuke Ikematsu, Sairi Itoh. Genere Drammatico - Giappone, 2021, durata 115 minuti.

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Ultimo aggiornamento lunedì 4 ottobre 2021

Un uomo e una donna ricordano la loro relazione ormai giunta al termine.

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Recensione di Marco Romagna
sabato 30 aprile 2022
Recensione di Marco Romagna
sabato 30 aprile 2022

«Potresti diventare una star del cinema», suggeriva dal sedile posteriore la cliente Gena Rowlands alla giovane Wynona Ryder al volante in Taxisti di notte. Lo stesso dialogo che si divertivano a ripetersi giocosamente Teruo e Yo all'apice del loro amore ormai ridotto a ricordo, lui a scherzare dal sedile posteriore e lei ben felice di stare al gioco, spingendo dolcemente il suo taxi sulle strade della città. Frammenti citati da un film amato e rivisto insieme fino a impararlo a memoria prima, durante e dopo la loro storia, e poi rimasto nelle loro vite anche ben dopo essersi lasciati, lei che non ha mai smesso di identificarsi nella giovane autista del primo episodio losangelino e lui che non finirà forse mai di riguardarlo in televisione nelle serate più solitarie e malinconiche, né toglierà quella locandina affissa accanto al letto sotto cui risvegliarsi ogni mattina, giorno dopo giorno, mese dopo mese, (comple)anno dopo (comple)anno. Eppure non ha bisogno di spostarsi per il mondo né di cambiare personaggi Just Remembering, per omaggiare e per molti versi rileggere il film del 1991 di Jim Jarmusch. Gli basta concentrarsi sui passaggi di tempo della relazione fra i protagonisti, sulla forma mutevole delle loro emozioni, sulle scene, rigorosamente in ordine inverso, da quel loro primo e folle amore troppo profondo e totalizzante per poterlo relegare nell'oblio. Quello che era il viaggio nello spazio di Taxisti di notte dalla California a Helsinki, passando per New York, Roma e Parigi, diventa per il regista e sceneggiatore nipponico Daigo Matsui e per il suo nuovo lavoro presentato al 24mo Far East dopo la vittoria del premio del pubblico all'ultimo Festival di Tokyo una passeggiata a ritroso nel tempo e nel reciproco appartenersi dei ricordi di Yo e Teruo, un ripresentarsi dei ricordi nella concretezza pungente di un'irrefrenabile malinconia, una vera e propria retromarcia lungo il sentiero dei tanti 26 luglio con cui il destino ha voluto puntellare le loro vite. È appunto la sera del 26 luglio 2021, quella su cui si apre Just Remembering. Quella dell'ennesimo compleanno di Teruo, quella dell'ennesima nottata nel traffico di Yo. Basta l'asciuttezza di un montaggio alternato fra lei e lui, il taxi di Yo su cui campeggia l'adesivo dei giochi paralimpici Tokyo 2020 e l'occhio di bue da manovrare di Teruo in sala, mentre i coprisedili di pizzo pre-pandemici hanno dovuto lasciare spazio ai divisori di plastica e all'obbligo di mascherina, e la promettente carriera del ballerino è stata fermata per sempre da un infortunio. Un cliente chiede alla tassista di fermarsi qualche minuto per andare in bagno, ed è così che lei entra per puro caso nel teatro ormai vuoto dopo lo spettacolo dove Teruo, i capelli molto più corti di un tempo e la solitudine di un quotidiano senza più amore, sta approfittando del palcoscenico non più suo per regalarsi una danza solitaria clandestina. Basta vederlo un solo istante, per scatenare l'improvvisa e incontenibile pioggia di ricordi. Dal 26 luglio in cui tentare di dimenticarsi a quello in cui litigare e lasciarsi, da un 26 luglio in cui svegliarsi insieme a quello del primo bacio, fino all'unico 26 luglio che comincia in un'altra casa, quella dei genitori di Yo, in cui per la prima volta e per puro caso conoscersi. Il resto è una struttura episodica modulare che, ben più delle gestioni ucroniche di Tarantino e Nolan, ricorda semmai la scelta di Guiraudie di introdurre ogni giornata de Lo sconosciuto del lago con la medesima inquadratura del parcheggio. Qui è invece un movimento di macchina, una panoramica verso destra dall'orologio-datario che segna sempre lo stesso giorno fino al letto di Teruo, in quella casa che fu anche di lei, con quel gatto preso insieme e ora rimasto all'ex ballerino. Un po' come se i ricordi di Yo, giocoforza intrecciati con quelli del cinefilo Teruo che preferisce di gran lunga le versioni originali sottotitolate a quelle modificate dal doppiaggio, fossero in qualche modo un loro personalissimo cinema segreto del quale scoprirsi davvero le inaspettate star, un archivio di immagini e di emozioni dolci e strazianti che aspettano solo il punto di innesco per ricominciare a cercare una sempre nuova forma, un sempre nuovo linguaggio, un sempre nuovo montaggio con cui essere rievocate e rivissute. Che poi, a ben vedere, è la stessa ambizione di Daigo Matsui, che compie uno scarto dalla sua carriera fino a questo momento specializzata in teen movie mainstream per realizzare un film che non rinuncia in alcun modo al respiro popolare (basterebbero in tal senso le spumeggianti gag al momento del timido dichiararsi dei giovani innamorati, ma anche la carrellata di variegati personaggi che salgono sul taxi di Yo a offrire un gustoso campionario di contraddizioni, sfacciate bugie alle mogli e silenziose inchiodate punitive dell'autista), e lo innerva di istanze prettamente d'autore fra il discorso sul tempo che cambia tutto e l'esplicito omaggio al film di Jarmusch, la memoria usata per lambire la teoria cinematografica e la malinconia profondissima - quando si vedono i giovani felici già sapendo perfettamente quanto dolorosa, stupida e "sbagliata" sarà la loro separazione - che l'inversione temporale rende ancor più intrinseca nelle non poche pennellate poetiche. Come in quella dell'anziano vedovo che, fedele come Hachiko e così distante dagli egoismi di temporanea disperazione e dalle incomprensioni che hanno distrutto la coppia di protagonisti, oggi come ieri ancora aspetta la moglie sulla panchina del parco. Oppure come in quella foto profilo che proprio non si riesce a cambiare nemmeno lungo tempo dopo essersi lasciati, come in quel lungo e mirabile pianosequenza in camera car con cui smettere di comprendersi e forse inevitabilmente perdersi, come in quelle corse (ancora) felici e innamorati lungo i corridoi dell'acquario contrapposte alla disperata cena solo e zoppo alla fermata dei pullman, o ancora come in quella fetta di torta da comprare e portare silenziosamente a casa da un marito - anche lui chiaramente conosciuto e per la prima volta amato un 26 di luglio - e da una figlioletta, per festeggiare Teruo da lontano e in segreto mentre il sole ricomincia a fare capolino nel cielo, e l'alba del 27 apre a un nuovo giorno in cui ricominciare senza (troppi) rimpianti la (propria, diversa) vita. Consci però che, a prescindere da quello che sarebbe potuto essere e da quello che invece è stato, dai sentimenti frustrati e dalle scelte di vita differenti, un qualcosa fra Yo e Teruo continuerà lo stesso a farli vicendevolmente appartenere, e che per quanto possano rimanere distanti in qualche modo li legherà per sempre. Non (più) amore, forse, ma una memoria in comune di istantanee troppo radicate e formative per non restare indelebili. Emozioni vissute insieme mentre ci si scopriva negli occhi dell'altro, riguardando insieme abbracciati e con passione Taxisti di notte, a scambiarsi felici la purezza degli attimi più dolci e più memorabili.
Da Quinlan, 30 aprile 2022

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Un'agrodolce storia d'amore.
a cura della redazione
lunedì 4 ottobre 2021

Un'ex coppia ricorda i loro giorni più intimi, solo per separarsi ancora una volta. Una storia d'amore agrodolce ispirata a un capolavoro di Jim Jarmusch, ambientata ai tempi della pandemia di COVID-19.

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RECENSIONI DELLA CRITICA
sabato 30 aprile 2022
Marco Romagna
Quinlan

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