Titolo originale | Chun Chao |
Anno | 2019 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Cina |
Durata | 124 minuti |
Regia di | Tian Yi Yang |
Attori | Lei Hao, Elaine Jin, Junxi Qu, Wenbo Li, Shang-Ho Huang, Yang Zhao Zhang Ziqi, Zhiqiang Li. |
Tag | Da vedere 2019 |
MYmonetro | Valutazione: 3,50 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 9 settembre 2020
Tre donne vivono nello stesso appartamento alimentando un grande tensione.
CONSIGLIATO SÌ
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Guo Jinbiao è una giornalista quarantenne, che conduce inchieste sconvolgenti ma non ha mai sistemato la propria vita, al punto da dover vivere ancora a casa della madre Ji Minglan, con cui tiene un rapporto conflittuale. A causa degli impegni e della scarsa predisposizione materna di Jinbiao, Minglan ha sostanzialmente cresciuto da sola la nipote Wanting, che ignora chi sia il proprio padre.
Tre donne, tre generazioni, forse tre Cine.
L’idealismo della nonna Minglan, che torna sulle canzoni di Mao cullando i suoi sogni di un mondo migliore; la disillusione della madre, introversa, immatura e sconfitta dalla collisione tra ambizioni e pragmatismo; la speranza della figlia, abbastanza brillante per cogliere al volo le dinamiche generazionali in corso ma abbastanza incontaminata per viverle con ottimismo. Tra le tre gli scontri superano gli abbracci, in un inevitabile corpo a corpo emotivo senza vincitori né vinti. L’ex documentarista Yang Lina si concentra su un nucleo familiare unito e lacerato al contempo, in un Kammerspiel che si regge sui dettagli e su tre notevoli interpretazioni, su scene in cui la tensione palpabile è costantemente repressa e in cui il gioco di sguardi nasconde un passato di risentimento destinato a non avere mai fine. Come la proposta di matrimonio fatta a Jinbiao, e boicottata da quest’ultima via SMS, o lo sguardo di Wanting di fronte alla compagna di classe coreana, che vale più di mille parole su quanto possa mancare un padre. Per la regista non ci sono un bene né un male, solo innumerevoli sfumature di malinconia e di debolezza umana: per Minglan si traducono in una riscrittura della realtà, nel rifugiarsi in amicizie e nella competizione affettiva con Jinbiao, per quest’ultima nel confronto con il proprio fallimento personale, gravato dai sensi di colpa verso Wanting. Il sabotaggio del sistema idraulico di Minglan, ripreso nell’epilogo, diviene così negazione di una maternità e di un ideale liquido amniotico che la rappresenti.
Tre Cine senza un padre, in un ideale gineceo dove il maschio è rimosso, mal tollerato o rimpianto, a seconda dei punti di vista. Ma che in ogni caso è assente, come una presenza fuggevole che non ha saputo lasciare un segno indelebile e insindacabile del proprio passaggio. Diversi i duetti memorabili tra Lei Hao, attrice ricorrente per Lou Ye, e Elaine Jin, veterana del cinema di Hong Kong e della nouvelle vague di Taiwan.