Titolo originale | Raia 4 |
Anno | 2019 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Brasile |
Regia di | Emiliano Cunha |
Attori | Lucas Davi de Los Santos Alves, Náthali Cardoso, Fernanda Carvalho Leite, Fernanda Chicolet Arlete Cunha, Pandora da Costa, Manuel Vanigli de Carvalho, Brídia Moni, Kethelen Guadagnini, José Henrique Ligabue, Mariah Padoin, Rafael Sieg, Bruna Minvielle do Amaral, Cauã Furtado, Evellyn dos Santos Hoffmann, Gabriel Brahm Machado, Gabrieli Heberlê, Manuel Carvalho, Maria Paula Barea de Castro, Nathalie Rap, Pedro Farias, Renan Winkler Farias. |
MYmonetro | 2,75 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 2 ottobre 2019
Due ragazze si contendono il primato dentro l'acqua di una piscina.
CONSIGLIATO SÌ
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Amanda ha dodici anni e non trova il suo posto nel mondo. Soltanto tra le corsie prefissate della piscina in cui si allena, nell’acqua che l’accoglie da sempre, si sente a suo agio. Ma la competizione con le compagne entra anche e soprattutto in quel rifugio. Priscilla, in particolare, è più alta, più sviluppata, più sicura di sé. Esce con un ragazzo e vince le gare di nuoto. Amanda l’ammira e la invidia: un atteggiamento contraddittorio, che non resterà senza conseguenze.
Ciò che fa la specificità di questo racconto brasiliano sulla preadolescenza è la focalizzazione estrema sull’interiorità del personaggio.
Se la maggior parte di questo genere di film, infatti, con giovani protagoniste femminili, racconta di un passaggio all’età adulta reso difficile da condizioni esterne svantaggiose, ambientali o familiari, il film di Emiliano Cunha sceglie invece un approccio diametralmente opposto e si concentra sulla soggettività, ricorrendo a immagini fortemente simboliche e ad un ritmo dilatatissimo, che esaspera il disagio del personaggio. Amanda non si piace: il suo corpo è immaturo e la sua crescita emotiva ancora di più. C’è una pesantezza molto reale nel modo in cui un’adolescente sensibile può prendere la trasformazione in atto attorno a sé e sul proprio corpo, e Cunha la porta a galla, per usare una metafora in tema. Amanda è sempre sola e questa solitudine la mette in una condizione spettatoriale rispetto allo spettacolo della vita sociale e famigliare e le fa fare esperienza del sesso in maniera aliena e traumatica. Anche il sangue, che arriva a segnare il suo ingresso nella femminilità adulta, è vissuto con orrore, identificato con il sangue che i genitori, entrambi chirurghi, fanno sgorgare dai corpi che incidono per le operazioni. Quando Amanda passa finalmente dallo stato passivo in cui è stata per tutta la prima parte del film ad un ruolo più attivo, lo fa assumendosi una colpa, ed è solo l’inizio di un percorso che porta dall’aver avuto orrore al perpetrarlo, dall’aver sperimentato la messa da parte ad infliggerla fuori di sé.
Nonostante l’indubbia atmosfera emotiva che il regista riesce a instaurare, e la forza simbolica di molte scene che lavorano sull’ingrandimento del particolare (proprio a rendere la percezione esagerata che le adolescenti possono avere dei loro piccoli, transitori problemi), Lane 4 è un’opera prima che denuncia una ricerca espressiva ancora in atto, e per ora ancora troppo trattenuta nella mente del suo autore. Come una prova subacquea, in attesa di trovare la giusta ampiezza di respirazione, per poter entrare veramente in gara.
“Lane 4” diretto da Emiliano Cunha è un film drammatico del 2019, la cui protagonista è una dodicenne di nome Amanda, un eccellente nuotatrice che sembrerebbe sentirsi a suo agio soltanto dentro l’acqua, che investe il suo tempo ad allenarsi nella speranza di avere successo, nell’unica cosa che forse ama davvero.