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Chi parla? La voce fuori campo e dentro il corpo di Venom

Da Psyco a Birdman, l'uso del voiceover come espediente narrativo o tecnica stilistica.
di Bianca Delpiano, vincitrice del Premio Scrivere di Cinema

Venom

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Tom Hardy (Edward Thomas Hardy) (46 anni) 15 settembre 1977, Londra (Gran Bretagna) - Vergine. Interpreta Eddie Brock nel film di Ruben Fleischer Venom.
martedì 16 ottobre 2018 - Scrivere di Cinema

Un voiceover, alle volte, è necessario, anche se è meglio non abusarne; spesso la critica storce il naso, e in generale, se mal applicato, è facile che risulti un approccio didascalico e infantile. In Venom (guarda la video recensione), però, la voce è sì fuori campo, ma non fuori dall'inquadratura: è parte di Eddie, è il mostro alieno che gli si è infiltrato dentro e ora solo lui può sentire. Dunque, Eddie sente "le voci".
Il mezzo è di pericolosa gestione per sua natura, e si può applicare seguendo diversi canoni; qui "la voce" è stata usata dalla regia e dal sonoro seguendo modelli fissi e spesso sovrapponendone più di uno alla volta. Innanzitutto, il tono profondissimo e gutturale crea un'atmosfera cavernosa, a cui solitamente il resto dell'ambientazione si adatta: questa invece è spesso inserita in un contesto d'intenzionale sottotesto comico (basato sulla risposta sconvolta e disorientata di Tom Hardy, che non si capacita di sentire Venom che gli parla), e la combinazione - senza scegliere né una direzione, né l'altra - risulta di difficile classificazione.

Psyco dà il la al "canone" del voiceover nel cinema di largo consumo: il suo approccio è totalmente diverso, sdoppiante, e il celeberrimo monologo finale si mantiene in un ambito di staticità e repressione per creare la tensione necessaria. Tensione a cui invece Venom non aspira.
Bianca Delpiano, vincitrice del Premio Scrivere di Cinema

Il fine delle sequenze di voce fuori campo non è mai lo stesso del classico hitchcockiano, ovvero non tende al thriller, ma piuttosto all'atmosfera del Marvel Universe più tendente al fumetto.
Già nel 2014 si era stabilito del tutto come usare una tecnica del genere in un contesto "diverso" e non tradizionale: con maestria, Iñárritu inserisce in Birdman il simbolo del disagio del suo protagonista; la voce ha lo stesso timbro che viene poi riciclato in Venom, ma porta con sé un altro apparato di significati, che partono dalla considerazione che quella deve essere proprio la voce stereotipica che avrebbe un supereroe in un fumetto, se potesse parlare. E se dunque tale cliché è adottato in Birdman con una sorta di sordido sarcasmo, sporco di angoscia ma anche carico di potenziale liberatorio, infantile e immaginifico, al contrario la regia di Venom porta questo timbro cupo in un ambito più tradizionale. Tom Hardy però non sostiene il tono drammatico, e si spende in "chi è là?! Chi parla?", in un'escalation di reazioni dall'intento comico.
Lo sdoppiamento di personalità e la voce fuori campo di Venom risultano quindi usati - per scelta registica - come espediente narrativo più che come tecnica stilistica.


LA RECENSIONE

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