Sulla mia pelle

   
   
   

Sulle nostre coscienze Valutazione 4 stelle su cinque

di pierowriter


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giovedì 27 settembre 2018

 Un film non deve dare risposte. Piuttosto porre le domande che altri preferiscono glissare. Se l’argomento trattato è tratto da un terribile fatto di cronaca, il compito del regista è quello di ricostruire i fatti sulla base delle inchieste svolte e le dichiarazioni di chi ha vissuto la vicenda in prima persona. E’ come se lo stesso regista debba vestirsi del ruolo di cronista, scavando nella durezza della storia, attraverso i suoi protagonisti, gli stati d’animo, i tentativi di insabbiamento, molto diffusi nel nostro Paese. Esponendosi toccando con mano una realtà violentata e stralciata da chi, in questi nove anni (il prossimo 22 ottobre) ha tentato di proteggere una, a volte, privilegiata categoria di uomini al servizio dei cittadini. Alessio Cremonini, il giovane regista romano, non si è mai tirato indietro davanti alle sfide di chi deve raccontare degli stralci scomodi della nostra società. Fin dalla stesura nel 2000 della sceneggiatura, tratta dal romanzo Voci di Dacia Maraini, che gli fece riconoscere il premio Federico Fellini. O più recentemente, Border (2013), il film scritto per raccontare la guerra in Siria. Il regista confeziona il film senza troppe evasioni romanzate. Cremonini non pretende di discolpare nessuno, neanche lo stesso Stefano Cucchi, ex tossicodipendente e pusher ai tempi della vicenda. Sin dalle prime sequenze, lo spettatore è già dentro la storia. Il regista non si cura di riassumere la vicenda, come a doverla raccontare ad improbabili ignari del dramma Cucchi. La drammaticità e l’assurdità della conclusione della sua breve vita, non può non essere di dominio pubblico. Per le persone coinvolte, per l’impotenza della famiglia di fronte ad un palese abuso di potere che, solo nelle ultime udienze, ha costretto gli inquirenti a rinviare a giudizio tre carabinieri per la morte del ragazzo (31 anni), ed altri due per depistaggio. Le immagini del film ci sbattono in faccia, senza pietà, la stessa assenza di pietà dimostrata dalle varie strutture dell’apparato statale che ha gestito e provocato questo drammatico epilogo. L’impotenza della famiglia, gente comune come potrebbe essere qualunque, anche noi a pensarci bene. Immersi con forza dentro un abuso di potere da parte di chi, nel nostro immaginario, dovrebbe esclusivamente rappresentare un’ala protettiva contro le arroganze della società. C’è un filone conduttore in tutto il film. Evidenziato a più riprese, costruito a sprazzi centellinati che si reggono tutti sulla stessa sottintesa domanda. Come può essere accaduto che, davanti ad evidenti segnali del corpo, tra ematomi, vertebre rotte, tumefazioni di vario genere, nonostante radiografie e visioni dirette da parte di personale medico, nessuno abbia provato a darsi delle risposte sull’origine di quel martoriamento fisico di Stefano Cucchi, documentato dalla foto in primo piano che la sorella Ilaria si trascina nelle manifestazioni organizzate per pretendere la verità? Il cast scelto per impersonare i personaggi principali, è quanto di meglio il nostro cinema degli ultimi anni potesse proporre. Alessandro Borghi ha la grande capacità di vestirsi del dolore di Stefano Cucchi, trasparendo una sorta di rassegnazione e di necessaria omertà per sperare di uscire vivo da quella assurda situazione. Jasmine Trinca, un’attrice matura che in questo film, clona Ilaria Cucchi nella sua determinazione per pretendere la verità sulla morte del fratello, metabolizzando il dolore e lo sconforto dei genitori, straziati dalla notizia attraverso una richiesta formale di autorizzazione dell’esame autoptico sul corpo del figlio. Un’inaspettata ed umana interpretazione di Max Tortora nelle vesti del padre Giovanni, capace di sorprendere il pubblico spogliandosi del ruolo comico che lo ha consegnato al mondo dello spettacolo. Quasi irriconoscibile nelle prime sequenze del film. E poi, Milvia Marigliano, interprete della madre Rita, sballottata tra i doveri famigliari di moglie, madre e nonna e la inconsolabile tragedia della perdita di un figlio. Causa di tanti suoi patemi, ma figlio...

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