gurthang
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venerdì 14 gennaio 2022
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arte degenerata e politicamente corretta
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Una vera schifezza che intreccia alla perfezione le due vene della decadenza cinematografica odierna.
Da una parte l'esasperante lentezza e la carenza d'una trama chiara e definita, che tradisce velleità intellettuali ed aspira a stimolare masturbazioni mentali nello spettatore proattivo (leggi salottiero e radical-chic).
Dall'altra il film è perfettamente sincronizzato alla political correctness imposta dai media di regime, connivente rispetto a valori umanitari e alla superstizione dello stato di (s)diritto. Anziché valorizzare l'operato degli agenti che a proprio rischio hanno sbarazzato la società d'un elemento a dir poco indesiderabile, prende le parti di quest'ultimo e avrebbe voluto vederlo apparire dinanzi al giudice, per essere rimesso in libertà il giorno dopo e continuare ad accanirsi contro i cittadini onesti.
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Una vera schifezza che intreccia alla perfezione le due vene della decadenza cinematografica odierna.
Da una parte l'esasperante lentezza e la carenza d'una trama chiara e definita, che tradisce velleità intellettuali ed aspira a stimolare masturbazioni mentali nello spettatore proattivo (leggi salottiero e radical-chic).
Dall'altra il film è perfettamente sincronizzato alla political correctness imposta dai media di regime, connivente rispetto a valori umanitari e alla superstizione dello stato di (s)diritto. Anziché valorizzare l'operato degli agenti che a proprio rischio hanno sbarazzato la società d'un elemento a dir poco indesiderabile, prende le parti di quest'ultimo e avrebbe voluto vederlo apparire dinanzi al giudice, per essere rimesso in libertà il giorno dopo e continuare ad accanirsi contro i cittadini onesti.
Un film che avrebbe potuto rilanciare la sempre più urgente tematica della creazione di squadroni della morte in Italia, e che invece si arrocca nella celebrazione del pensiero unico. Fortunatamente l'impero americano che lo impone ai suoi satelliti è in fase di rovinosa decadenza.
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marins
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lunedì 11 novembre 2019
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bella storia
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Un film importante, necessario, con un grande Borghi. Il film è quello che è, con poca ispirazione, regia medio bassa, ma non importa. Merita di essere visto da chi vuole conoscere la vicenda (basta non cercare il cinema)
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davidlazzaretti
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lunedì 18 febbraio 2019
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educazione civica
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Che cosa può insegnare questo film.
Decisioni e azioni compiute fuori dalle regole e dai protocolli possono causare gravi danni, distruggere la vita di un individuo, infangare la reputazione di un'istituzione gloriosa, scalfire il senso di giustizia in una società.
Ma, anche peggio, può fare chi si attiene ottusamente a quelle regole e protocolli per rifuggire ogni responsabilità.
Le regole e i protocolli devono essere, nella gestione ordinaria, perfettamente conosciuti e rigorosamente applicati, quale che sia il compito che si è chiamati a svolgere. Ma proprio questa professionalità ed esperienza nello svolgere il proprio lavoro, insieme a senso civico e empatia umana, devono fornire gli strumenti per capire quando le regole devono essere superate, quando bisogna assumersi rischi per infrangere i protocolli, il momento straordinario in cui, a volto scoperto, con il proprio nome in chiaro, bisogna agire diversamente.
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Che cosa può insegnare questo film.
Decisioni e azioni compiute fuori dalle regole e dai protocolli possono causare gravi danni, distruggere la vita di un individuo, infangare la reputazione di un'istituzione gloriosa, scalfire il senso di giustizia in una società.
Ma, anche peggio, può fare chi si attiene ottusamente a quelle regole e protocolli per rifuggire ogni responsabilità.
Le regole e i protocolli devono essere, nella gestione ordinaria, perfettamente conosciuti e rigorosamente applicati, quale che sia il compito che si è chiamati a svolgere. Ma proprio questa professionalità ed esperienza nello svolgere il proprio lavoro, insieme a senso civico e empatia umana, devono fornire gli strumenti per capire quando le regole devono essere superate, quando bisogna assumersi rischi per infrangere i protocolli, il momento straordinario in cui, a volto scoperto, con il proprio nome in chiaro, bisogna agire diversamente.
Sapere quando e come, è ciò che distingue chi sa svolgere il proprio mestiere.
Sono atti di coraggio che fanno la differenza, a cui tutti prima o poi si è chiamati.
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felicity
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martedì 8 gennaio 2019
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un pugno nello stomaco
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Il film segue con chiarezza e precisione, quasi come un documentario, la dinamica dei fatti, i giorni e i luoghi.
La denuncia è indiretta perchè il regista lo fa documentando da vicino il corpo stremato e livido di Borghi che qui davvero dà il meglio di sè.
Trasformato e smagrito, anche la voce del protagonista è molto simile a quella del vero Cucchi.
E' un film emotivamente sfiancante, che toglie il respiro.
Un film per riflettere insieme su compiti e responsabilità di tutti noi, per convincerci che siamo tutti responsabili della società in cui viviamo.
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andrea
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sabato 8 dicembre 2018
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un film-denuncia emozionante e diretto.
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Uno dei più sconvolgenti ed inquietanti casi della cronaca nera italiana. Ci troviamo davanti una pellicola che racconta, senza enfatizzazioni ed eventuali stravolgimenti, gli ultimi giorni della vita di una delle figure più tristemente famose degli ultimi venti anni. Stiamo parlando di Stefano Cucchi. Rispettabilmente e senza enfatizzazioni (che si sarebbero rivelate inopportune), il film ci delinea in modo chiaro, lento ed emotivamente immersivo quello che è successo alla vittima. Il fatto centrale e più conosciuto di tutta la vicenda (il pestaggio da parte delle forze dell'ordine) rimane tacito ed implicito, ma quello che lo spettatore si ritrova davanti con il proseguire della vicenda lascia tragicamente immaginare, e difficilmente digerire, la brutalità e la crudezza dell'accaduto.
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Uno dei più sconvolgenti ed inquietanti casi della cronaca nera italiana. Ci troviamo davanti una pellicola che racconta, senza enfatizzazioni ed eventuali stravolgimenti, gli ultimi giorni della vita di una delle figure più tristemente famose degli ultimi venti anni. Stiamo parlando di Stefano Cucchi. Rispettabilmente e senza enfatizzazioni (che si sarebbero rivelate inopportune), il film ci delinea in modo chiaro, lento ed emotivamente immersivo quello che è successo alla vittima. Il fatto centrale e più conosciuto di tutta la vicenda (il pestaggio da parte delle forze dell'ordine) rimane tacito ed implicito, ma quello che lo spettatore si ritrova davanti con il proseguire della vicenda lascia tragicamente immaginare, e difficilmente digerire, la brutalità e la crudezza dell'accaduto. Anche il punto di vista dello stile registico e della sceneggiatura riescono impeccabilmente ad accompagnare la sempre più dolorosa "passione di Cucchi": a mano a mano che la vicenda si sviluppa, la vittima si ritrova in ambienti sempre più claustrofobici e freddi, immedesimando anche lo spettatore stesso in tutta la vicenda. Tutte le ingiustizie e le scorrettezze incombono sul malcapitato da ogni punto di vista, a tal punto che non gli resta di essere una sola cosa: "sperante". Ma putroppo invano.
Dopo averlo visionato ho compreso che mi sono trovato davanti non propriamente un film, bensì un resoconto (quasi documentaristico) di tutto quello che c'è di sbagliato nel nostro sistema, che riesce addirittura ad isolare anche il più privato contesto familiare dai fatti. Puoi anche andare incontro a delle persone che non sono proprio "santerelle", ma questo non giudica determinati comportamenti che certe figure non dovrebbero nemmeno immaginarsi di tenere. Nessuno di noi è "Dio" e quindi non siamo noi a giudicare o condannare determinati errori; ma putroppo il mondo di oggi è pullante di gente senza il minimo rispetto del prossimo, sia vivo che morto.
Altro elemento drammaticalmente stravolgente è l'indifferenza e la costrizione che la vittima subisce in quella situazione sempre più difficile: nonostante gli evidenti peggioramenti, nessuno ha il coraggio di prendersi le proprie responsabilità ed intervenire. Evidentemente è troppo brutto sporcarsi le mani ed aiutare chi è letteralmente impossibilitato ad esprimere la verità (o evidentemente non ha voluto aprire bocca perchè sapeva benissimo che tanto in quelle situazioni non si sarebbe arrivati a nessun tragurado certo).
Insomma, un film molto complesso da definire, criticare o analizzare. Dopo averlo visto va sicuramente metabolizzato e digerito; raramente si assiste a vicende così realistiche e che ti avvinghiano lo stomaco. L'unico punto che si può discutere è sicuramente la eccellente interpretazione dell'attore nel ruolo del protagonista e le ambientazioni progressivamente più opprimenti e fredde; quasi a metaforizzare la pesante "via crucis" che Stefano Cucchi ha dovuto subire nei suoi ultimi giorni di vita.
Anche se è un film che divide pubblico e critica tutti dovrebbero vederlo, e poi magari farsi un'esame di coscienza e dirsi che probabilmente c'è qualcosa che non funziona nei nostri apparati della burocrazia e della "sicurezza".
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emanuele 1968
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mercoledì 14 novembre 2018
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come si suol dire vittime e carnefici ?
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Non entro in merito della vicenda, comunque tutti bravi, incredibile la somiglianza di Trinca.
Ottimo nei cineforum con dibattito finale, sarebbe bello che le multisale dedicassero almeno un giorno alla settimana con un film di spessore, gestito e condotto alla fine da personale qualificato per un confronto, penso che l'iniziativa abrebbe discreto successo.
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mauridal
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giovedì 8 novembre 2018
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cinema e realtà una sfida aperta.
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Quando si affronta il genere realistico nel cinema, allora si corro il rischio della affermazione di una posizione oggettiva ,di un punto di vista ,a scapito della obiettività e quindi di una imparzialità di giudizio . Questo film non corre il rischio di una parzialità di giudizio su una vicenda tragica e reale accaduta in Italia dove un ragazzo Stefano Cucchi viene arrestato per spaccio di droga e muore in seguito alle percosse che subisce dai tutori delle forze dell'ordine. Già questo potrebbe sembrare una parzialità ma la realtà descritta nel film parla chiaro anche se non rappresenta mai una violenza gratuita e spettacolare. Ovviamente il regista scegliendo di fare un film su questo caso ha già emesso un punto di vista e pur essendo il caso stesso ancora di attualità , il cinema ancora rischia di sovrapporsi alla realtà.
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Quando si affronta il genere realistico nel cinema, allora si corro il rischio della affermazione di una posizione oggettiva ,di un punto di vista ,a scapito della obiettività e quindi di una imparzialità di giudizio . Questo film non corre il rischio di una parzialità di giudizio su una vicenda tragica e reale accaduta in Italia dove un ragazzo Stefano Cucchi viene arrestato per spaccio di droga e muore in seguito alle percosse che subisce dai tutori delle forze dell'ordine. Già questo potrebbe sembrare una parzialità ma la realtà descritta nel film parla chiaro anche se non rappresenta mai una violenza gratuita e spettacolare. Ovviamente il regista scegliendo di fare un film su questo caso ha già emesso un punto di vista e pur essendo il caso stesso ancora di attualità , il cinema ancora rischia di sovrapporsi alla realtà. Dunque nel cinema del reale si corrono tanti rischi che per necessità civile, un regista un intellettuale che voglia difendere la democrazia e la civiltà umana, deve necessariamente correre. Dunque il merito di questo film non è la resa artistica o filmica , ma la testimonianza dell'impegno civile del cinema della realtà che ha avuto in Italia grande tradizione con nomi eccellenti , da Pasolini a Petri , Rosi, Montalto a molti altri . Il cinema d'impegno civile continua dunque a vivere nei nuovo registi e il pubblico ancora critico e attento , li premia con l'attenzione dovuta. ( mauridal)
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domenica 4 novembre 2018
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giustizia a stefano cucchi siamo con te
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Giustizia a STEFANO CUCCHI e un dolore enorme a quelli infami che l'hanno ridotto così bastarda infami
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michelino
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martedì 16 ottobre 2018
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michelino va al cinema
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Un film coraggioso e scomodo.
In questi tempi 'neri' il solo narrare con obiettività
una tragedia come questa a 'ferita ancora aperta'
è già di per se un atto ammirevole.
Ma la vera sostanza del film va oltre la mera cronaca
dei fatti e ci induce ad una riflessione reale su tutti noi,
su cosa siamo diventanti e su come siamo messi male
sia sul piano sociale che su quello personale.
Malessere rabbia vergogna...queste sono le sensazioni
principali che mi hanno accompagnato durante tutta la
proiezione e che mi porto ancora dietro.
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Un film coraggioso e scomodo.
In questi tempi 'neri' il solo narrare con obiettività
una tragedia come questa a 'ferita ancora aperta'
è già di per se un atto ammirevole.
Ma la vera sostanza del film va oltre la mera cronaca
dei fatti e ci induce ad una riflessione reale su tutti noi,
su cosa siamo diventanti e su come siamo messi male
sia sul piano sociale che su quello personale.
Malessere rabbia vergogna...queste sono le sensazioni
principali che mi hanno accompagnato durante tutta la
proiezione e che mi porto ancora dietro.
Oltre queste considerazioni, dal sottosuolo di questo
film emerge anche un anima Kafkiana mica da ridere.
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lettina
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domenica 14 ottobre 2018
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comportamento dei carabinieri..
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Purtroppo, al contrario di come affermato dal generale comandante dei carabinieri Giovanni Nistri, che "Non è stata violenza di Stato, solo di alcuni" ritengo (anche per esperienza personale) che il comportamento violento e aggressivo dei carabinieri sia molto generalizzato e che il caso Cucchi sia solo la punta di un enorme iceberg, venuto alla luce, nonostante la perseveranza della sorella e l’evidenza lapalissiana dei fatti, solo dopo il pentimento di un carabiniere che ha infranto il muro di omertà tipico di quell’ambiente, con la connivenza dei giudici (quasi sempre dalla loro parte, a priori).
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Purtroppo, al contrario di come affermato dal generale comandante dei carabinieri Giovanni Nistri, che "Non è stata violenza di Stato, solo di alcuni" ritengo (anche per esperienza personale) che il comportamento violento e aggressivo dei carabinieri sia molto generalizzato e che il caso Cucchi sia solo la punta di un enorme iceberg, venuto alla luce, nonostante la perseveranza della sorella e l’evidenza lapalissiana dei fatti, solo dopo il pentimento di un carabiniere che ha infranto il muro di omertà tipico di quell’ambiente, con la connivenza dei giudici (quasi sempre dalla loro parte, a priori). Infatti i carabinieri in oggetto erano già tranquillamente stati assolti. Solo quando le prove sono schiaccianti e sono messi con le spalle al muro i vari “comandanti Generali” invocano giustizia e ricerca della verità. Sarebbero più credibili se la ricercassero prima.
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