emyliu`
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domenica 23 settembre 2018
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via crucis di stefano cucchi in un film coraggioso
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Via Crucis di Stefano Cucchi in un film denuncia asciutto e duro. Il regista prende una precisa posizione su un caso non ancora risolto, dalla parte dei familiari, in particolar modo della sorella Ilaria Cucchi che ancora lotta per la verità e la giustizia. La carta vincente del film, che lo rende fruibile ovunque, anche nelle scuole, è la scelta di non rappresentare la scena violenta del pestaggio. Si vede solo l'ingresso in una stanza, dove Stefano viene spinto da due carabinieri in borghese più un terzo in divisa, e nella scena successiva Stefano ha il volto tumefatto.
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Via Crucis di Stefano Cucchi in un film denuncia asciutto e duro. Il regista prende una precisa posizione su un caso non ancora risolto, dalla parte dei familiari, in particolar modo della sorella Ilaria Cucchi che ancora lotta per la verità e la giustizia. La carta vincente del film, che lo rende fruibile ovunque, anche nelle scuole, è la scelta di non rappresentare la scena violenta del pestaggio. Si vede solo l'ingresso in una stanza, dove Stefano viene spinto da due carabinieri in borghese più un terzo in divisa, e nella scena successiva Stefano ha il volto tumefatto. Alessandro Borghi lo impersona con una bravura stanislavskiana, con assoluto calo nel personaggio, nella psicologia e nella fisicità, dimagrendo drasticamente nel corpo e parlando proprio come lui. La registrazione della voce di Stefano Cucchi durante il breve processo per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, la si ascolta integralmente durante i titoli di coda ed è davvero impressionante la somiglianza con quella dell'attore. Ma il vero momento catartico il riuscito film lo raggiunge nella realtà, quando la sorella di Stefano, Ilaria, abbraccia Alessandro Borghi al Festival di Venezia. Li davvero è difficile trattenere le lacrime, se si pensa che il Cinema è l'unica consolazione quando la giustizia è assente. Altra confermata rivelazione del film è la prova attoriale drammatica di Max Tortora (che impersona il padre di Stefano), attore noto perlopiù per filmetti comici e fiction televisive, che nei suoi ultimi film sta riscattando tutta la sua carriera. Jasmine Trinca (Ilaria Cucchi) è come al solito intensa e misurata. Milva Marigliano fa la madre di Stefano, e voglio citarla per la sua bravura, perchè nessuno lo farà, essendo un'attrice poco conosciuta. Parola di Emyliù
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lucascialo
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lunedì 17 settembre 2018
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ricostruzione imparziale del caso cucchi
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Alessio Cremonini, al suo secondo film, traspone sul grande schermo il caso di Stefano Cucchi. Lo fa attenendosi ai fatti, ricostruendo in maniera imparziale come andarono le cose. Almeno stando a quanto si sa fino ad ora. Perchè la verità assoluta se l'è portata con sé il povero Stefano, ragazzo che ha commesso tanti errori nella sua vita che però non giustificano la brutta fine con cui il destino lo ha segnato.
Infatti, il film non tende ad enfatizzare il personaggio di Cucchi, a renderlo un povero agnellino sacrificato all'altare della giustizia italiana. Bensì, mostra anche i suoi errori, i dinieghi alle cure, qualche testardaggine di troppo che se non perseguita gli avrebbe risparmiato tante sofferenze.
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Alessio Cremonini, al suo secondo film, traspone sul grande schermo il caso di Stefano Cucchi. Lo fa attenendosi ai fatti, ricostruendo in maniera imparziale come andarono le cose. Almeno stando a quanto si sa fino ad ora. Perchè la verità assoluta se l'è portata con sé il povero Stefano, ragazzo che ha commesso tanti errori nella sua vita che però non giustificano la brutta fine con cui il destino lo ha segnato.
Infatti, il film non tende ad enfatizzare il personaggio di Cucchi, a renderlo un povero agnellino sacrificato all'altare della giustizia italiana. Bensì, mostra anche i suoi errori, i dinieghi alle cure, qualche testardaggine di troppo che se non perseguita gli avrebbe risparmiato tante sofferenze.
Dall'altro però c'è lo stato italiano, diviso tra chi lo ha riempito di botte, persone oneste che hanno tentato di aiutarlo e quanti non sono stati abbastanza zelanti nel proprio lavoro.
Superlativa l'interpretazione di Alessandro Borghi, chiamato all'enesima prova impegnativa. Sebbene in questo caso lo sia ancora di più, essendo dovuto dimagrire notevolmente e avendo dovuto immedesimarsi in atteggiamenti e sofferenze che si presume furono di Stefano.
Anche i familiari di Stefano Cucchi sono credibili. A cominciare dalla combattiva sorella Ilaria, interpretata da una ormai matura Jasmine Trinca, o il padre interpretato dalla sorpresa Max Tortora.
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michelino
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martedì 16 ottobre 2018
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michelino va al cinema
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Un film coraggioso e scomodo.
In questi tempi 'neri' il solo narrare con obiettività
una tragedia come questa a 'ferita ancora aperta'
è già di per se un atto ammirevole.
Ma la vera sostanza del film va oltre la mera cronaca
dei fatti e ci induce ad una riflessione reale su tutti noi,
su cosa siamo diventanti e su come siamo messi male
sia sul piano sociale che su quello personale.
Malessere rabbia vergogna...queste sono le sensazioni
principali che mi hanno accompagnato durante tutta la
proiezione e che mi porto ancora dietro.
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Un film coraggioso e scomodo.
In questi tempi 'neri' il solo narrare con obiettività
una tragedia come questa a 'ferita ancora aperta'
è già di per se un atto ammirevole.
Ma la vera sostanza del film va oltre la mera cronaca
dei fatti e ci induce ad una riflessione reale su tutti noi,
su cosa siamo diventanti e su come siamo messi male
sia sul piano sociale che su quello personale.
Malessere rabbia vergogna...queste sono le sensazioni
principali che mi hanno accompagnato durante tutta la
proiezione e che mi porto ancora dietro.
Oltre queste considerazioni, dal sottosuolo di questo
film emerge anche un anima Kafkiana mica da ridere.
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jackbeauregard
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martedì 18 settembre 2018
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quando la tristezza prevale sulla rabbia
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Ricordo ancora la rabbia che provai quando vidi Diaz di Daniele Vicari, dove la brutalità e la violenza delle forze dell'ordine fu mostrata con dovizia di particolari.
Qui invece, in questo ottimo film di Alessio Cremonini, dove almeno l'aspetto più cruento, il pestaggio, ci è stato (correttamente) risparmiato, a prevalere alla fine, è un senso di infinita tristezza. Una tristezza che scaturisce lentamente, come la terribile agonia che subisce Stefano Cucchi, un essere umano, la cui tragedia ci viene raccontata senza falsa retorica e inutili eroismi. Un essere umano con tanti problemi, limiti e difetti, ma pur sempre un essere umano, con i suoi diritti inalienabili da rispettare, in qualsiasi condizione, e soprattutto con il sacrosanto diritto di vivere e, in ogni caso, di non dover pagare con la vita alcune scelte sbagliate.
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Ricordo ancora la rabbia che provai quando vidi Diaz di Daniele Vicari, dove la brutalità e la violenza delle forze dell'ordine fu mostrata con dovizia di particolari.
Qui invece, in questo ottimo film di Alessio Cremonini, dove almeno l'aspetto più cruento, il pestaggio, ci è stato (correttamente) risparmiato, a prevalere alla fine, è un senso di infinita tristezza. Una tristezza che scaturisce lentamente, come la terribile agonia che subisce Stefano Cucchi, un essere umano, la cui tragedia ci viene raccontata senza falsa retorica e inutili eroismi. Un essere umano con tanti problemi, limiti e difetti, ma pur sempre un essere umano, con i suoi diritti inalienabili da rispettare, in qualsiasi condizione, e soprattutto con il sacrosanto diritto di vivere e, in ogni caso, di non dover pagare con la vita alcune scelte sbagliate.
Ma se la tristezza principale riguarda la sua ingiusta fine, ne esiste un'altra che emerge pian piano in sottofondo con l'evolversi della vicenda, che non è meno forte della prima e che ci riguarda tutti da vicino: ed è il cattivo funzionamento di questo stato, in due delle sue istituzioni più importanti, la giustizia e la tutela della salute di ogni cittadino. Perchè, al di là della causa primaria (e dolosa), il pestaggio, è la susseguente catena (per lo più colposa) di inefficienze, sottovalutazioni, superficialità e burocratismi, quasi equamente distribuiti tra operatori di giustizia, sanitari, forze dell'ordine e polizia penitenziaria che porteranno alla tragica fine di Stefano (che è giusto ricordarlo, come appare con evidenza anche nel film, sarà dovuta in parte alla sua testardaggine nel rifiutare o ritardare le cure).
Tutto questo insieme di concause contribuisce ad alimentare maggiormente lo sconcerto, tanto che alla fine della visione del film, rimane preminente una senzazione di scoramento, per il fallimento delle istituzioni, dello stato di diritto, ma forse anche di tutti noi, quando magari nel nostro quotidiano tolleriamo certe piccole situazioni di ingiustizia, ci voltiamo dall'altra parte o molto più cinicamente pensiamo, come hanno fatto in molti nel caso di Cucchi: "beh, in fondo se l'è cercata, se non si fosse drogato non gli sarebbe successo niente".
Ecco, mi auguro che questo bel film, che è una ricostruzione dei fatti molto onesta e per nulla schierata e che ha come valore aggiunto la magnifica interpretazione di Alessandro Borghi (da sottolineare il grande lavoro svolto sul progressivo aumento della lamentosità nella voce, che accompagna il costante e drammatico declino fisico) insieme a un cast di alto livello, possa contribuire a smuovere almeno un po' le nostre coscienze.
Sarebbe l'omaggio migliore, insieme alla condanna dei diretti responsabili di questo odioso crimine, che si potrebbe fare alla memoria di Stefano, ai suoi familiari che hanno lottato senza sosta perchè emerga la verità e, non ultimo, a tutti i cittadini onesti di questo paese.
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mardou_
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martedì 18 settembre 2018
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un pugno allo stomaco
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Fatto: il 15 ottobre 2009 Stefano Cucchi viene fermato a Roma dai carabinieri, perquisito e trovato in possesso di sostanze stupefacenti per cui ne viene decisa la custodia cautelare.
Fatto: il 22 ottobre 2009 Stefano Cucchi muore all’ospedale Sandro Pertini per cause in fase di accertamento.
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Fatto: il 15 ottobre 2009 Stefano Cucchi viene fermato a Roma dai carabinieri, perquisito e trovato in possesso di sostanze stupefacenti per cui ne viene decisa la custodia cautelare.
Fatto: il 22 ottobre 2009 Stefano Cucchi muore all’ospedale Sandro Pertini per cause in fase di accertamento.
Si soffre, si soffre terribilmente durante tutti i cento minuti di una pellicola che racconta senza sbavature nè eccessi la sorda agonia di un ragazzo di trentun’anni che in soli sette giorni si spegne poco alla volta nel silenzio vuoto di un sistema giudiziario pieno di lacune.
L’abuso di potere dei carabinieri, la violenza vigliacca nascosta dietro alle uniformi e all’omertà dell’Arma suscitano rabbia ed indignazione al pari dell’omissione di soccorso e dello scarico di responsabilità dei funzionari statali, dei secondini, degli operatori ospedalieri, dei medici e persino dei giudici.
La mascella rotta, gli ematomi in testa e sul viso, le due vertebre fratturate in seguito alla prima scellerata notte di detenzione sul corpo del giovane che si fa sempre più debole e sottile, transitano davanti agli occhi di tutte queste persone troppo impegnate a compilare referti e documenti per avere il coraggio di guardare in faccia la realtà, in quel percorso tortuoso e sterile come solo la burocrazia italiana può essere.
Sullo sfondo, una famiglia distrutta, totalmente ignara dell’incubo che si sta consumando dietro le mura del carcere, mentre da buoni ed onesti cittadini i genitori e la sorella di Stefano (una Jasmine Trinca decisamente sottotono) pensano che la giustizia stia facendo il suo corso…
Il film di Alessio Cremonini è un pugno allo stomaco, sostenuto integralmente dalla magistrale interpretazione di Alessandro Borghi, che si conferma uno dei migliori attori italiani attualmente in circolazione.
Il merito più grande della pellicola è forse quello di raccontare Stefano Cucchi per quello che era: un ragazzo debole, problematico, che aveva già deviato dal percorso della “normalità”, un animo perso che nella tragedia si nasconde sotto una coperta, rifiuta l’aiuto, decide di non raccontare la violenza subita, si relaziona alle autorità con l’atteggiamento infantile di chi oppone resistenza proprio nel momento di maggior bisogno.
Ma è nel non essere in grado di tutelare soggetti come questo che risiede la più grave mancanza di ogni sistema democratico che si rispetti e che dovrebbe invece essere un faro irreprensibile proprio nella tutela degli ultimi.
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pierowriter
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giovedì 27 settembre 2018
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sulle nostre coscienze
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Un film non deve dare risposte. Piuttosto porre le domande che altri preferiscono glissare. Se l’argomento trattato è tratto da un terribile fatto di cronaca, il compito del regista è quello di ricostruire i fatti sulla base delle inchieste svolte e le dichiarazioni di chi ha vissuto la vicenda in prima persona. E’ come se lo stesso regista debba vestirsi del ruolo di cronista, scavando nella durezza della storia, attraverso i suoi protagonisti, gli stati d’animo, i tentativi di insabbiamento, molto diffusi nel nostro Paese.
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Un film non deve dare risposte. Piuttosto porre le domande che altri preferiscono glissare. Se l’argomento trattato è tratto da un terribile fatto di cronaca, il compito del regista è quello di ricostruire i fatti sulla base delle inchieste svolte e le dichiarazioni di chi ha vissuto la vicenda in prima persona. E’ come se lo stesso regista debba vestirsi del ruolo di cronista, scavando nella durezza della storia, attraverso i suoi protagonisti, gli stati d’animo, i tentativi di insabbiamento, molto diffusi nel nostro Paese. Esponendosi toccando con mano una realtà violentata e stralciata da chi, in questi nove anni (il prossimo 22 ottobre) ha tentato di proteggere una, a volte, privilegiata categoria di uomini al servizio dei cittadini. Alessio Cremonini, il giovane regista romano, non si è mai tirato indietro davanti alle sfide di chi deve raccontare degli stralci scomodi della nostra società. Fin dalla stesura nel 2000 della sceneggiatura, tratta dal romanzo Voci di Dacia Maraini, che gli fece riconoscere il premio Federico Fellini. O più recentemente, Border (2013), il film scritto per raccontare la guerra in Siria. Il regista confeziona il film senza troppe evasioni romanzate. Cremonini non pretende di discolpare nessuno, neanche lo stesso Stefano Cucchi, ex tossicodipendente e pusher ai tempi della vicenda. Sin dalle prime sequenze, lo spettatore è già dentro la storia. Il regista non si cura di riassumere la vicenda, come a doverla raccontare ad improbabili ignari del dramma Cucchi. La drammaticità e l’assurdità della conclusione della sua breve vita, non può non essere di dominio pubblico. Per le persone coinvolte, per l’impotenza della famiglia di fronte ad un palese abuso di potere che, solo nelle ultime udienze, ha costretto gli inquirenti a rinviare a giudizio tre carabinieri per la morte del ragazzo (31 anni), ed altri due per depistaggio. Le immagini del film ci sbattono in faccia, senza pietà, la stessa assenza di pietà dimostrata dalle varie strutture dell’apparato statale che ha gestito e provocato questo drammatico epilogo. L’impotenza della famiglia, gente comune come potrebbe essere qualunque, anche noi a pensarci bene. Immersi con forza dentro un abuso di potere da parte di chi, nel nostro immaginario, dovrebbe esclusivamente rappresentare un’ala protettiva contro le arroganze della società. C’è un filone conduttore in tutto il film. Evidenziato a più riprese, costruito a sprazzi centellinati che si reggono tutti sulla stessa sottintesa domanda. Come può essere accaduto che, davanti ad evidenti segnali del corpo, tra ematomi, vertebre rotte, tumefazioni di vario genere, nonostante radiografie e visioni dirette da parte di personale medico, nessuno abbia provato a darsi delle risposte sull’origine di quel martoriamento fisico di Stefano Cucchi, documentato dalla foto in primo piano che la sorella Ilaria si trascina nelle manifestazioni organizzate per pretendere la verità? Il cast scelto per impersonare i personaggi principali, è quanto di meglio il nostro cinema degli ultimi anni potesse proporre. Alessandro Borghi ha la grande capacità di vestirsi del dolore di Stefano Cucchi, trasparendo una sorta di rassegnazione e di necessaria omertà per sperare di uscire vivo da quella assurda situazione. Jasmine Trinca, un’attrice matura che in questo film, clona Ilaria Cucchi nella sua determinazione per pretendere la verità sulla morte del fratello, metabolizzando il dolore e lo sconforto dei genitori, straziati dalla notizia attraverso una richiesta formale di autorizzazione dell’esame autoptico sul corpo del figlio. Un’inaspettata ed umana interpretazione di Max Tortora nelle vesti del padre Giovanni, capace di sorprendere il pubblico spogliandosi del ruolo comico che lo ha consegnato al mondo dello spettacolo. Quasi irriconoscibile nelle prime sequenze del film. E poi, Milvia Marigliano, interprete della madre Rita, sballottata tra i doveri famigliari di moglie, madre e nonna e la inconsolabile tragedia della perdita di un figlio. Causa di tanti suoi patemi, ma figlio...
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alesimoni
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martedì 2 ottobre 2018
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sulla pelle dell'italia
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Il film di Cremonini è un film sociale, duro e necessario, che ci racconta in modo asciutto, mai troppo di parte, un episodio in cui si è manifestata la sospensione dello stato di diritto nel nostro Paese. Il titolo molto azzeccato rappresenta bene l'oggetto dell'opera: una trasformazione fisica e una sofferenza indicibile, resa alla grande da un superlativo Alessandro Borghi (in assoluto la sua migliore interpretazione in carriera) che ci rende partecipi del dolore fisico provato dal personaggio, con un corpo martoriato e offeso. L'opera è inoltre ancora più credibile in quanto il regista ha scelto di non dipingere un eroe: non lo era e non voleva essere un esempio per nessuno.
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Il film di Cremonini è un film sociale, duro e necessario, che ci racconta in modo asciutto, mai troppo di parte, un episodio in cui si è manifestata la sospensione dello stato di diritto nel nostro Paese. Il titolo molto azzeccato rappresenta bene l'oggetto dell'opera: una trasformazione fisica e una sofferenza indicibile, resa alla grande da un superlativo Alessandro Borghi (in assoluto la sua migliore interpretazione in carriera) che ci rende partecipi del dolore fisico provato dal personaggio, con un corpo martoriato e offeso. L'opera è inoltre ancora più credibile in quanto il regista ha scelto di non dipingere un eroe: non lo era e non voleva essere un esempio per nessuno. È un film che fa stare male, ed è giusto che sia così.
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mauridal
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giovedì 8 novembre 2018
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cinema e realtà una sfida aperta.
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Quando si affronta il genere realistico nel cinema, allora si corro il rischio della affermazione di una posizione oggettiva ,di un punto di vista ,a scapito della obiettività e quindi di una imparzialità di giudizio . Questo film non corre il rischio di una parzialità di giudizio su una vicenda tragica e reale accaduta in Italia dove un ragazzo Stefano Cucchi viene arrestato per spaccio di droga e muore in seguito alle percosse che subisce dai tutori delle forze dell'ordine. Già questo potrebbe sembrare una parzialità ma la realtà descritta nel film parla chiaro anche se non rappresenta mai una violenza gratuita e spettacolare. Ovviamente il regista scegliendo di fare un film su questo caso ha già emesso un punto di vista e pur essendo il caso stesso ancora di attualità , il cinema ancora rischia di sovrapporsi alla realtà.
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Quando si affronta il genere realistico nel cinema, allora si corro il rischio della affermazione di una posizione oggettiva ,di un punto di vista ,a scapito della obiettività e quindi di una imparzialità di giudizio . Questo film non corre il rischio di una parzialità di giudizio su una vicenda tragica e reale accaduta in Italia dove un ragazzo Stefano Cucchi viene arrestato per spaccio di droga e muore in seguito alle percosse che subisce dai tutori delle forze dell'ordine. Già questo potrebbe sembrare una parzialità ma la realtà descritta nel film parla chiaro anche se non rappresenta mai una violenza gratuita e spettacolare. Ovviamente il regista scegliendo di fare un film su questo caso ha già emesso un punto di vista e pur essendo il caso stesso ancora di attualità , il cinema ancora rischia di sovrapporsi alla realtà. Dunque nel cinema del reale si corrono tanti rischi che per necessità civile, un regista un intellettuale che voglia difendere la democrazia e la civiltà umana, deve necessariamente correre. Dunque il merito di questo film non è la resa artistica o filmica , ma la testimonianza dell'impegno civile del cinema della realtà che ha avuto in Italia grande tradizione con nomi eccellenti , da Pasolini a Petri , Rosi, Montalto a molti altri . Il cinema d'impegno civile continua dunque a vivere nei nuovo registi e il pubblico ancora critico e attento , li premia con l'attenzione dovuta. ( mauridal)
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pesca
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mercoledì 19 settembre 2018
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"sulla mia pelle" - gli ultimi giorni di s. cucchi
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Prodotto da Netflix e diretto da Alessio Cremonini, "Sulla mia pelle" racconta l'ultima settimana di vita di Stefano Cucchi, trentenne romano morto all'ospedale Sandro Pertini per cause che ancora oggi non sono state accertate. Il giovane è interpretato da Alessandro Borghi, che dà il meglio di sè in questa interpretazione: per immedesimarsi nella parte perde 18 kg e la sua voce ha la stessa intonazione un pò strascicata di quella del vero Stefano Cucchi. "Sulla mia pelle" non vuole presentare Cucchi come un santo, o un agnello sacrificale: Stefano è un ragazzo che lavora, fa pugilato, frequenta la parrocchia, ma mente e fa uso di droghe.
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Prodotto da Netflix e diretto da Alessio Cremonini, "Sulla mia pelle" racconta l'ultima settimana di vita di Stefano Cucchi, trentenne romano morto all'ospedale Sandro Pertini per cause che ancora oggi non sono state accertate. Il giovane è interpretato da Alessandro Borghi, che dà il meglio di sè in questa interpretazione: per immedesimarsi nella parte perde 18 kg e la sua voce ha la stessa intonazione un pò strascicata di quella del vero Stefano Cucchi. "Sulla mia pelle" non vuole presentare Cucchi come un santo, o un agnello sacrificale: Stefano è un ragazzo che lavora, fa pugilato, frequenta la parrocchia, ma mente e fa uso di droghe. Sarà proprio con l'accusa di spaccio e detenzione di stupefacenti che sarà portato in carcere. Stefano non è un uomo perfetto, ma è di sicuro una vittima, è vittima di una burocrazia lenta, dell'indifferenza quanti vedono le sue ferite e non indagano oltre, ma è vittima anche di se stesso, della paura che gli impedisce di parlare, perché altrimenti "le guardie" non gliel'avrebbero fatta passare liscia. Frequenti sono i primi piani del volto tumefatto di Stefano, come a voler lasciare impresso il suo volto, quasi a richiamare la foto dell'autopsia di Stefano con cui Ilaria Cucchi ha portato avanti la sua campagna per la verità. La ricostruzione del carcere Regina Coeli, dell'ospedale è accurata e dà allo spettatore una forte idea di squallore e di oppressione; tutto sembra stringersi intorno a Stefano, come una morsa. Straziante è osservare il peggioramento delle sue condizioni di salute: resti lì a guardare e sai che non puoi far niente, vorresti urlare a quei medici che gli fanno visita che ha bisogno di cure, che è evidente, ma non puoi. Questo senso di impotenza segue il ragazzo e lo spettatore per tutto il film, fino all'inevitabile conclusione. Una menzione ad una bravissima Jasmine Trinca( Ilaria Cucchi) e ad un vulnerabile Max Tortora, che interpreta il padre di Stefano Cucchi. "Sulla mia pelle" è un film che tutti dovrebbero vedere, è devastante e potente, come la ricerca della verità.
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aurash
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lunedì 8 ottobre 2018
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film vero
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E' una storia vera. E questo film, che è un'opera d'arte, raccontandola con rigore e insieme cogliendone la complessità e restituendone l'intimità la proietta su di un piano universale. Non obbliga a prendere una posizione, ma obbliga a pensare: disagio giovanile e solitudine delle famiglie da una parte, violenza e indifferenza delle istituzioni dall'altra. La qualità estrema della sceneggiatura, della regia, degli attori - Borghi e Trinca su tutti - rendono questo un lavoro eccellente e un'occasione non solo per rendere giustizia alla storia di Stefano Cucchi e di chi gli voleva bene, ma per prendere coscienza di ciò che, anche se spesso con esiti e intensità meno gravi, avviene silenziosamente ogni giorno nella società e nelle istituzioni del nostro paese.
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