Titolo internazionale | In This World |
Anno | 2018 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 97 minuti |
Regia di | Anna Kauber |
Attori | Maria Pia Vercella Marchese, Michela Battasi, Donatella Germano, Rosetta Germano, Gabriella Michelozzi Caterina De Boni Fiabane, Assunta Valente, Anna Arcari, Maria Oliveto, Efisia Podda, Lucia Colombino, Marica Colombino, Elia Nicolai, Alessandra Tomei, Addolorata Di Fiore, Rosa Aquilanti, Brigida Ciorciaro, Rosina Paoli, Anne Line Redtroen, Aste Redtroen, Assunta Calvino, Michela Agus. |
MYmonetro | 3,01 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 11 giugno 2019
Sono molte le donne che la macchina da presa ha accompagnato nelle terre "alte" d'Italia e che hanno deciso di vivere da pastore, tracciando un percorso femminile di riappropriazione della terra.
CONSIGLIATO SÌ
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Può sembrare incredibile, ma in Italia la pastorizia è in crescita. Stupisce molto meno che a scegliere sempre di più quest’occupazione gravosa e non adeguatamente retribuita siano le donne: di età variabile, da Nord a Sud, fino alle isole, da sole, in coppia o con famiglia. Anna Kauber, regista, scrittrice e studiosa del mondo rurale, si è dedicata a questa realtà misconosciuta e ha raccolto circa cento interviste a ragazze tra i 20 e i 102 anni. Un girato mastodontico assemblato dal 2015 al 2017. Maria, Brigida, Michela, Donatella e le altre smentiscono lo stereotipo prevalente del pastore maschio, asociale, grezzo, forte, violento con le bestie e ritroso con l’umanità. Hanno fatto una scelta consapevole e fatale, hanno messo al primo posto l’esigenza di vivere con l’essenziale, come tramiti di una sapienza atavica.
Dopo un inizio folgorante, di nebbia che come una coperta avvolge e svela una pastura, l’obiettivo si mette a disposizione delle tante protagoniste alla pari e della relazione con gli animali alla base della loro economia. Ma piuttosto che addentrarsi negli aspetti più pratici, misurabili, produttivi, In questo mondo adotta nei loro confronti un metodo di osservazione empatica, non verbale, che non forza mai il dialogo.
La regista lascia uguale spazio al paesaggio agricolo e umano e fortunatamente non avverte l’esigenza di altre voci fuori campo. Con passo costante, senza attardarsi in contemplazione da idillio, il montaggio di Esmeralda Calabria (con la collaborazione di Chiara Russo), qui anche coproduttrice, accosta il piccolo al grande, il primo piano al paesaggio, la dichiarazione in macchina alle operazioni di mungitura nella stalla e ai movimenti del gregge in pascolo. Una sinfonia agreste di rara profondità e concentrazione, che nel ritmo riecheggia la metrica delle Bucoliche di Virgilio.
Sul dialogo umano domina il suono in presa diretta, ambientale, spesso fatto di silenzi. Non per enfatizzare un isolamento beato, un’occupazione titanica né un contesto da Arcadia settecentesca. L’accostamento delle immagini sembra andare semmai verso la restituzione che la donna compie nei confronti di un ecosistema il cui equilibrio è minacciato. Verso un rapporto più viscerale del genere femminile con la natura, a cogliere quell’aspetto di cura e sacralità dell’animale – antitetico a uno sfruttamento strumentale, industriale – che chi partorisce può percepire a un livello più profondo. Il racconto infatti spesso si sofferma sulla prossimità, vien da dire l’affettività, la cura, la comunicazione verbale con con capre e pecore, che spesso hanno nomi propri, o sul momento della nascita degli agnelli. Ma al contrario anche sullo sguardo in macchina degli ovini, che, quando si accorgono di essere ripresi, sorprendono per la concentrazione del loro reciproco scrutare.
Un’immersione che affascina per la familiarità con il mondo animale, dichiara un’opzione di indipendenza, libertà di movimento, riduzione effettiva dei bisogni materiali e riscrittura di sé, nella riconquista di un tempo disteso, meditato, in cui si cala anche chi guarda, in un disorientamento fecondo. È una comunità ampia, di simili, aperta, collegata, quasi marziale nella routine ma pacifica per principio. C’è chi arriva da un percorso lavorativo non gratificante, chi da un ruolo di madre o moglie avvertito come imposizione sociale, ogni intervistata ha delle ragioni che non sono mai vissute come ripiego o fallimento: il profitto per tutte non è mai un fine, semmai è la libertà a non avere prezzo. Il risultato è un’esplorazione di una dimensione che sembra quasi creazione fantascientifica ma è parecchio più vicina di quanto si immagini. Vincitore di Italiana Doc al Torino Film Festival 2018.
Ho potuto vedere "In questo mondo", appena uscito, al Torino film festival. Documento unico nel suo genere. Straordinaria corrispondenza tra espressione artistica e vita reale All'altezza, per livello e contenuti,del grande "Il sale della terra" di Salgado
«Nessuno pensava che potessi fare questo lavoro»: è la frase che si ascolta di più in In questo modo (vincitore di Italiana.doc a Torino 2018) e che meglio definisce le sue protagoniste, donne pastore che sui monti italiani gestiscono greggi di pecore. Alcune sono giovani e inesperte, altre hanno speso un'intera esistenza sui pascoli. Una di esse dice di possedere una casa che dalla Bergamasca arriva [...] Vai alla recensione »