Anno | 2018 |
Genere | Documentario |
Produzione | USA |
Durata | 85 minuti |
Regia di | Mo Scarpelli |
Attori | Asalif Tewold, Alem Sebisibe Ayitenfsu, Abinet, Aster Biruk Aderi, Birtukan Biruk Aderi Biruk Aderi, Fikadu Biruk Aderi, Tigist Biruk Aderi, Tsehay Biruk Aderi, Meseret Dechasa, Getnet, Soloman Girma, Kuba, Misgan Assefa Lulie, Teshome Seifu, Ato Silesh, Fikrab Gebeyehu Silesh, Eshetu Zewdie. |
Tag | Da vedere 2018 |
MYmonetro | 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento domenica 17 febbraio 2019
Uno studio documentale che ha come protagonista un bambino che vuole sentirsi un eroe e che, insieme alla madre continua a vivere in mezzo alla natura.
CONSIGLIATO SÌ
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Alla periferia di Addis Abeba, la costruzione di un gigantesco complesso residenziale sta erodendo i confini del villaggio dove Asalif, un bambino di dieci anni, vive insieme a sua madre. Sullo sfondo di un’Etiopia travolta da rapidi cambiamenti sociali e architettonici, Asalif si aggira per il villaggio ruggendo come un leone di fronte all’avanzare inesorabile del progresso.
Documentario ad altezza di bambino ma dallo sguardo non infantile, l’ultima opera della docmaker Mo Scarpelli irradia una leggerezza non comune e un profondo senso di armonia con il mondo che ci circonda.
C’è a malapena sostanza sufficiente per un lungometraggio in questo film lieve come una passeggiata primaverile, costruito su ripetizioni e ritorni. Asalif è una scoperta del luogo, insieme chiave di lettura ed eccezione suprema, e non ci vuole molto per sintonizzarsi con gioia sul linguaggio con cui il bambino si rapporta a un mondo in divenire.
I colori vibranti della fotografia (anch’essa opera di Scarpelli) contrastano con efficacia gli interni di una casupola nel villaggio con il panorama sterminato delle rapide espansioni edilizie di Addis Abeba. È una contraddizione in cui né il film, né il piccolo Asalif rimangono intrappolati: lui, creatura di sintesi, sa come ruggire ai camion della raccolta rifiuti e come chiedere per favore alla “signora lampadina” di riaccendersi.
Nascosto, come sotto il cappuccio azzurro di Asalif, c’è un livello più profondo di analisi a cui Scarpelli può solo alludere, fatto di tensioni sociali ed equilibri precari sul territorio etiope. La smisurata crescita economica e l’urbanizzazione rampante nel paese sono accompagnate da scontri tra contadini e militari che di recente hanno prodotto arresti e perfino uccisioni. Sembra a volte di percepire questa inquietudine, con la coda dell’occhio e ai margini dell’inquadratura, mentre Asalif guida il nostro sguardo sulle colline e conforta la madre.
Non c’è molto altro che il ragazzo possa fare oltre a mettere in connessione due universi, ma il documentario di Scarpelli sa come ottenere il massimo dal ruggito di un giovane leone.