gianleo67
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martedì 10 maggio 2016
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tutti gli uomini dell'...arcivescovo
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Sotto l'impulso del nuovo direttore editoriale di origine ebrea, un gruppo di giornalisti d'inchiesta del quotidiano The Boston Globe inizia ad indagare sulle coperture ecclesiastiche che hanno consentito per molti anni l'azione indisturbata di una vasta rete di preti pedofili nelle diocesi cittadine. Nonostante le forti pressioni ricevute e la distrazione mediatica dovuta ai fatti dell'11 Settembre, riusciranno a pubblicare un reportage che documenterà il più grande scandalo che abbia mai riguardato la Chiesa Cattolica nel continente americano.
Tutti gli uomini dell'...Arcivescovo, verrebbe da parafrasare attingendo ad uno dei più importanti esempi del cinema liberal americano degli anni '70 (correva l'anno 1976, la regia era di Alan J.
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Sotto l'impulso del nuovo direttore editoriale di origine ebrea, un gruppo di giornalisti d'inchiesta del quotidiano The Boston Globe inizia ad indagare sulle coperture ecclesiastiche che hanno consentito per molti anni l'azione indisturbata di una vasta rete di preti pedofili nelle diocesi cittadine. Nonostante le forti pressioni ricevute e la distrazione mediatica dovuta ai fatti dell'11 Settembre, riusciranno a pubblicare un reportage che documenterà il più grande scandalo che abbia mai riguardato la Chiesa Cattolica nel continente americano.
Tutti gli uomini dell'...Arcivescovo, verrebbe da parafrasare attingendo ad uno dei più importanti esempi del cinema liberal americano degli anni '70 (correva l'anno 1976, la regia era di Alan J. Pakula ed il principale imputato era il Nixon dello scandalo Watergate) guardando a questo film di inchiesta da open space giornalistico che si apre appena agli esterni di una detection indecisa tra sacro e profano e si chiude nella lunga elencazione di titoli di coda sulle principali località teatro dei misfatti (Manca l'Italia. Peccato veniale?!). Se l'impianto dalla geometria orizzontale del rullo compressore di una rotativa che sembra ricostruire la progressione di vicende sospese tra le omissioni (rimozioni) del passato e la scomoda determinazione del presente è uno degli aspetti che più ne qualifica la struttura narrativa e ne anima lo svolgimento drammatico, il rischio è quello di trovarsi di fronte al solito polpettone che ti massacra per più di due ore di fila con la sua insopportabile verbosità e gli infiniti risvolti di una anamnesi del rimosso che fa la spola tra breafing di redazione, colloqui al vertice con referenti politici e lunghe anticamere presso procuratori legali, cancellerie di tribunale, giudici monocratici e chi più ne ha più ne metta. Sposando una linea editoriale che evita accuratamente di avere a che fare direttamente con i carnefici e le loro povere vittime (solo un cardinale e pochi testimoni abusati), il film del volenteroso McCarthy sembra agitare appena le acque di uno scandalo e di una responsabilità etica e deontologica che non vorrebbe risparmiare nessuno (giornalisti superficiali, prelati omertosi, politici conniventi, magistrati deferenti) ma che di fatto si lava la coscienza con l'ultima riunione editoriale pre-stampa in cui un Liev Schreiber in stato catatonico stile 'The Manchurian Candidate' proclama un'autoassoluzione che suona più o meno come: "Chi ha avuto,ha avuto,ha avuto; chi ha dato,ha dato, ha dato, scurdammece ò passato, simme e... Boston paisà!". Insomma poca azione e molta orazione per un film tiene il ritmo solo grazie all'ottimo montaggio ed al lavoro degli interpreti (sempre gli stessi; compresa la brunetta rampante di State of Play sotto mentite spoglie ed un John Slattery che rifà il verso al Martin Balsam di cui sopra) che si affollano in una gara di bravura e professionalità, ma mancando il bersaglio grosso proprio nel mettere la sordina alla più grande intuizione giornalistica di sempre: l'applicazione di un semplice calcolo delle probabilità nella valutazione epidemiologica di un fenomeno sociale abominevole senza limitazioni geografiche o culturali (basta fare una semplice moltiplicazione). Chi vuole farsi una cultura sull'argomento può semplicemente dare un'occhiata al documentario di Alex Gibney del 2012 (Jamey Sheridan e lo stesso John Slattery già presenti come voci narranti!) ed al terremoto vaticano dell'anno successivo che ha fatto tremare il Soglio di Pietro. Coraggio e consulenze sociologiche a parte, il fenomeno cinematografico del 2015 sembra avere convinto L'Academy nell'assegnazione del Premio Oscar come Miglior film e Miglior sceneggiatura originale.
Per agnostici liberal senza pesi sulla coscienza o...peli sulla lingua!
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g.regonelli
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giovedì 30 giugno 2016
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incalzante, essenziale
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Film essenziale nella fotografia e nelle riprese, quasi tutte all'interno, ma notevole per l'ottima sceneggiatura che rende il film interessante dall'inizio alla fine.
Il film è basato su una focalizzazione interna, dalla parte dei giornalisti del gruppo "Spotlight" che si imbattono nello scandalo dei preti pedofili agli inizi degli anni 2000; ma la difficile tematica è trattata in modo asciutto senza ricorrerre ad immagini o parole che richiamino direttamente la violenza, i dialoghi utilizzano un linguaggio che non è mai volgare o tantomeno morboso.
La narrazione non mette in evidenza solo gli scandali che coinvolsero la chiesa cattolica ed il suo atteggiamento omertoso, ma riesce a far emergere, soprattutto attraverso personaggi dal profilo psicologico complesso, le trame, gli interessi e le omissioni in cui la nostra società è, in genere, coinvolta.
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Film essenziale nella fotografia e nelle riprese, quasi tutte all'interno, ma notevole per l'ottima sceneggiatura che rende il film interessante dall'inizio alla fine.
Il film è basato su una focalizzazione interna, dalla parte dei giornalisti del gruppo "Spotlight" che si imbattono nello scandalo dei preti pedofili agli inizi degli anni 2000; ma la difficile tematica è trattata in modo asciutto senza ricorrerre ad immagini o parole che richiamino direttamente la violenza, i dialoghi utilizzano un linguaggio che non è mai volgare o tantomeno morboso.
La narrazione non mette in evidenza solo gli scandali che coinvolsero la chiesa cattolica ed il suo atteggiamento omertoso, ma riesce a far emergere, soprattutto attraverso personaggi dal profilo psicologico complesso, le trame, gli interessi e le omissioni in cui la nostra società è, in genere, coinvolta.
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gabriella
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venerdì 26 agosto 2016
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dentro la verità
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Compito primario di un giornalista è quello di diffondere le notizie nonostante gli ostacoli che possono frapporsi durante il suo lavoro, ha l'obbligo del rispetto della verità dei fatti, l'obbligo di rendere pubbliche notizie scomode per un senso di giustizia, di pulizia verso chi ne è rimasto vittima, e per chi ha commesso atti illeciti. Questo vuole dimostrare il film di Thomas McCharty, prendendo un caso clamoroso di molestie sessuali da parte di preti cattolici nella diocesi di Boston. Nel 2001 alla redazione del Boston Globe, arriva un nuovo direttore, il laconico Martin Baron ( Liev Schreiber), che intende riaprire il caso avvalendosi di un team di giornalisti investigativi, Spotlight ( riflettori) per far finalmente chiarezza su dei fatti insabbiati, messi a tacere con il consenso di una Chiesa connivente e omertosa che temeva ripercussioni mediatiche su un'istituzione che dovrebb invece e tutelare, proteggere i più deboli.
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Compito primario di un giornalista è quello di diffondere le notizie nonostante gli ostacoli che possono frapporsi durante il suo lavoro, ha l'obbligo del rispetto della verità dei fatti, l'obbligo di rendere pubbliche notizie scomode per un senso di giustizia, di pulizia verso chi ne è rimasto vittima, e per chi ha commesso atti illeciti. Questo vuole dimostrare il film di Thomas McCharty, prendendo un caso clamoroso di molestie sessuali da parte di preti cattolici nella diocesi di Boston. Nel 2001 alla redazione del Boston Globe, arriva un nuovo direttore, il laconico Martin Baron ( Liev Schreiber), che intende riaprire il caso avvalendosi di un team di giornalisti investigativi, Spotlight ( riflettori) per far finalmente chiarezza su dei fatti insabbiati, messi a tacere con il consenso di una Chiesa connivente e omertosa che temeva ripercussioni mediatiche su un'istituzione che dovrebb invece e tutelare, proteggere i più deboli. Il caporedattore Walter Robbinson ( Michael Keaton) e i cronisti Sacha Pfeiffer( Rachel Mc Adams) e Michael Rezendes ( Mark Ruffalo), cominciano a indagare parlando con l'avvocato delle vittime ( un ottimo Stanley Tucci), fino ad ottenere le dichiarazioni delle stesse, che dopo anni di un silenzio ibernato, escono allo scoperto raccontando gli abusi subiti senza più quel pudore colpevole ( che spesso è proprio di chi ha subito), ma svelando fatti agghiaccianti e inquietanti. Nonostante le varie resistenze che la redazione incontra nel suo procedere, con uno scavo archeologico minuzioso e paziente, riescono a rinvenire un pò per volta e riportare alla luce una serie di misfatti dalle proporzioni molto più estese di quello che si poteva immaginare. Trovo che il film sia ben fatto e ben recitato , un cast di attori eccellenti, capeggiati da un Michael Keaton in piena forma, che in età matura dimostra il meglio di sè, ottimamente supportato dagli altri. Certo, chi si aspettava un film d'indagine thriller, colpi di scena e azione può rimanere deluso, ma penso che a trattare un caso così scottante e delicato, proprio per rispetto alle vittime di molestie, sia doveroso un racconto sincero e particolareggiato, senza spettacolarizzazione, senza eccessi, perchè di fronte a fatti così vergognosi e disturbanti, non possiamo fare altro che prenderne coscienza e augurarsi che non accadano mai più, ma sopratutto che non vengano più coperti dal silenzio.
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shingo tamai
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venerdì 17 marzo 2017
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insieme preghiamo
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Commentare un film che si basa su fatti realmente accaduti non è operazione semplice.
In questi casi si finisce spesso per ritrovarsi a seguire un documentario privo di quella vivacità necessaria per farsi seguire fino alla fine.
A fine pellicola posso affermare questo pericolo è stato scongiurato,grazie sopratutto alla bravura degli attori e ai racconti diretti delle vittime.
Qualcuna di queste è "sui generis" e qualche elemento grottesco è stato aggiunto gratuitamente al fine di regalarci un poco di brio in più.
Per il resto definirei quanto visto "agghiacciante" manco fosse un horror di Dario Argento.
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Commentare un film che si basa su fatti realmente accaduti non è operazione semplice.
In questi casi si finisce spesso per ritrovarsi a seguire un documentario privo di quella vivacità necessaria per farsi seguire fino alla fine.
A fine pellicola posso affermare questo pericolo è stato scongiurato,grazie sopratutto alla bravura degli attori e ai racconti diretti delle vittime.
Qualcuna di queste è "sui generis" e qualche elemento grottesco è stato aggiunto gratuitamente al fine di regalarci un poco di brio in più.
Per il resto definirei quanto visto "agghiacciante" manco fosse un horror di Dario Argento.
Solo il pensiero che uno dei luoghi teoricamente più sicuri,come una Chiesa, possa essere inquinato dagli stessi custodi,lascia oggettivamente attoniti e con un senso di rabbia indicibile,soprattutto per il fatto che in molti casi si poteva intervenire in tempo per punire i colpevoli di turno.
Spero sinceramente che questi terribili fatti non accadano più,spero che tanti ricordino questo film perché purtroppo bisogna tenere sempre gli occhi aperti,spero che i vertici della Chiesa non chiudano per primi gli occhi davanti a sacerdoti pedofili.
Insieme Preghiamo.
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laurence316
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venerdì 14 luglio 2017
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un mondo malato in cui la pedofilia è la prassi
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Uno dei più acclamati film della stagione, Spotlight, diretto da Tom McCarthy che già si era distinto con il precedente The Visitor, viene prodotto solo dopo che la sceneggiatura ad opera dello stesso McCarthy e di Singer viene inclusa nella Black List del 2013.
Derivato da uno sconcertante fatto di cronaca, è un film necessario che ha il merito di resistere alla tentazione di celebrare i propri protagonisti, e che anzi rimane saldamente ancorato alla realtà, narrando di una storia di insabbiamenti e connivenze, per mezzo di uno script abile e intelligente. Non perde mai un colpo e non lascia tempo di annoiarsi allo spettatore, presenta una narrazione veloce ed efficace, e riesce a resistere alle trappole del politically correct tipiche del cinema hollywoodiano.
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Uno dei più acclamati film della stagione, Spotlight, diretto da Tom McCarthy che già si era distinto con il precedente The Visitor, viene prodotto solo dopo che la sceneggiatura ad opera dello stesso McCarthy e di Singer viene inclusa nella Black List del 2013.
Derivato da uno sconcertante fatto di cronaca, è un film necessario che ha il merito di resistere alla tentazione di celebrare i propri protagonisti, e che anzi rimane saldamente ancorato alla realtà, narrando di una storia di insabbiamenti e connivenze, per mezzo di uno script abile e intelligente. Non perde mai un colpo e non lascia tempo di annoiarsi allo spettatore, presenta una narrazione veloce ed efficace, e riesce a resistere alle trappole del politically correct tipiche del cinema hollywoodiano.
Con lucidità e partecipazione espone i fatti, che non possono che lasciare allibiti e, man mano che si avvicina alla conclusione, si addentra sempre più nei meandri di un sistema corrotto, oscuro e malato. Ribadisce l'importanza del giornalismo e della libertà di stampa, vera cifra della libertà di un popolo, ed attrae e concentra una volta in più l'attenzione del pubblico su un problema di ancora stretta e pressante attualità. Avvincente ed inoppugnabile, Spotlight è senza ombra di dubbio uno dei più interessanti film dell'anno, e certamente uno dei migliori. La recitazione è di altissimo livello, la regia precisa, il montaggio serrato, le musiche puntuali. Assolutamente da vedere, anche solo per informarsi.
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alex2044
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sabato 20 febbraio 2016
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essenziale senza fronzoli commovente
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Ci sono film che ti colpiscono per la loro bellezza estetica , per la grandiosità , per le musiche , per la regia impeccabile , per gli attori bravissimi . Poi ci sono quelli come " Il Caso Spotlight" che ti colpiscono direttamente al cuore . Thomas Mc Carthy è riuscito nell'intento , dirigendo con mano ferma , un film essenziale e senza fronzoli che fa della tensione umana , che non ti abbandona per tutta la sua durata , il suo punto di forza . La storia terribile del proliferare della pedofilia fra i preti cattolici della diocesi di Boston è narrata , attraverso l'indagine dei giornalisti del " Globe " in modo molto delicato senza eccessi voyeuristici ma tuttavia senza rinunciare a qualche termine duro e molto concreto .
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Ci sono film che ti colpiscono per la loro bellezza estetica , per la grandiosità , per le musiche , per la regia impeccabile , per gli attori bravissimi . Poi ci sono quelli come " Il Caso Spotlight" che ti colpiscono direttamente al cuore . Thomas Mc Carthy è riuscito nell'intento , dirigendo con mano ferma , un film essenziale e senza fronzoli che fa della tensione umana , che non ti abbandona per tutta la sua durata , il suo punto di forza . La storia terribile del proliferare della pedofilia fra i preti cattolici della diocesi di Boston è narrata , attraverso l'indagine dei giornalisti del " Globe " in modo molto delicato senza eccessi voyeuristici ma tuttavia senza rinunciare a qualche termine duro e molto concreto . Perchè come dice uno dei giornalisti le allusioni spesso servono solo a diminuire l'eco dei delitti in questione , non portando il lettore al giusto livello di sdegno e di attenzione . Gli attori sono tutti bravissimi con una citazione per Mark Ruffalo che nella parte di un giornalista molto arruffato è fenomenale e per Stanley Tucci , un avvocato collerico ma molto efficace nel suo lavoro . In più il fatto che l'indagine in questione abbia avuto successo e che quelle che ci vengono mostrate non siano ipotesi ma rappresentino esattamente la verità dei fatti accaduti , danno al film un valore morale ancora più alto . Si esce commossi da un film del genere . Il massimo del più alto professionismo americano unito ad un notevole impegno civile senza per questo indulgere in un moralismo piagnone . Perchè come dice il neo direttore del giornale , il fine dell'inchiesta non è vedere in galera il prete sporcaccione di turno ma dimostrare che ciò che ha permesso questi scempi è il sistema , rappresentato dalla diocesi e dal ceto dominante della città . Per concludere questo è un film , bello , molto bello , bellissimo , da vedere e di cui parlare.
N.B. Una stella in più perchè film del genere meritano più che un incoraggiamento !
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gabrykeegan
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sabato 5 marzo 2016
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il ritorno del grande giornalismo sullo schermo
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La miglior sceneggiatura degli Oscar 2016 racconta una trama avvincente, che non appassionava così tanto il mondo cinematografico dai tempi di Tutti gli uomini del presidente. Il regista Tom McCarthy scrive a quattro mani con Josh Singer lo sviluppo di una storia già nota, ma che meritava di essere rappresentata degnamente sullo schermo. A interpretarla un gran cast composto da un ormai più che redivivo Michael Keaton, un ottimo Stanley Tucci e un preciso Liev Schreiber.
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La miglior sceneggiatura degli Oscar 2016 racconta una trama avvincente, che non appassionava così tanto il mondo cinematografico dai tempi di Tutti gli uomini del presidente. Il regista Tom McCarthy scrive a quattro mani con Josh Singer lo sviluppo di una storia già nota, ma che meritava di essere rappresentata degnamente sullo schermo. A interpretarla un gran cast composto da un ormai più che redivivo Michael Keaton, un ottimo Stanley Tucci e un preciso Liev Schreiber.
Le vere star della pellicola sono però Rachel McAdams e Mark Ruffalo (non a caso nominati tra i migliori attori ai prossimi Oscar). L’attrice dai capelli rossi, già vista indagare in True Detective 2, conferma la sua maturazione e riesce a destreggiarsi in un cast solo maschile ed emergere con il suo viso tutt'altro che dolce, ma determinato e che rispecchia perfettamente la sete di verità della giornalista Sacha Pfeiffer. Ruffalo arriva finalmente a consacrare la propria bravura e lo spazio che si ritaglia rispetto al resto del gruppo è ampi, nonché perfettamente diviso tra interpretazione verbale e una ormai conclamata espressione fisica, con cui cura nei dettagli la costruzione del proprio ruolo.
Spotlight è un gruppo di giornalisti intelligenti e determinati a trovare la verità. Per la maggior parte del tempo l’unico obiettivo sembra quello di fare l’inchiesta del decennio, ma piano piano ci si accorge che dietro quelle maschere apparentemente fredde e per nulla impressionabili, c’è in realtà l’animo umano di chi vuole smascherare qualcosa di brutto per la società. È la storia di una redazione contro una delle istituzioni più potenti del mondo: la chiesa. Tra testimonianze agghiaccianti, avvocati che ostacolano e documenti nascosti, il gruppo Spotlight non si arrende ed è alla continua ricerca di prove per mettere insieme i pezzi di un puzzle sporco e più che immorale. Fede tradita, verità scomode e professionalità giornalistica si intrecciano e mettono a nudo un sistema che insabbia le peggiori nefandezze di coloro che dovrebbero invece indicare la retta via. I giornalisti sono allo stesso tempo umani e macchine d’indagine che arrivano a scoprire quello che tutti avrebbero dovuto sapere, ma che fino ad allora nessuno aveva mai osato rendere pubblico e palese. Un film che proprio per il suo valore documentaristico è esso stesso testimonianza di un grande lavoro e di una ragnatela di valori traditi, che vengono però tenuti in vita dalla speranza che qualcuno riesca a svelare il progetto di chi vuole intaccarne la solidità.
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sabato 5 marzo 2016
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"non m'interessa il caso, voglio il quadro d'insie
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Il film è molto ben scritto e recitato, a cominciare dal direttore Marty Baron, ebreo, alieno dalle comunelle di paese (anche se Boston è una grande città), un irriconoscibile e splendidamente doppiato Liev Schreiber, sempre in parte, che rivive i fasti della coppia d'oro del giornalismo d'indagine, ovvero Dustin Hoffman e Robert Redford di "Tutti gli uomini del presidente", insieme all'avvocato armeno interpretato da Stanley Tucci. Ma ciò che davvero sorprende in questo film, oltre alla denuncia di uno scandalo che via via assume proporzioni sempre più gigantesche - si parte con 13 preti pedofili nella sola Boston per finire a 90 - è la riflessione su un mestiere che può essere anche noioso, non eroico, non esaltante come appunto quello del giornalista.
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Il film è molto ben scritto e recitato, a cominciare dal direttore Marty Baron, ebreo, alieno dalle comunelle di paese (anche se Boston è una grande città), un irriconoscibile e splendidamente doppiato Liev Schreiber, sempre in parte, che rivive i fasti della coppia d'oro del giornalismo d'indagine, ovvero Dustin Hoffman e Robert Redford di "Tutti gli uomini del presidente", insieme all'avvocato armeno interpretato da Stanley Tucci. Ma ciò che davvero sorprende in questo film, oltre alla denuncia di uno scandalo che via via assume proporzioni sempre più gigantesche - si parte con 13 preti pedofili nella sola Boston per finire a 90 - è la riflessione su un mestiere che può essere anche noioso, non eroico, non esaltante come appunto quello del giornalista. Spulciare annuali che pure stanno in archivio da anni, magari per accorgersi che la casa di cura per preti "in periodo di riposo" è proprio dietro casa tua, o fare interviste al vescovo partecipando alle feste del liceo a cui viene invitato il bel mondo cittadino, come fa il capocronista e poi capo della sezione spot (riflettore) Robby Robinson, un davvero straordinario Micheal Keaton - beh questo fa la differenza, con il rischio che quando al giornale si presenta il tipo un po' matto, in realtà abusato da adolescente e nello stesso tempo si ha l'invito a partecipare alle suddette feste, il dossier del primo viene scaraventato in fondo a un cassetto e il biglietto patinato viene subito adoperato con la scusa - sempre pronta - che bisogna conoscere tutti i maggiorenti per misurare il polso alla città. Si prendono così per oro colato le parole flautate del colto vescovo e ci si dimentica del caso scottante che pure era lì, sotto i propri occhi, solo che non si era creduto fosse così importante. E quando a Robinson spuntano le lacrime alla domanda del suo amico di golf, avvocato: "Tu dov'eri?" ebbene, è vero, tu dov'eri, se con ci fosse stato un direttore estraneo (viene dalla California, sta sempre al giornale, ha fama di secchione) al giro ristretto dei soliti noti, forse il caso non sarebbe scoppiato com'era giusto che scoppiasse. Ed è ciò che distingue un giornalista attivo (prendiamo a esempio Federica Sciarelli, incalzante e puntuale conduttrice di un programma d'inchiesta della Rai come "Chi L'ha visto?") da un giornalista che la notizia ce l'ha sì, ma spesso non ne capisce (perché ci vuole pure l'intuizione giusta) la portata. Anche in "Tutti gli uomini del presidente" - film caposcuola, forse irraggiungibile - era così: Berstein e Woodward erano agli inizi, avevano più entusiasmo e più spocchia dei loro colleghi più anziani e forse più scoraggiati, sono andati avanti con tenacia, non tralasciando la minima fonte. Così come qui il direttore Baron non è interessato al singolo caso e nemmeno di dare un "buco" (come si chiama in gergo una notizia esclusiva) al giornale concorrente, quanto di tracciare un quadro d'insieme che certifichi la corruzione di gran parte del clero e non di qualche isolata "mela marcia" (epiteto ricorrente). In sostanza, un'ottima lezione di vita.
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cinephilo
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venerdì 14 dicembre 2018
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la verità a voce alta
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Tralasciando i discorsi sulla valenza tecnica e artistica di questo film che effettivamente lasciano un po' a desiderare mi soffermo su questo bell'esempio di cinema coraggioso e di denuncia. Il film segue il lavoro dei giornalisti investigativi (Spotlight) volto ,su spinta del nuovo direttore del Boston Globe, a smascherare numerosi casi di molestie sessuali che vedono responsabili molti preti cattolici del capoluogo del Massaachussets. Poco ritmo e pochi colpi di scena ma una bella denuncia ad alta voce contro chi crede di avere Dio sempre dalla propria parte e a qualsiasi condizione. Questo film è una (seppur piccola) perla.
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wolvie
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mercoledì 28 ottobre 2020
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spotlight
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Basato sulle inchieste del team di giornalisti denominato Spotlight,che tramite le pagine del Boston Globe, scoprirono lo scandalo dei casi di pedofilia del clero che sconvolse l opinione pubblica.
Girato con piglio anni '70, senza troppi fronzoli va dritto allo scopo supportato da attori consoni al ruolo. Emozionante, riesce a concentrarsi quasi totalmente sull' indagine giornalistica e sui risvolti politici istituzionali corrotti che la Chiesa ha intessuto per anni in un ambito cittadino cattolico come quello bostoniano.
Film considerevole anche eticamente, rappresentando un giornalismo ormai mitico, forse difficilmente riscontrabile oggi. Probabilmente sarebbe una visione idonea anche per le scuole superiori.
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Basato sulle inchieste del team di giornalisti denominato Spotlight,che tramite le pagine del Boston Globe, scoprirono lo scandalo dei casi di pedofilia del clero che sconvolse l opinione pubblica.
Girato con piglio anni '70, senza troppi fronzoli va dritto allo scopo supportato da attori consoni al ruolo. Emozionante, riesce a concentrarsi quasi totalmente sull' indagine giornalistica e sui risvolti politici istituzionali corrotti che la Chiesa ha intessuto per anni in un ambito cittadino cattolico come quello bostoniano.
Film considerevole anche eticamente, rappresentando un giornalismo ormai mitico, forse difficilmente riscontrabile oggi. Probabilmente sarebbe una visione idonea anche per le scuole superiori.
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