peer gynt
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giovedì 3 settembre 2015
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giornalisti-quasi eroi contro il sistema
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Giornalismo investigativo e cronaca di una storia vera si intrecciano in questo film dal ritmo serrato e dalla narrazione fluida e lineare. Un gruppo di giornalisti scopre che l'arcivescovo di Boston ha insabbiato vari casi di preti pedofili, nascondendo gravità ed estensione del fenomeno. Con una paziente attività investigativa, scoprono le prove del marcio che c'è nella Chiesa e le pubblicano. Questo è un cinema che non aspira al capolavoro, ma che serve per illuderci che esiste ancora una speranza per noi di segnalare l'esistenza del male e di dare un senso alla parola giustizia. E questo cinema di denuncia si nutre di questa illusione per aiutarci a vivere.
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Giornalismo investigativo e cronaca di una storia vera si intrecciano in questo film dal ritmo serrato e dalla narrazione fluida e lineare. Un gruppo di giornalisti scopre che l'arcivescovo di Boston ha insabbiato vari casi di preti pedofili, nascondendo gravità ed estensione del fenomeno. Con una paziente attività investigativa, scoprono le prove del marcio che c'è nella Chiesa e le pubblicano. Questo è un cinema che non aspira al capolavoro, ma che serve per illuderci che esiste ancora una speranza per noi di segnalare l'esistenza del male e di dare un senso alla parola giustizia. E questo cinema di denuncia si nutre di questa illusione per aiutarci a vivere. Forse, unico suo difetto, ha un fondo troppo ottimistico. La convinzione, molto americana, che la stampa, libera di fare il suo lavoro, aiuta la democrazia ad essere tale dovrebbe accompagnarsi alla constatazione che tutti i sistemi-piovra, che si chiamino Mafia o Chiesa o Potere finanziario etc. etc., hanno una capacità stupefacente di rigenerare i propri tentacoli. Nel film, che pur ha il lodevole pregio di non fare dei giornalisti degli eroi del tutto senza colpe, manca questo approfondimento, e resta l'illusione che chi denuncia abbia vinto la guerra. Ma probabilmente ha vinto solo una battaglia. Il risultato finale della guerra è a favore della piovra.
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maumauroma
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sabato 27 febbraio 2016
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il caso spotlight
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Nel 2001 un gruppo di giornalisti del Boston Globe, dopo accurate ricerche negli archivi dei giornali e attraverso coraggiose interviste a testimoni, avvocati, e vittime,infrangendo muri di reticenze e omerta', riusci' a far emergere dal passato decine e decine di episodi di abusi sessuali subiti da bambini e adolescenti da parte di un centinaio di pedofili appartenti al clero della Arcidiocesi di Boston nei decenni precedenti .Il circostanziato articolo di denuncia da loro pubblicato sul quotidiano di Boston sollevo' nel 2002 uno scandalo di tali proporzioni da scuotere ancor oggi le fondamenta della Chiesa cattolica in tutto il mondo. Il caso Spotlight,e' un classico film di inchiesta giornalistica di buona fattura,ben interpretato e diretto, anche se molto convenzionale nella struttura.
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Nel 2001 un gruppo di giornalisti del Boston Globe, dopo accurate ricerche negli archivi dei giornali e attraverso coraggiose interviste a testimoni, avvocati, e vittime,infrangendo muri di reticenze e omerta', riusci' a far emergere dal passato decine e decine di episodi di abusi sessuali subiti da bambini e adolescenti da parte di un centinaio di pedofili appartenti al clero della Arcidiocesi di Boston nei decenni precedenti .Il circostanziato articolo di denuncia da loro pubblicato sul quotidiano di Boston sollevo' nel 2002 uno scandalo di tali proporzioni da scuotere ancor oggi le fondamenta della Chiesa cattolica in tutto il mondo. Il caso Spotlight,e' un classico film di inchiesta giornalistica di buona fattura,ben interpretato e diretto, anche se molto convenzionale nella struttura.La regia sembra piu' interessata ad esaltare il potere della Stampa (almeno all'epoca), che non ad approfondire le circostanze che hanno poi portato a questi orribili fatti.Inoltre c'e nella descrizione degli eventi una certa tendenza a generalizzare : si parla di circa il 6 per cento di prelati coinvolti,per cui c'e' da presumere che il comportamento morale del restante 94 per cento dei sacerdoti fosse integerrimo, In ogni attivita' umana purtroppo si annida il marciume, ma fare di ogni erba un fascio, soprattutto per quanto riguarda una istituzione come la Chiesa, puo' essere una discriminante pericolosa.
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andrea alesci
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domenica 28 febbraio 2016
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l'illuminante determinazione del buon giornalista
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È una luce abbagliante quella emessa da Spotlight, titolo originale del film e nome del team di reporter che tra 2001 e 2002 fece emergere lo scandalo di abusi sessuali in seno alla Chiesa cattolica di Boston. La luce di un riflettore (spotlight) acceso al Boston Globe dal neodirettore Marty Baron (Liev Schreiber) e tenuto puntato sui mali della città dal redattore Walter “Robby” Robinson (Michael Keaton) e dai suoi collaboratori Mike Rezendes (Mark Ruffalo), Sacha Pfeiffer (Rachel McAdams) e Matt Carroll (Brian d’Arcy James).
Quattro giornalisti al lavoro in quella sezione del Globe che conduce inchieste in autonomia già dai primi anni Sessanta.
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È una luce abbagliante quella emessa da Spotlight, titolo originale del film e nome del team di reporter che tra 2001 e 2002 fece emergere lo scandalo di abusi sessuali in seno alla Chiesa cattolica di Boston. La luce di un riflettore (spotlight) acceso al Boston Globe dal neodirettore Marty Baron (Liev Schreiber) e tenuto puntato sui mali della città dal redattore Walter “Robby” Robinson (Michael Keaton) e dai suoi collaboratori Mike Rezendes (Mark Ruffalo), Sacha Pfeiffer (Rachel McAdams) e Matt Carroll (Brian d’Arcy James).
Quattro giornalisti al lavoro in quella sezione del Globe che conduce inchieste in autonomia già dai primi anni Sessanta. Quattro uomini che decidono di prestare ascolto al fiuto del direttore appena giunto da Miami circa la storia di un prete che molestò dei ragazzini e che già anni prima era stata trattata dal Globe, relegandola però alle pagine di cronaca locale.
Un peccato originale che – come mostra il film ben orchestrato da Tom McCarthy – è impresso nella coscienza di uno dei quattro di Spotlight: è il senso di colpa di Walter Robinson, che allora era appena giunto in Cronaca e decise di non prestare troppo ascolto né agli scritti di una delle vittime di abusi né all’elenco di testimonianze inviatogli dall’avvocato Eric Mcleish (Billy Cudrup).
Come a dirci che davanti a noi non abbiamo immacolati eroi, ma uomini come tutti gli altri, che possono sbagliare e correggersi. Eppure uomini che capiscono di svolgere un mestiere di grande responsabilità, giacché “un giornalista scruta la nebbia e la tempesta per dare allerta dei pericoli incombenti”. Sono le parole di Joseph Pulitzer, quelle dell’uomo cui è intitolato il premio che nel 2003 andò proprio ai giornalisti di Spotlight.
Anche grazie all’equilibrato montaggio di Tom McArdle, il regista ci mostra l’imperterrito lavoro di questo quartetto di investigatori, che sa muoversi tra polverosi magazzini, per le strade di una Boston pulsante, nelle interviste telefoniche, inserendo dati al computer, facendo parlare chi non avrebbe voluto farlo, tutto per riuscire a scorticare la muffa che nel tempo ha nascosto scomode verità. Quelle di un vero e proprio sistema sommerso di abusi sessuali da parte d’un numero sempre crescente di preti.
Ed è questo che fa del Caso Spotlight un film di grande capacità illuminante, un film che ci fa entrare e uscire da quel sotterraneo dove la squadra di “Robby” lavora alacremente, ci fa salire a trattare nel cristallino studio di Mcleish, ci fa addentrare in quello scombinato dell’avvocato Mitchell Garabedian (Stanley Tucci). E ci rivela che l’ermetismo di quest’ultimo è solo la facciata di grande intelligenza e statuto morale che accomunano il lavoro del (buon) giornalista a quello del (buon) avvocato: entrambi alla ricerca della giustizia che qualcuno vuole tenere sepolta.
Qualcuno che a Boston disponga di potere assoluto, qualcuno come una Chiesa Cattolica che per decenni ha coperto le malefatte di una minoranza marcia sotto il mantello rosso del cardinale Bernard Francis Law. La ricerca di Spotlight smaschera meschinità e omertà, dando il coraggio della parola ai vergognati silenzi di tante troppe vittime: oltre 1.000 quelle violentate da 249 sacerdoti. E s’arresta davanti ai numeri il film di Tom McCarthy. Finisce quando il lavoro di Spotlight è terminato, imprimendoci la sensazione di aver tastato che cosa debba essere il giornalismo, quello che Joseph Pulitzer definiva “una forza morale della comunità”.
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jules_winnfield
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mercoledì 2 marzo 2016
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quando la verità viene a galla
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Volontà, coraggio, tenacia e una buona dose di abilità investigativa, sono gli ingredienti fondamentali per dare vita a questo film, che assume i caratteri di un'inchiesta giornalistica decisa a denunciare gli "orrori" commessi dal sistema ecclesiastico nella Boston dei primi anni 2000.Ispirato dunque ad una storia vera, questo film vuole essere un Manifesto di giustizia e di speranza,che intende far luce su un caso di pedofilia che per anni e anni è stato sempre insabbiato dalla comunità, che rimane tacita e impassibile difronte a uno scempio del genere..Ma questo Manifesto deve la sua nascita alla volontà e alla forza di un team, conosciuto come Spotlight, che non si darà mai per vinto, dando fiato a tutte le loro risorse pur di raggiungere la verità, per quanto dolorosa possa essere.
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Volontà, coraggio, tenacia e una buona dose di abilità investigativa, sono gli ingredienti fondamentali per dare vita a questo film, che assume i caratteri di un'inchiesta giornalistica decisa a denunciare gli "orrori" commessi dal sistema ecclesiastico nella Boston dei primi anni 2000.Ispirato dunque ad una storia vera, questo film vuole essere un Manifesto di giustizia e di speranza,che intende far luce su un caso di pedofilia che per anni e anni è stato sempre insabbiato dalla comunità, che rimane tacita e impassibile difronte a uno scempio del genere..Ma questo Manifesto deve la sua nascita alla volontà e alla forza di un team, conosciuto come Spotlight, che non si darà mai per vinto, dando fiato a tutte le loro risorse pur di raggiungere la verità, per quanto dolorosa possa essere.Di fatto è il cast stellare e azzeccato a dare vita a questo film, che navigherà su una sceneggiatura forte e incisiva,molto curata nei dettagli ma soprattutto dotata di una chiarezza che fornirà,non solo ai protagonisti, ma allo stesso spettatore una presa di coscienza su ciò che ci circonda quotidianamente.Tuttavia, non bastano questi due elementi per fare di un film un capolavoro. Per molti aspetti, questo film ricorda vagamente "Argo (2013)",(ispirato ad una storia vera, caratterizzato dal coraggio dei protagonisti che rendono possibile un'impresa ritenuta impossibile)con la differenza che nel Caso Spolight, vi è l'assenza di momenti di suspence. Nonostante sia fluida e lineare, la trama(scontata) manca di quel dinamismo che dovrebbe alimentare l'attenzione dello spettatore. Anche la colonna sonora non è delle migliori, tant'è che risulta essere talmente monotona che potrebbe suscitare una certa noia. Infine ,fin troppo forte, o meglio, fin troppo ottimista è il messaggio che l’America vuole far trapelare, ovvero che la stampa (nella sua più che totale libertà e autonomia) può aiutare il mondo a far luce su questi casi e far venire a galla la verità. Una verità minima che poco può fare contro una società perennemente corrotta da sistemi come Mafia o Chiesa,ma la cui speranza, dopo questo caso, non verrà mai più messa in discussione.
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vanessa zarastro
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venerdì 19 febbraio 2016
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a lezione di giornalismo
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Evviva il giornalismo! Sembra di tornare ai tempi d’oro di Walter Cronkite, uno degli uomini più famosi degli Stati Uniti, e alla trasmissione-inchiesta “Sixty Minutes” della CBS con i suoi miti dell’informazione oggettiva, rigorosamente professionale e, perché no, politically correct.
Sembra anche che Micheal Keaton invecchiando azzecchi tutti i film, l’anno scorso interpretando l’attore principale di “Birdman” e quest’anno il giornalista Walter Robinson in “Spotlite”. In effetti, questo è un bel film tratto dalla storia vera dell’inchiesta condotta scrupolosamente dai quattro della squadra all’interno del giornale “Boston Chronicle Globe” con il suggerimento e la complicità del nuovo direttore Marty Baron.
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Evviva il giornalismo! Sembra di tornare ai tempi d’oro di Walter Cronkite, uno degli uomini più famosi degli Stati Uniti, e alla trasmissione-inchiesta “Sixty Minutes” della CBS con i suoi miti dell’informazione oggettiva, rigorosamente professionale e, perché no, politically correct.
Sembra anche che Micheal Keaton invecchiando azzecchi tutti i film, l’anno scorso interpretando l’attore principale di “Birdman” e quest’anno il giornalista Walter Robinson in “Spotlite”. In effetti, questo è un bel film tratto dalla storia vera dell’inchiesta condotta scrupolosamente dai quattro della squadra all’interno del giornale “Boston Chronicle Globe” con il suggerimento e la complicità del nuovo direttore Marty Baron. Il tema è quello della pedofilia dei preti ma ancor più grave è la connivenza dei Vescovi e degli alti prelati. Da un caso singolo di prete pedofilo il gruppo di “Spotlight“ risale a un fenomeno che dovrebbe essere esteso a circa il 6% degli ecclesiastici cattolici e che, si scoprirà, superò a Boston il centinaio di colpevoli. Infatti, a partire dal gennaio 2002 Il “Boston Globe “ iniziò a pubblicare articoli che portarono alla condanna di 150 sacerdoti così che nel 2003 vinse il premio Pulitzer.
Il film ha un bel ritmo - da far scordare la sua durata di 2 ore 10 minuti – ed è un crescendo d’intensità e di velocità, vivamente sottolineato sul finale dalla musica. Il film è un vero prodotto americano in cui i cattivi e i buoni sono facilmente identificabili: sembra un po’ di vedere i film western quando “arrivano i nostri” e salvano i bianchi dagli indiani…solo che qui gli indiani sono i preti cattolici con l’assenso di tutto l’establishment cittadino. I buoni invece sono gli avvocati che mangiano sulle panchine il cibo di un contenitore di plastica o giornalisti a cui gli amici portano una pizza, da assaggiare sul computer. Troppa è l’importanza del proprio lavoro, una sorta di missione cui si dedica la propria vita rinunciando a quasi tutto…eccetto il footing. Nella vastità dell’inchiesta, implicata nel losco affair, non poteva mancare la consenziente scuola cattolica, basti pensare al ruolo importante che questa istituzione ricopre nella borghesia bostoniana. Non è certo un caso che a uscire lo scandalo allo scoperto è proprio in questa città, dove c’è un’elevata concentrazione cattolica. Una Boston bellissima, forse la città più europea di tutti gli Stati Uniti, con la sua orografia dal mare alla collina e la sua morfologia con casette a schiera all’inglese e case unifamiliari più suburbane.
Gli attori sono tutti molto bravi in particolare Mark Ruffalo – candidato all’Oscar 2016 - in questa parte sembra essere l’erede di George Clooney.
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mardou_
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lunedì 29 febbraio 2016
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una pagina di cronaca ancoa aperta
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Quando nel 2002 l’inchiesta del Boston Globe su denunce, condanne ed insabbiamenti da parte del clero cattolico circa gli innumerevoli casi di pedofilia ed abusi di sacerdoti su minori nella capitale del Massachusets arrivò oltreoceano, fu seguita dall’opinione pubblica europea con particolare interesse.
Se da un lato significava che il problema era così grave, radicato e profondo da non poter più essere nascosto o ignorato, dall’altro tutti ebbero la sensazione che quel male oscuro non fosse circoscritto alla sola diocesi di Boston, ma altresì che stesse emergendo il grande segreto di tutta l’istituzione ecclesiastica mondiale.
Tra il 2009 e il 2010, infatti, lo scandalo coinvolse anche il Vecchio Continente, dall’ Italia alla Germania, dall’Austria al Belgio, passando per Svizzera, Spagna e Regno Unito.
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Quando nel 2002 l’inchiesta del Boston Globe su denunce, condanne ed insabbiamenti da parte del clero cattolico circa gli innumerevoli casi di pedofilia ed abusi di sacerdoti su minori nella capitale del Massachusets arrivò oltreoceano, fu seguita dall’opinione pubblica europea con particolare interesse.
Se da un lato significava che il problema era così grave, radicato e profondo da non poter più essere nascosto o ignorato, dall’altro tutti ebbero la sensazione che quel male oscuro non fosse circoscritto alla sola diocesi di Boston, ma altresì che stesse emergendo il grande segreto di tutta l’istituzione ecclesiastica mondiale.
Tra il 2009 e il 2010, infatti, lo scandalo coinvolse anche il Vecchio Continente, dall’ Italia alla Germania, dall’Austria al Belgio, passando per Svizzera, Spagna e Regno Unito.
Quattordici anni più tardi, il regista Thomas McCarty prende le mosse da questa controversa e torbida vicenda giudiziaria, ripercorrendo il caso di Spotlight, il team di giornalisti del quotidiano statunitense che condusse le indagini, districandosi tra vittime in attesa di giustizia, avvocati compiacenti ed una città dove potere temporale e potere spirituale vanno a braccetto da secoli…
La forza di questo film sta proprio nell’approfondire la rete di relazioni personali e pubbliche tra i vari attori di una pagina di cronaca che non si è ancora conclusa, cercando di dare una spiegazione sul perché la presa di coscienza sulla piaga degli abusi su minori in ambito cattolico è arrivata così tardi.
Al termine di un percorso difficile e delicato, il cui ritmo è ben scandito dalla costruzione cinematografica che ha il sapore del thriller politico stile “Tutti Gli Uomini del Presidente” di Alan J.Pakula, ci si rende conto che ogni singolo individuo ha una parte di colpa nella vicenda, da chi ha coperto i colpevoli per interesse o affetto, a chi ha taciuto per paura o debolezza, a chi per negligenza o superficialità non ha voluto vedere o approfondire le prove che aveva davanti.
Una storia importante ed uno schema classico ma sempre efficace rendono “Il Caso Spotlight” una pellicola solida e vincente, che grazie ad un team di grandi attori che ha dialogato sul set con esperienza ed impegno si afferma a pieno titolo come la migliore della stagione.
Voto 4/5
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a.i.9lli
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giovedì 3 marzo 2016
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un racconto secco e chiaro
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Il caso Spotlight è stato innanzitutto un premio Pulitzer, una grande inchiesta giornalistica, uno degli scandali forse più bollenti degli ultimi anni. Il merito di questo film arrivato (inaspettatamente ) a trionfare agli Oscar è stato di raccontare in modo secco e chiaro quello che i giornalisti del Boston Globe avevano scoperto, mostrarne il lavoro, l'inchiesta, i bastoni tra le ruote, le voci che hanno parlato e quelle che volevano zittire, ma il merito di questo film che porta al grande pubblico lo scandalo di pedofilia che smosse Boston, il Vaticano e la Chiesa Cattolica, è stato di aderire perfettamente allo stile giornalistico. Questa è una grande storia di giornalismo.
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Il caso Spotlight è stato innanzitutto un premio Pulitzer, una grande inchiesta giornalistica, uno degli scandali forse più bollenti degli ultimi anni. Il merito di questo film arrivato (inaspettatamente ) a trionfare agli Oscar è stato di raccontare in modo secco e chiaro quello che i giornalisti del Boston Globe avevano scoperto, mostrarne il lavoro, l'inchiesta, i bastoni tra le ruote, le voci che hanno parlato e quelle che volevano zittire, ma il merito di questo film che porta al grande pubblico lo scandalo di pedofilia che smosse Boston, il Vaticano e la Chiesa Cattolica, è stato di aderire perfettamente allo stile giornalistico. Questa è una grande storia di giornalismo. La regia è sapiente, tecnica, l'impianto è classico, la sceneggiatura è chiara, permette di comprendere tutto, ogni singolo passaggio di una storia intricata. Ma sopratutto, è un film delicato e potente. il rischio chiaro era lasciarsi andare alla retorica, evidenziare troppo i sentimenti, ma pur con un occhio anche ai dubbi, alle contraddizioni, alle certezze crollate persino dei giornalisti, il punto centrale del film è solo uno: l'inchiesta, la ricerca, la verità che deve uscire fuori.
Un piccolo grande film, che timidamente si è fatto strada al box office e sopratutto nella stagione dei premi, snobbato ai Golden Globes e a tutti gli altri premi più importanti. Poi la svolta: mentre tutti davano ormai per vincente Il Redivivo, Il caso Spotlight si è preso ciò che si meritava: l'Oscar? No: l'attenzione mediatica che questa storia, questa inchiesta e questo film meritano
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fabal
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lunedì 7 marzo 2016
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mirato e privo di retorica
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Boston, 2001. Nella redazione del Boston Globe lavora un team di giornalisti che svolgono vere e proprie indagini investigative: si chiama Spotlight. L’arrivo del nuovo direttore Marty Baron convince la troupe ad impegnarsi nella scottante inchiesta dell’abuso di minori da parte di alcuni sacerdoti della città. In realtà il capitolo è semplicemente riaperto: molte denunce, infatti, furono ignorate, i fatti insabbiati con la presunta
complicità dell’arcivescovo, i preti colpevoli trasferiti “per malattia”. Il team indaga e scopre che la vicenda ha proporzioni e numeri ben più grandi di quelli previsti.
Scevro di retorica e dal ritmo sostenuto, Il caso Spotlight mostra un’indagine interamente di bureau, che sostituisce l’azione con una dettagliata stesura di fatti, informazioni e testimonianze.
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Boston, 2001. Nella redazione del Boston Globe lavora un team di giornalisti che svolgono vere e proprie indagini investigative: si chiama Spotlight. L’arrivo del nuovo direttore Marty Baron convince la troupe ad impegnarsi nella scottante inchiesta dell’abuso di minori da parte di alcuni sacerdoti della città. In realtà il capitolo è semplicemente riaperto: molte denunce, infatti, furono ignorate, i fatti insabbiati con la presunta
complicità dell’arcivescovo, i preti colpevoli trasferiti “per malattia”. Il team indaga e scopre che la vicenda ha proporzioni e numeri ben più grandi di quelli previsti.
Scevro di retorica e dal ritmo sostenuto, Il caso Spotlight mostra un’indagine interamente di bureau, che sostituisce l’azione con una dettagliata stesura di fatti, informazioni e testimonianze. Il film di Mc Carthy ha il sapore di quelle spy stories giornalistiche che si facevano una volta, alla Pakula (Tutti gli uomini del presidente) dove lo scopo primario è la denuncia. A tratti ricorda, invece, il più recente Zodiac di Fincher, di cui ritroviamo il bravo Ruffalo nuovamente a caccia di dossier e testimoni riottosi. Il team è capitanato da Michael Keaton, alle prese con la sobrietà di un ruolo che va ad opporsi a quello sopra le righe di Birdman: ma proprio per questo l’attore conferma di essere capace e versatile.
Il pregio maggiore di Spotlight è di affrontare in modo asciutto una vicenda che troppo facilmente poteva prestarsi alle letture strazianti o alla retorica strappalacrime. Anche la rinuncia a bollare tutto l’ambiente ecclesiastico in una caricatura diabolica, evitando di creare un sentimento d’odio gratuito nello spettatore, è un segno dell’onestà intellettuale di questo film e dei temi che affronta. La denuncia è invece forte ma sempre entro le righe, mirata e non qualunquista. Dettagliata senza la ricerca esasperata del trauma. Il film tocca la sensibilità dello spettatore e la sua giusta indignazione senza (appunto…) abusarne.
Premiato agli Oscar come miglior film, Il caso Spotlight non è certamente un capolavoro né un’opera di coraggiosa sperimentazione. E’ invece la riconferma di un cinema che non si vedeva più, schietto ed essenziale, che lascia molto spazio ai fatti e poco alle invenzioni. Anche il tema del “complotto” spesso affrontato in modo visionario se non caricaturale dal cinema contemporaneo, è qui invece riportato a un fatto di cronaca documentata. Se sia in effetti il miglior film dell’anno, (migliore ad esempio de Il ponte delle spie), è argomento su cui sospendere il giudizio. Che invece Spotlight sia un film dotato di una semplicità coraggiosa, non per la tematica ma per il modo in cui è affrontata, è doveroso da dire. E all’esagerazione chiassosa dei vari action movie che imperversano, è giusto trovare, ogni tanto, un valido contraltare.
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gio campo
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lunedì 14 marzo 2016
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spotlight sulla verità
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Spotlight: il nome duro della pronuncia e della denuncia.
Rilfettori puntati sull'uomo, protetto dall'istituzione, ma anche sulla disperazione e l'attaccamento nel salvare il sistema.
Il cinema insegna, ma fa dimenticare due minuti dopo, usciti dalla sala.
Non di tutta l'erba un fascio, ma il valore umano si spegne di fronte alla crudeltà della verità: giornalistica si, ma prima sentimentale.
Un film che ci permette di capire il velo profondo e sottile dell'omertà e della vergogna ma anche la delicatezza e l'educazione di una sceneggiatura
che rende veri e sinceri dei personaggi che potrebbero rivelarsi scomodi e con poco tatto.
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Spotlight: il nome duro della pronuncia e della denuncia.
Rilfettori puntati sull'uomo, protetto dall'istituzione, ma anche sulla disperazione e l'attaccamento nel salvare il sistema.
Il cinema insegna, ma fa dimenticare due minuti dopo, usciti dalla sala.
Non di tutta l'erba un fascio, ma il valore umano si spegne di fronte alla crudeltà della verità: giornalistica si, ma prima sentimentale.
Un film che ci permette di capire il velo profondo e sottile dell'omertà e della vergogna ma anche la delicatezza e l'educazione di una sceneggiatura
che rende veri e sinceri dei personaggi che potrebbero rivelarsi scomodi e con poco tatto.
Invece qui, notiamo un crescendo di situazioni che via via diventano sempre più accattivanti, nei limiti del piacere del solo scopo cinematografico, e che chiariscono sempre più il desiderio di verità e protezione, nei confronti non solo di una comunità ma del mondo intero.
Non è facile cambiare il mondo o peggio la mentalità: non di certo è così facile come rappresentato, con minime crisi e piccoli accenni di instabilità, ma sicuramente grande forza di mettere subito a fuoco una situazione in discesa, dove non c'è tempo per egoistici piagnistei ma dirette e decise azioni e strategie.
Spotlight ci dice di guardare il mondo sotto una luce diversa e di perseguire l'obiettivo anche insieme, perché l'unica verità da rivelare è l'amore, il rispetto e l'attacamento verso noi stessi e verso gi altri.
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andrejuve
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martedì 15 marzo 2016
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un'inchiesta contro la pedofilia e l'omertà
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“Il caso Spotlight” è un film del 2015 diretto da Tom McCarty. A Boston all’interno della redazione della testata giornalistica “The Boston Globe” è presente una sezione, chiamata Spotlight, composta da quattro giornalisti, Walter Robinson, Michael Rezendes, Sacha Pfeiffer e Matt Carroll, i quali si occupano del giornalismo di inchiesta, compiendo delle vere e proprie investigazioni grazie alla loro forsennata ricerca della verità e all’utilizzo di fonti attendibili. Siamo nell’anno 2001 e subentra un nuovo direttore del giornale di nome Marty Baron il quale, dopo aver letto una notizia degli anni ’80 scritta dalla sezione Spotlight relativa a diversi abusi sessuali compiuti da un prete di Boston nei confronti di alcuni soggetti minorenni e notando che non ci sono stati nel corso degli anni ulteriori approfondimenti, ordina ai quattro di indagare più a fondo su questa problematica.
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“Il caso Spotlight” è un film del 2015 diretto da Tom McCarty. A Boston all’interno della redazione della testata giornalistica “The Boston Globe” è presente una sezione, chiamata Spotlight, composta da quattro giornalisti, Walter Robinson, Michael Rezendes, Sacha Pfeiffer e Matt Carroll, i quali si occupano del giornalismo di inchiesta, compiendo delle vere e proprie investigazioni grazie alla loro forsennata ricerca della verità e all’utilizzo di fonti attendibili. Siamo nell’anno 2001 e subentra un nuovo direttore del giornale di nome Marty Baron il quale, dopo aver letto una notizia degli anni ’80 scritta dalla sezione Spotlight relativa a diversi abusi sessuali compiuti da un prete di Boston nei confronti di alcuni soggetti minorenni e notando che non ci sono stati nel corso degli anni ulteriori approfondimenti, ordina ai quattro di indagare più a fondo su questa problematica. I membri di Spotlight contattano il procuratore Eric Macleash e l’“avvocato della Chiesa” Jim Sullivan senza però ottenere alcuna significativa informazione. Riescono però ad incontrare Phil Saviano, il rappresentante dell’organizzazione dei “sopravvissuti delle vittime dei preti”, che racconta delle storie inquietanti affermando che siano 13 i preti coinvolti all’interno di questa vicenda di pedofilia, dichiarando inoltre che il cardinale Bernard Francis Law, a conoscenza di queste spaventose verità, abbia sempre taciuto cercando di impedire che venisse macchiato il nome della Chiesa. Si scopre inoltre che i preti accusati di aver compiuto molestie sessuali sui minori sono stati più volte trasferiti da parte della curia, giustificando tali spostamenti attraverso l’attribuzione di malattie mentali e prevedendo per loro un trattamento terapeutico specifico all’interno di una casa di cura. Michael Rezendes incontra anche Mitchell Garabedian, l’eccentrico avvocato che difende molte delle vittime di questi atroci abusi sessuali, cercando di ottenere informazioni preziose. L’avvocato dichiara che presso il Tribunale ci sono dei documenti secretati che potrebbero rivelare sconvolgenti verità e per desecretarli è necessario sollevare un’istanza al giudice. Michael successivamente riesce a contattare uno degli psichiatri delle case di cura e quest’ultimo sorprendentemente afferma che questo preoccupante fenomeno è molto più vasto di quanto si pensi, in quanto i preti coinvolti potrebbero essere addirittura 90. Sacha Pfeiffer intanto raccoglie le testimonianze delle vittime di pedofilia mentre Walter Robinson cerca di persuadere Jim Sullivan ed Eric Macleash affinché rivelino alcuni particolari che potrebbero rivelarsi decisivi per chiarire i contorni della vicenda. A causa della delicatezza dell’argomento non sarà semplice condurre questa inchiesta tanto importante quanto per molti scomoda e pericolosa. La pellicola, attraverso il racconto di fatti realmente accaduti, focalizza l’attenzione nei confronti di una triste e terrificante realtà come quella della pedofilia all’interno della Chiesa. Quest’ultima rappresenta una vera e propria istituzione paragonabile a quella statale, ma portatrice di una forza condizionante molto più elevata nei confronti della popolazione. Infatti la Chiesa ha da sempre influenzato la società, riuscendo a manipolarne il pensiero e a plasmare le coscienze dei fedeli, i quali si attengono ai dettami e ai principi considerati sacri ed inviolabili. L’importanza della religione è ancora più preminente all’interno di contesti disagiati a causa delle difficoltà economiche o famigliari. In queste realtà la Chiesa rappresenta un punto di riferimento fondamentale e costituisce l’unica strada da intraprendere per sfuggire alla delinquenza, alla violenza e al degrado. Alcuni componenti dell’istituzione religiosa, con particolare riferimento ai preti i quali creano un legame molto stretto e diretto con la comunità, approfittano di questa situazione, abusando della loro autorità attraverso il compimento di condotte disumane, immorali e becere nei confronti di soggetti indifesi e psicologicamente deboli come lo sono i bambini. E’ spiazzante pensare che tali azioni riluttanti vengano giustificate dagli stessi carnefici dietro un’improbabile dimostrazione di affetto e di benevolenza attuata in nome di Dio. Questi abusi inquietanti, spaventosi ed ingiustificabili vengono accettati dalle vittime le quali assumono un atteggiamento di sottomissione e di soggezione nei confronti di persone che non vogliono deludere e che pensano di poter ricompensare e ringraziare per la loro solidarietà accettando le richieste più perverse, schifose e ripugnanti. Di conseguenza si assiste ad un disarmante e dilagante senso di omertà che pervade sia il mondo ecclesiastico che la collettività, la quale non vuole scalfire il ritratto della Chiesa, dubitando della sua purezza, della sua integrità e della sua immacolatezza. All’interno di questo contesto costellato dalla paura, dal timore e dalla manipolazione della verità il grande rischio è quello di vedere sminuiti o ancora peggio insabbiati degli episodi riprovevoli e indignanti. Il tutto spesso viene ridotto ad un evento isolato e sporadico che può essere risolto rimuovendo quella che viene definita una semplice “mela marcia” da eliminare dal cesto. In realtà l’occasionalità dell’episodio non lo rende meno grave o preoccupante. Infatti le conseguenze nei confronti dei destinatari di queste violenze non sono solo fisiche ma soprattutto psicologiche, in quanto le maggiori ripercussioni si manifestano a livello mentale, provocando uno stato di depressione, di sconforto e di auto incolpazione per quanto avvenuto. L’innocenza dei bambini viene violata in tenera età e questo avvenimento inevitabilmente condiziona negativamente l’intera esistenza, conducendo in determinate circostanze al ricorso a gesti estremi a causa dell’incapacità di reagire e di costruire una vita serena e priva di un peso cosi gravoso. Anche i preti stessi, costretti ad attenersi ad un ipocrita voto di castità, nutrono a livello psicologico la necessità infantile di ricercare un contatto fisico e questo senso di debolezza lo esternano nei confronti di soggetti impotenti ed ingenui. Tutto questo sconvolgente quadro viene perfettamente dipinto dai quattro giornalisti che con dedizione, coraggio e perseveranza hanno deciso di fare chiarezza all’interno di una vicenda purtroppo realmente accaduta e per troppo tempo oscurata e sottovalutata. Il giornalismo diventa quindi l’unico strumento utile e necessario per cercare di raccontare la verità obiettiva e, per quanto possibile, priva di pregiudizi o di condizionamenti. Grazie alla sua grande forza divulgativa questo mezzo di comunicazione assume un ruolo fondamentale e alimenta lo spirito critico del popolo. Per creare un sentimento di sdegno e di rigetto negli animi della popolazione è necessario rivelare una realtà priva di qualsiasi tipo di filtro, in modo che ognuno sia in grado di maturare una propria opinione in merito alla vicenda raccontata. Lo spettatore è immerso all’interno dell’inchiesta calandosi perfettamente nei panni dei giornalisti e delle loro difficoltà nel riuscire a comprendere pienamente i risvolti di fatti che hanno sempre rappresentato un tabù mai del tutto sfatato. La forza delle parole e dei racconti dei personaggi coinvolti è più inquietante e toccante di qualsiasi tipo di immagine, proprio come le frasi di inchiostro stampate sopra un foglio di carta, le quali sono tanto distaccate e fredde quanto efficaci e toccanti. Molte sequenze dialogate si caratterizzano per la loro crudezza e per la loro incisività. La ricerca della verità risulta quanto mai complessa nell’ambito di un contesto in cui si tende a manipolare la realtà e a mutarla a proprio piacimento. Gli ostacoli aumentato nel momento in cui gli stessi operatori della legge scendono a compromessi con il mondo ecclesiastico, attraverso il ricorso a reciproci favori e vantaggi. La Chiesa possiede una forza persuasiva talmente considerevole da poter insidiarsi all’interno di molti settori della società incidendo in relazione a molte decisioni soprattutto a livello politico. Quindi per molti risulta controproducente incrinare i rapporti con la Chiesa generando dissensi o incomprensioni, in quanto dovranno sempre essere riconoscenti per i continui benefici ricevuti. Si assiste ad una sorta di meschino e disumano ricatto. Le alte cariche ecclesiastiche cercano di celare ed offuscare tutto quanto per evitare di correre il rischio di perdere il consenso popolare. Per fortuna qualche barlume di umanità sparsa nel mondo è ancora presente e consente di far emergere sensi di colpa e rimorsi di coscienza che conducono all’ammissione di gesti orribili e spaventosi. I protagonisti riescono a trasmettere il senso di inquietudine che li assale ogni volta in cui vengono a conoscenza di dettagli sconcertanti, ma allo stesso tempo devono cercare di mantenere un certo livello di professionalità per non lasciarsi trascinare e sopraffare dalle emozioni. Le storie devono essere raccontate per come sono accadute realmente e non in base alla percezione che ognuno ha di essa. Questa storia doveva assolutamente essere narrata a costo di risultare impopolari o di essere emarginati gradualmente. Il coraggio di queste persone si mescola al loro dovere. Un dovere al quale colpevolmente non avevano adempiuto anni prima quando episodi dello stesso tipo erano stati relegati ai margini ed erano stati trattati all’interno di pochi ed insignificanti articoli privi di rilevanza. Tutto questo avviene in quanto l’obiettivo dei giornali è sempre quello di vendere il maggior numero di copie possibile, preferendo trattare argomenti di minore importanza ma che coinvolgono maggiormente i lettori, piuttosto che affrontare tematiche rilevanti e profonde ma prive di appiglio. Quindi emerge anche una sorta di autocritica che rende i personaggi della vicenda degli esseri umani e in quanto tali propensi a commettere errori. Nessuno viene elevato ad eroe o paladino della giustizia perché il loro lavoro consiste proprio nella divulgazione dell’informazione volta al miglioramento e al cambiamento della società in cui viviamo. La bravura del regista a mio avviso consiste nell’essere riuscito per quanto possibile a non additare il mondo ecclesiastico rischiando di creare pregiudizi troppo generalizzati, ma ricorrendo alla cronaca imparziale che dà voce ai fatti realmente accaduti. Il fenomeno della pedofilia, con particolare riferimento alla Chiesa, è molto più frequente di quanto si possa immaginare e purtroppo ancora oggi rappresenta una problematica di stretta attualità. E’ inevitabile che lo spettatore maturi giudizi negativi e accusatori, ma la pellicola non eccede mai e non crea una forte sensazione di odio nei confronti della Chiesa che, pur coi suoi difetti, è capace di fornire esempi di altruismo e solidarietà sinceri e privi di qualsiasi interesse economico o politico. Il film si caratterizza per la sua brillante sceneggiatura originale, premiata con la statuetta dell’Oscar quest’anno, intrisa di dialoghi profondi, diretti e riflessivi. Lo spettatore è fortemente coinvolto e le parole incisive e taglienti prevalgono sull’azione. La regia è volutamente sobria e lineare. La colonna sonora sottolinea il senso di incertezza e di incredulità che aleggia all’interno della redazione. Tra i difetti del film a mio parere è da ravvisare il fatto che è stato dedicato poco spazio alla caratterizzazione dei personaggi a causa anche del loro vasto numero. Il giornalista Matt Carroll, rispetto agli altri, viene relegato eccessivamente ai margini. Inoltre viene affrontato marginalmente il punto di vista e la prospettiva dei componenti dell’Arcidiocesi di Boston forse per sottolineare maggiormente la loro omertà e la loro volontà di insabbiamento. Sarebbe stato interessante approfondire le loro considerazioni e le loro giustificazioni. Per il resto il film è bello ed incarna perfettamente i canoni del genere del film di inchiesta, effettuando riferimenti anche alla storica pellicola intitolata “Tutti gli uomini del Presidente”. Il film è stato premiato nella recente cerimonia degli Oscar come miglior film grazie anche alla delicatezza dell’argomento trattato. Ottime le interpretazioni attoriali tra i quali spiccano su tutti Mark Ruffalo, candidato al premio Oscar come migliore attore non protagonista, Michael Keaton, Stanley Tucci e Rachel McAdams , candidata come migliore attrice non protagonista. Un film assolutamente da vedere perché coinvolgente e significativo.
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