kronos
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sabato 10 febbraio 2018
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una goduria
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Fantasy, azione, gustose goliardate degne del miglior Tarantino e perfino qualche lacrimuccia ... c'è di tutto nel sorprendente esordio di Mainetti, servito in prima battuta da un'ottima sceneggiatura.
Gli interpreti danno il massimo (Luca Marinelli perfino oltre), il coinvolgimento è costante e il comparto tecnico non risente del piccolo budget disponibile.
Un gioiello che va visto coi sottotitoli impostati, altrimenti lo slang romanesco sussurrato a mezza voce (ultima moda del cinema italico) non lascia scampo.
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contrammiraglio
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martedì 2 gennaio 2018
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anvedi!
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Miglior film italiano degli ultimi 10/15 anni.
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francesca.montaguti
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martedì 10 ottobre 2017
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jeeg robot
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Per quanto non sia un'amante del genere questo film mi è piaciuto molto. Un buon esempio di come il cinema italiano possa produrre risultati interessanti!
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dandy
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domenica 8 ottobre 2017
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er supereroe de noartri.
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Dopo gli interessanti corti "Basette" e "Tiger Boy",il regista esordisce con un progetto tra i più atipici degli ultimi 20 anni(non per niente sono stati innumerevoli i rifiuti di produrlo,prima di ottenere un budget striminzito di nemmeno 2 milioni di euro).In parecchi si aspettavano una mega-trashata,ma il risultato è invece una piacevole sorpresa.Un pò un "Romanzo criminale" con svolta supereroistica.Sebbene faccia più il verso ai blockbusters americani che all'anime di Go Nagai,per i primi tre quarti c'è una cupezza notevole,che nessun regista d'oltreoceano si sarebbe mai sognato di utilizzare in un prodotto di genere.
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Dopo gli interessanti corti "Basette" e "Tiger Boy",il regista esordisce con un progetto tra i più atipici degli ultimi 20 anni(non per niente sono stati innumerevoli i rifiuti di produrlo,prima di ottenere un budget striminzito di nemmeno 2 milioni di euro).In parecchi si aspettavano una mega-trashata,ma il risultato è invece una piacevole sorpresa.Un pò un "Romanzo criminale" con svolta supereroistica.Sebbene faccia più il verso ai blockbusters americani che all'anime di Go Nagai,per i primi tre quarti c'è una cupezza notevole,che nessun regista d'oltreoceano si sarebbe mai sognato di utilizzare in un prodotto di genere.Il protagonista,un perfetto Santamaria,è tutt'altro che il buon nerd alla Peter Parker ben disposto ad usare i suoi nuovi poteri in favore del bene.Piuttosto è una specie di disadattato,asuefatto al porno e incapace di relazionarsi con gli altri(assai sgradevole la sequenza dove "suggella" l'innamoramento di Alessia).E solo perdendo l'unica persona che era riuscito a smuoverlo emotivamente maturerà le "responsabilità che derivano dai superpoteri".Peccato che poi il finale si afflosci notevolmente,cedendo alla spettacolarizzazione del classico scontro tra il buono e il cattivo.Che,dato il budget striminzito,si risolve in maniera frettolosa,e forzata,per non dire fiacca(come se gli sceneggiatori Nicola Guaglianone e il fumettista Menotti avessero esaurito le idee e non avessero più avuto voglia di pensare).Inoltre,troppo poco spazio è dato alle considerazioni nonchè all'interagire dei comuni cittadini col protagonista,che al massimo si limitano a filmare coi cellulari.In definitiva un esperimento azzardato ma ben riuscito,anche se poteva essere un tantino migliore.Molto bravi Ilenia Pastorelli(ex-concorrente del "GF"),e Luca Martinelli(sopra le righe nella giusta misura),criminale ex-cantante a "Buona domenica",fissato con la musica anni'80 e ossessionato dalla popolarità(si filma sempre per postarsi su youtube):anche questo era un aspetto che meritava un approfondimento meno superficiale.Salvatore Esposito(Vincenzo),è protagonista della serie tv "Gomorra".Un buon successo di pubblico(meritato) e ben sette David di Donatello(un pò eccessivi):regista esordiente,produttore,montaggio,attori protagonisti(Santamaria e Pastorelli) e non (Martinelli e Truppo).
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estasimistica
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mercoledì 19 aprile 2017
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jeeg, non è un film per bambini
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Film abbastanza piacevole e scorrevole. Tutte cose già viste ma è buono l'adattamento degli stereotipi alla borgata romana. La sceneggiatura si svela più lentamente nelle parti iniziale e finale. Nonostante qualche scena risulti inverosimile chiudiamo un occhio anzi no, dobbiamo godere appieno della bella fotografia e del montaggio. Gli attori principali sono bravi e calati nei personaggi/ambienti in cui vivono. Bella la scelta delle musiche che danno un tocco retrò quasi stonato.
Come altri commenti, vorrei ribadire ai genitori che scegliessero di vederlo coi figli di ponderare la scelta a causa di scene forse un poco sopra le righe
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diabolik0
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lunedì 3 aprile 2017
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bizzarro
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Grottesca rivisitazione del mito dei supereroi , in salsa nazional-popolare, tra farsa e parodia.Leggo commenti lusinghieri e francamente non capisco.Evidentemente mi sfugge la corretta chiave di lettura del film ,che personalmente non mi entusiasma più di tanto..Lodevoli invece le prove attoriali di Pastorelli, Marinetti e Santamaria.
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orione95
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sabato 1 aprile 2017
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cosa significa essere un eroe?
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Primo, vero "cinecomic" (o "cinefumetto") italiano, "Lo chiamavano Jeeg Robot" rappresenta, tra le altre cose, la (quantomai oggigiorno necessaria) risposta a tutti coloro i quali, disillusi circa le (in realtà) poliedriche capacità del cinema italiano, affermano con acido (e spesso incompetente) sdegno la categoria degli "action movie" essere prerogativa esclusiva della cinematografia statunitense, esclusiva degli studios hollywoodiani.
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Primo, vero "cinecomic" (o "cinefumetto") italiano, "Lo chiamavano Jeeg Robot" rappresenta, tra le altre cose, la (quantomai oggigiorno necessaria) risposta a tutti coloro i quali, disillusi circa le (in realtà) poliedriche capacità del cinema italiano, affermano con acido (e spesso incompetente) sdegno la categoria degli "action movie" essere prerogativa esclusiva della cinematografia statunitense, esclusiva degli studios hollywoodiani.
Ebbene Gabriele Mainetti con questo suo capolavoro (7 David di Donatello senza dubbio alcuno meritati) esordisce nel ruolo di regista con un titolo capace di portare quella così ardentemente desiderata ventata di aria nuova da tanto, troppo tempo avvertita come necessaria nell'ahimè eccessivamente fiacco attuale panorama del cinema italiano.
Enzo Ceccotti è l'archetipo del fallito, la quintessenza dell'ultimo, dimenticato da una società che lo ha relegato ai margini dell'esistenza. La disillusione è la sua caratteristica più marcata, proprio come marcata è la linea di confine che lo separa dalla collettività dei suoi simili: "Io non sono amico di nessuno" è il mantra che insistentemente Enzo ripete a se stesso, come per convincersi che la vita non è altro che una lunga scorribanda, durante la quale bisogna rubare ciò che si può prima che tutto finisca, inevitabilmente, con una pallottola nel petto. E dunque non c'è da stupirsi se il suo primo gesto da rinato supereroe non sia esattamente quello di salvare una vecchina o sgominare una banda di pericolosi malviventi, bensì quello di portarsi a casa un bancomat appena sradicato. Passando oltre la squisita critica pseudo-ambientalista del Mainetti (che trova spazio sotto forma di barili radioattivi che infestano il Tevere), lo spettatore è sin da subito portato a constatare come "Lo chiamavano Jeeg Robot" sia in realtà un film profondamente diverso da qualsiasi altro superhero movie veduto fino a quel momento: il protagonista infatti non ha pressoché nulla del tipico supereroe, e gli incredibili poteri che improvvisamente ottiene non sono ai suoi occhi che un nuovo e più efficace metodo per far soldi delinquendo. Soltanto quando la dolce vicina di casa Alessia entrerà nella sua vita, Enzo capirà davvero qual è il suo ruolo in quella storia e, più in grande, qual è il suo posto nel mondo. Alessia, sin dal momento in cui lo ammira ergersi a suo salvatore, non ha dubbi: Enzo è in realtà il supereroe del suo amato cartone "Jeeg Robot d'acciaio" ed in qualità di eroe non può esimersi dal compiere la sua grande ed impavida missione, "salvare tutti quanti". L'innocenza di Alessia farà infine breccia nel cuore di Enzo, inaridito da una vita di solitudine e delinquenza. La situazione precipita ben presto quando la strada dei due protagonisti si scontra con quella dello "Zingaro", giovane criminale esaltato e violento, a capo di una banda di malavitosi romani, in affari con dei "colleghi" partenopei. Lo "Zingaro", così come viene chiamato dai suoi compagni, è la più fulgida e brutale rappresentazione della megalomania e dell'infinita sete di potere che anima i membri della mala organizzata: un sentimento che cresce insaziabile ogni giorno di più, portando chi ne è vittima a volgersi indistintamente contro nemici e amici, aventi ai suoi occhi il medesimo volto.
Ma "Lo chiamavano Jeeg Robot" è pur sempre un cinecomic, e dunque ecco giungere alla fine il (sicuramente) tanto atteso confronto finale tra Enzo e la sua nemesi (definito da alcuni "il Joker all'italiana"), lo "Zingaro", venuto anch'egli in possesso, qualche scena prima dell'epilogo, degli straordinari poteri del protagonista.
La pellicola si conclude con un primo piano che strizza l'occhio all'epicità squisitamente supereroistica, accompagnando il tutto con un monologo che ci spiega come in realtà essere un eroe significhi soprattutto spendersi totalmente per gli altri senza chiedere o aspettarsi nulla in cambio.
Una grande lezione di cinema (e di filosofa) insomma quella rappresentata dal Mainetti con questo suo "Lo chiamavano Jeeg Robot", eppure il particolare che forse più di tutti monopolizza l'attenzione è la sopraffina qualità della recitazione dei tre attori protagonisti, già perché Claudio Santamaria (Enzo Ceccotti), Ilenia Pastorelli (Alessia) e Luca Marinelli (lo "Zingaro") regalano nel capolavoro del Mainetti la loro più grande e sensazionale performance, gravida di pathos e rilegata da un arcobaleno di emozioni in cui trovano spazio disillusione, coraggio, dolcezza, passione, rabbia e follia.
In conclusione ritengo "Lo chiamavano Jeeg Robot" essere divenuto nuova pietra miliare del cinema italiano del nuovo millennio e, perché no, dell'intero genere cinematografico nel quale si è così prepotentemente (e legittimamente) affermato.
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vepra81
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venerdì 31 marzo 2017
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azione all italiana
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un vero film d'azione italiano. Finalmente arriva da noi un genere diverso dalle classiche commedie. Abituato ai film stranieri doppiati in italiano corrente, in questo film spesso, essendo del nord, ho fatto fatica a capire certi dialoghi. Effetti scenici ben studiati. Unico dubbio e andare allo stadio e non avere all ingresso e nelle vicinanze auto parcheggiate e gente che si sposta. Poco importa film carino guardabile con un suo messaggio.
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no_data
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giovedì 23 marzo 2017
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un piccolo gioiello
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Lo considero uno dei migliori del genere supereroi. I personaggi sono veri, sono di carne, sofferenza e sangue. Ezio (Claudio Santamaria) è un eroe triste, vittima di un destino fatto di miseria e degrado e come Hyroshi, è combattuto con se stesso e con il destino che lo ha catapultato in un'esistenza che lo porta ad essere ancora più diverso nella società che lo ha costretto a delinquere. La forzata situazione in cui si trova a proteggere una ragazza (una bravissima Ilenia Pastorelli) problematica e vulnerabile, lo porta a cambiare e capire cos'è l'amore e pur non riuscendo a salvare la ragazza lei lo esorta a diventare come Jeeg, il supereroe del suo mondo innocente e infantile in cui si ripara dalle brutture e violenze del mondo, e così a salvare se stesso prima, per poi salvare il mondo.
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Lo considero uno dei migliori del genere supereroi. I personaggi sono veri, sono di carne, sofferenza e sangue. Ezio (Claudio Santamaria) è un eroe triste, vittima di un destino fatto di miseria e degrado e come Hyroshi, è combattuto con se stesso e con il destino che lo ha catapultato in un'esistenza che lo porta ad essere ancora più diverso nella società che lo ha costretto a delinquere. La forzata situazione in cui si trova a proteggere una ragazza (una bravissima Ilenia Pastorelli) problematica e vulnerabile, lo porta a cambiare e capire cos'è l'amore e pur non riuscendo a salvare la ragazza lei lo esorta a diventare come Jeeg, il supereroe del suo mondo innocente e infantile in cui si ripara dalle brutture e violenze del mondo, e così a salvare se stesso prima, per poi salvare il mondo. Lo zingaro (un eccezzionale Luca Marinelli) è un vero cattivo che, secondo me, supera tutti gli altri dei patinati hollywoodiani. Il film ad alcuni non piace forse per il mancato lancio dei componenti da parte di Miwa, la presenza ingombrante e paternale del professor shiba e soprattutto per l'assenza della regina Himika e dei mostri alieni e per ultimo, dei combattimenti tra raggi protonici e super magli perforanti. Il film lavora sul lavoro introspettivo dell'eroe e non sulla sua spettacolarizzazione, è vero, reale, crudo e ben lontano dai supereroi Made in Usa lontani anni luce dalla realtà e che guardi con distacco, mentre in questo film la vera potenza sta nel coinvolgerti, nel vivere nella realtà. I poteri non sono patinati, sono sofferti forgiati da lacrime e da paure. Grazie Gabriele Mainetti per questo piccolo gioiello italiano.
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vanessa zarastro
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martedì 21 marzo 2017
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“accattone kid”
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Lo chiamavano Jeeg Robot è un film tra realismo e fantascienza. Da un lato, eredita tutta la tradizione del neorealismo portando sullo schermo la realtà della periferia romana fatta di ladruncoli, di piccoli boss, di sfruttatori di bambini, di spacciatori, di malavita in genere.
Così come fa, a suo modo, la serie Romanzo Criminale di Stefano Sollima (lì è la banda della Magliana), o come facevano i ragazzi di borgata nei film di Pier Paolo Pasolini (l’indimenticabile Accattone).
La tematica del super-eroe (Nembo Kid o Batman che sia) è di impianto classico e piuttosto convenzionale, anche se qui è talmente caricata che viene il dubbio che sia portata volontariamente sotto forma grottesca.
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Lo chiamavano Jeeg Robot è un film tra realismo e fantascienza. Da un lato, eredita tutta la tradizione del neorealismo portando sullo schermo la realtà della periferia romana fatta di ladruncoli, di piccoli boss, di sfruttatori di bambini, di spacciatori, di malavita in genere.
Così come fa, a suo modo, la serie Romanzo Criminale di Stefano Sollima (lì è la banda della Magliana), o come facevano i ragazzi di borgata nei film di Pier Paolo Pasolini (l’indimenticabile Accattone).
La tematica del super-eroe (Nembo Kid o Batman che sia) è di impianto classico e piuttosto convenzionale, anche se qui è talmente caricata che viene il dubbio che sia portata volontariamente sotto forma grottesca.
Sia Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria) sia, più tardi, Fabio Canizzaro detto lo Zingaro (Luca Marinelli) acquistano dei superpoteri cadendo in bidoni di materiale radioattivo nel Tevere. Diventano radioattivi.
Il cattivo e il buono, anzi il cattivissimo e il gigante buono che si innamora di Alessia, una ragazza un po’ strana rimasta orfana.
La città è vista come periferia profonda – le torri di Tor Bella Monaca – gli arei bassi probabilmente di Campino, il Gran Raccordo Anulare, il fiume – oppure il luogo collettivo dello stadio Olimpico dove si gioca il Derby della Capitale. Quello è una sorta di nuovo centro: la solitudine o la folla sono le situazioni urbane.
Lo spettatore vive il film come un videogame. Purtroppo però c’è tanta violenza gratuita che, personalmente, reputo dannosa. Mainetti ha proprio il compiacimento nel mostrare il dettaglio raccapricciante.
Lo chiamavano Jeeg Robot è stato particolarmente osannato dalla critica italiana e superpremiato. Gli attori sono sicuramente bravi anche se per me sono tutti un po’ sopra le righe, specialmente quel Luca Marinelli che tanto è piaciuto, infatti, ha vinto un David di Donatello per il miglior attore non protagonista.
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