Lo chiamavano Jeeg Robot |
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Un film di Gabriele Mainetti.
Con Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Ilenia Pastorelli, Stefano Ambrogi.
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Azione,
Ratings: Kids+13,
durata 112 min.
- Italia 2015.
- Lucky Red
uscita giovedì 25 febbraio 2016.
MYMONETRO
Lo chiamavano Jeeg Robot ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Lo stavamo aspettando da tempo
di GabryKeeganFeedback: 3108 | altri commenti e recensioni di GabryKeegan |
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sabato 5 marzo 2016 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il film di Gabriele Mainetti è una ventata di freschezza nel panorama del cinema italiano. Già dal titolo che fa pensare a B-movie, abbiamo invece una geniale criptocitazione di un cult delle generazioni nate tra gli anni ‘70 e ‘80, “Lo chiamavano Trinità”. Ci voleva l’inventiva di una generazione cresciuta a pane, fumetti e film fantascientifici per ridare luce all’industria cinematografica italiana e proporre qualcosa di nuovo e originale. Originale perché, pur essendo una pellicola su un supereroe, l’Opera di Mainetti, Guaglianone e Menotti non si basa su una persona di sani principi o su un miliardario annoiato che vuole cambiare il mondo. Il protagonista è infatti un’eremita della nostra società contemporanea, che vive mangiando budini, guardando film porno e sopravvivendo grazie alla vendita della merce rubata per qualche decina di euro. Con il potere acquisito, fa quello che farebbero quasi tutti, pensa a se stesso e a come migliorare la propria vita. Sullo sfondo una Tor Bella Monaca che ci riporta sia ai palazzoni di Gomorra che alle dinamiche di Romanzo Criminale-la serie, di cui si riconosce la scapestrata ironia dialettale e il grottesco modo di agire. Proprio l’antagonista principale, interpretato da Marinelli, è il simbolo della delinquenza socialmente più bassa, ma allo stesso pericolosa per la propria ambizione di grandezza. Ex ragazzo prodigio fallito del mondo dello spettacolo come Telespalla Bob dei Simpson, maniaco compulsivo dell’igiene come Gus Fring di Breaking Bad, psicopatico e improvvisatore come Joker di The Dark Knight, ma allo stesso tempo perfetto erede del Dandi di Romanzo Criminale, con la fissa dell’eleganza e la mancanza di scrupoli per ottenere il proprio obiettivo. L’attore è perfetto nella sua interpretazione, dove il viso viene usato in maniera magistrale per rappresentare la pazzia e i cui movimenti rendono al meglio il mix di psicologia da showman e criminale che si intrecciano nei meandri di un cervello malato. Dall’altra parte c’è un antieroe, che da delinquente solitario si ritrova a fare i conti col mondo e a dover venire allo scoperto, in una società fatta di video virali e telecamere sempre accese - uno dei tanti temi trattati dal film - che obbligano a diventare pubblico. Il motivo del suo strano destino glielo permette uno strano scherzo di quest’ultimo: Alessia. L’incontro tra i due è fatale, ma crea un rapporto non convenzionale. Anche qui si nota l’originalità di un’ottima sceneggiatura,magistralmente sorretta da una grande interpretazione degli attori. Santamaria come al solito perfetto, con la sua professionalità (i 20 chili presi per interpretare il ruolo sono degni del suo alter-ego doppiato Christian Bale) e la sua capacità di entrare nel ruolo di cupo, ingenuo ed improvvisato eroe. Un film che ci fa capire che non sempre servono esplosioni e migliaia di effetti speciali per fare un buon film di supereroi, così come la fotografia di Michele D’Attanasio ci fa ancora una volta riscoprire Roma, nella sua sublime bellezza e nella sua bassezza periferica. Con la luce giusta, le inquadrature ben calibrate e un’ottima trama, si può costruire un film in Italia che non ha quasi nulla da invidiare ai colossal americani, se non il budget e le possibilità tecnologiche. Non mancano i colpi di scena, l’azione e soprattutto la speranza che questo piccolo capolavoro sia solo uno dei tanti punti da cui ripartire per tornare a far risplendere la qualità migliore degli italiani: la creatività.
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