ciolo
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lunedì 7 marzo 2016
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un antieroe maliconico
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Un antieroe malinconico che restituisce speranza ad una periferia sempre più degradata e dimenticata dalle istituzioni. Questo è l'humus dove si svolge un'avventuta noir. I personaggi sono tutti ben caratterizzati e rappresentano i sogni le aspirazioni ma anche i problemi e la disperazione delle periferia. L'eroe per caso è un esempio patetico di questo degrado; il divenire super eroe è la speranza che un "qualcosa" o "qualcuno" venga a salvarci dalla deriva dello stato e della società.
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paolo middei
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domenica 6 marzo 2016
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jeeg robot
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che dire....mi ha fatto uno strano effetto avere un super eroe romano...di solito sono sempre stato abituato a quelli americano...comunque un bel film...consigliato...
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slevinkanevra
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domenica 6 marzo 2016
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il film perfetto
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Questo film mi è piaciuto cosi tanto da spingermi a recensirlo, di solito non lo faccio mai, ma volevo dare un mio piccolo contributo affinchè andassero a vederlo altre persone. Anche io ero prevenuto vedendo i trailers prima che uscisse. Credevo che questo film scimmiottasse i supereroi marvel, ma fortunamente mi sbagliavo. La storia ci narra le vicende di un supereroe diverso, metropolitano, che vive in un contesto di degrado sociale e criminale. La sceneggiatura riprende influenze tarantiniane e dei film di Sollima, Suburra su tutti, che rendono il film molto più somigliante ad un crime movie. La vera sorpresa è l'ironia e la comicità di molte scene, che rendono la storia davvero piacevole, come un volersi prendere non troppo sul serio.
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Questo film mi è piaciuto cosi tanto da spingermi a recensirlo, di solito non lo faccio mai, ma volevo dare un mio piccolo contributo affinchè andassero a vederlo altre persone. Anche io ero prevenuto vedendo i trailers prima che uscisse. Credevo che questo film scimmiottasse i supereroi marvel, ma fortunamente mi sbagliavo. La storia ci narra le vicende di un supereroe diverso, metropolitano, che vive in un contesto di degrado sociale e criminale. La sceneggiatura riprende influenze tarantiniane e dei film di Sollima, Suburra su tutti, che rendono il film molto più somigliante ad un crime movie. La vera sorpresa è l'ironia e la comicità di molte scene, che rendono la storia davvero piacevole, come un volersi prendere non troppo sul serio. Notevole il contributo degli attori, soprattutto i non potragonisti, che non conoscevo, hanno avuto un'interpretazione incredibile. In sintesi il film diverte ed emoziona. Impossibile non farsi coinvolgere. Complimenti, spero si facciano altri film della stessa qualità, invece delle solite commediucce.
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luca cinemaniacs
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domenica 6 marzo 2016
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l'italia c'è ancora e questo film lo dimostra
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Lo chiamavano Jeeg Robot è uno di quei film che mi ha reso contento di essere andato al cinema a vederlo, contento di essere andato a spenderli quei soldi per il biglietto e soprattutto orgoglioso di poter amare il cinema italiano.
L'italia deve ripartire da film come questo. Per certi aspetti semplice e umile per altri ricercato e profondo. Un film che vuole raccontare una storia e lo sa fare con i contro cazzi.
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Lo chiamavano Jeeg Robot è uno di quei film che mi ha reso contento di essere andato al cinema a vederlo, contento di essere andato a spenderli quei soldi per il biglietto e soprattutto orgoglioso di poter amare il cinema italiano.
L'italia deve ripartire da film come questo. Per certi aspetti semplice e umile per altri ricercato e profondo. Un film che vuole raccontare una storia e lo sa fare con i contro cazzi. Sa farti sorridere dove serve sorridere e sa farti emozionare dove devi emozionarti.
Dopo Il ragazzo invisibile di Salvatores, posso affermare che anche l'italia ha messo piede nel mondo del fantascientifico, dei supereroi, ma con una marcia in più rispetto ai soliti filmoni americani.
Se proprio vogliano trovare il pelo nell'uovo possiamo citare gli effetti speciali. Attenzione intendiamoci: con questo non intendo dire che la CGI dei filmoni americani sia il corrispettivo della bellezza. Parlo solo di una qualità leggermente superiore che rende il tutto più fluido. In ogni caso '' Lo chiamavano Jeeg Robot'' non è, e non vuole essere, quel film in stile Marvel. Vuole mostrare cioè che raramente ci riusciamo a trovare. Lo sporco della società, ( espresso anche dal forte accento romani) la criminalità ma allo stesso tempo un cerca ironia.
Vi sconsiglio di portare bambini a questo spettacolo ma vi prego di andare a vedere questo film perchè merita tantissimo. A mio avviso uno dei più bei e piacevoli film italiani ( e anche non) degli ultimi 10 anni.
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muttley72
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domenica 6 marzo 2016
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un supereroe... a tor bella monaca
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Film che in un linguaggio molto "Pulp", ma di borgata "nostrana", narra la vicenda di un solitario e taciturno ladro di Tor bella Monaca trasformato da una sostanza radioattiva presente nel Tevere (in cui è costretto a immergersi) in Supereroe forzuto e resistente agli urti /cadute. Egli viene creduto "Jeeg Robot" da una condomina, una ragazza con problemi psichici (che a casa vede solo il celebre cartone animato giapponese) e si scontrerà con un delinquente a capo di una banda locale. Il film, "gioca" volutamente con le tipiche storie dei supereroi americani dei fumetti che, trasposte in ambiente romano, già provocano (....per i romani che vedono il film) qualche reazione di ilarità (per i luoghi ed i modi di parlare dialettali) per poi introdurre anche l'elemento romantico ed anche "etico" (il supereroe rozzo ed ai margini della società che deve diventare buono ed aiutare gli altri), elementi tutti presenti anche nei fumetti statunitensi originali.
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Film che in un linguaggio molto "Pulp", ma di borgata "nostrana", narra la vicenda di un solitario e taciturno ladro di Tor bella Monaca trasformato da una sostanza radioattiva presente nel Tevere (in cui è costretto a immergersi) in Supereroe forzuto e resistente agli urti /cadute. Egli viene creduto "Jeeg Robot" da una condomina, una ragazza con problemi psichici (che a casa vede solo il celebre cartone animato giapponese) e si scontrerà con un delinquente a capo di una banda locale. Il film, "gioca" volutamente con le tipiche storie dei supereroi americani dei fumetti che, trasposte in ambiente romano, già provocano (....per i romani che vedono il film) qualche reazione di ilarità (per i luoghi ed i modi di parlare dialettali) per poi introdurre anche l'elemento romantico ed anche "etico" (il supereroe rozzo ed ai margini della società che deve diventare buono ed aiutare gli altri), elementi tutti presenti anche nei fumetti statunitensi originali.
Non ci sono quindi "colpi di scena" nella trama che segue (almeno negli elementi essenziali) una storia che potremmo definire tipica dei fumetti made in USA. Sono i luoghi a cambiare (lo stadio Olimpico col derby, le strade di Roma, i centri commerciali della Capitale, ecc)
Claudio Santamaria deve recitare parlando poco, perché il suo personaggio è un taciturno e solitario inquilino di un palazzine di periferia (che mangia solo yogurt e vede film porno), Ilenia Pastorelli deve immedesimarsi nel modo di parlare e di muoversi tipico delle ragazze "Zore" di periferia romana (...e ci riesce a pieni voti), Luca Marinelli è forse il migliore attore del film, perché il suo "Joker all'amatriciana" è un personaggio molto "sopra le righe" e si vede che l'attore si trova totalmente a suo agio nell'imitare, con le dovute distanze, Heath Ledger (il miglior Joker della serie cinematografica Batman).
Come va valutato il film? ....Per quello che realmente è...la trasposizione di un film di supereroi a Roma, girato in modo più che sufficiente (con qualche "strizzata d'occhio" allo "stile Usa", come nella scena finale con il Colosseo di notte inquadrato da lontano e poi avvicinato dalla telecamera fino a far vedere in cima ad esso il nostro eroe romano...). Gli attori non sfigurano, perché devono recitare nei panni dei borgatari, non di cittadini americani o di lord inglesi...Tre stelle è il mio voto per un film che ha nella sua "particolarità" il suo forte. Si può vedere con soddisfazione se si conosce e si apprezza il particolare genere, che per la verità .......è ben dichiarato sull'etichetta ....
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mauridal
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domenica 6 marzo 2016
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forza jeeg, popeye e' con te
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Lo chiamavano Jeeg Robot
Un film di Gabriele Mainetti , Italia 2015
A volte , quando una maschera, un fumetto, un personaggio del cinema, viene assimilato, digerito, e quindi introietteto, da parte di chi lo , insegue per tutto il tempo che ha disponibile , e nel caso dei giovani della periferia di grandi metropoli, il tempo è molto ,tanto tempo libero per deprivazione e disoccupazione , per mancanza di riferimenti sociali e culturali, allora il personaggio, ilfumetto diventa reale , si sostituisce all'identità di chi ,originariamente ne era solo spettatore, e quindi tutta la realtà vissuta ne esce distorta anzi si cerca di farla aderire all'immagine fantasiosa che nella mente dei soggetti più deboli si forma e si consolida tanto da sostituirsi alla realtà stessa E' Questo il caso di Ceccotti Enzo che finirà dopo una serie di vicende col credere di essere davvero Jeeg Robot .
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Lo chiamavano Jeeg Robot
Un film di Gabriele Mainetti , Italia 2015
A volte , quando una maschera, un fumetto, un personaggio del cinema, viene assimilato, digerito, e quindi introietteto, da parte di chi lo , insegue per tutto il tempo che ha disponibile , e nel caso dei giovani della periferia di grandi metropoli, il tempo è molto ,tanto tempo libero per deprivazione e disoccupazione , per mancanza di riferimenti sociali e culturali, allora il personaggio, ilfumetto diventa reale , si sostituisce all'identità di chi ,originariamente ne era solo spettatore, e quindi tutta la realtà vissuta ne esce distorta anzi si cerca di farla aderire all'immagine fantasiosa che nella mente dei soggetti più deboli si forma e si consolida tanto da sostituirsi alla realtà stessa E' Questo il caso di Ceccotti Enzo che finirà dopo una serie di vicende col credere di essere davvero Jeeg Robot . Nel cinema altri film hanno affrontato l'argomento. Reality, di Garrone, a suo modo anche Her con il suo confine debole tra la ragione e la follia, ma entrambi però, danno ragione a HiroshiSuperhero alias Enzo Ceccotti, alias Claudio Santamaria che come il suo antesignano Lèon è privo di qualunque senso morale e di ragionevolezza e non può giustificare le azioni, sconsiderate come le invenzioni di un cartoon di super eroi come l'uomo tigre o jeeg robot o altri .Ma Il tratto ironico e incosapevolmente comico di Jeeg - Ceccotti, ricorda per chi quegli anni li ha vissuti, le gesta di Dorellik antieroe che pure casca senza farsi male. Ma qui la drammaticità della borgata di Tor Bella Monica impone una serie di scelte, e quella dei super poteri che il nostro Hero acquisisce dopo un tuffo nel biondo Tevere pieno di liquami radioattivi, è veramente geniale. Il povero super Hero è proprio scalognato, ma nulla lo fermerà
soprattutto dopo l'incontro con la vera eroina , Alessia ,l'ottima Ilenia Pastorelli , non nel senso tossicologico, bensì come ragazza semicosciente ma principessa del bene che darà senso e credibilità al Ceccotti Jeeg che da ladruncolo vorrà sfruttare i super poteri trasteverini per salvare Roma e i romani da una non meglio identificata alleanza GomoSuburra, che vorrà dominare sulla Roma Capitale. E qui entra in gioco il vero , autentico AntiHero, nei panni di Luca Marinelli/ er zingaro che non ha bisogno di calarsi nella parte, è di suo lo sguardo e l'aspetto luciferino di perdente della mala ma che a tutti i costi vuole sfidare, per riscattsrsi, dice , il potente eroe buono Ceccotti Enzo in arte Jeeg Robot. Insomma un bel casino tra personaggi che raccontati dal regista sembrano realistici ma al contempo agli occhi dello spettatore devono apparire cartoons, Dunque un confine labile tra livelli narrativi differenti, e forse questa la vera novità del film , si entra e si esce dal livello rappresentativo realistico delle borgate , per entrare ed uscire nel mondo fumettaro dei personaggi . Per il sottofondo malavitoso della Roma Capitale si sviluppa una intuizione di Caligari regista del film “non essere cattivo” di cui Marinelli è tramite . Una alleanza Gomorra -Suburra che in realtà non si è realizzata per evidenti differenze antropologiche. Lo Stadio Olimpico teatro di guerre con morti e feriti tra tifoserie armate ne rappresenta l'esito. Il film si conclude con un duello tra un buono Ceccotti diventato un vero super Jeeg Robot contro un cattivo Zingaro che nel frattempo è diventato un drag Queen vendicativo anch'egli dotatato dei super poteri dopo un necessario tuffo – bagno nel miracoloso Tiber radioattivo. Finale si direbbe sconbicchierato ma ci sta, nel contesto cartoonesco. La lotta tra i due avrà l'esito scontato del trionfo di un fumetto su una triste realtà, lo stadio è salvo, la partita continua.
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gabrykeegan
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sabato 5 marzo 2016
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lo stavamo aspettando da tempo
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Il film di Gabriele Mainetti è una ventata di freschezza nel panorama del cinema italiano. Già dal titolo che fa pensare a B-movie, abbiamo invece una geniale criptocitazione di un cult delle generazioni nate tra gli anni ‘70 e ‘80, “Lo chiamavano Trinità”.
Ci voleva l’inventiva di una generazione cresciuta a pane, fumetti e film fantascientifici per ridare luce all’industria cinematografica italiana e proporre qualcosa di nuovo e originale.
Originale perché, pur essendo una pellicola su un supereroe, l’Opera di Mainetti, Guaglianone e Menotti non si basa su una persona di sani principi o su un miliardario annoiato che vuole cambiare il mondo.
Il protagonista è infatti un’eremita della nostra società contemporanea, che vive mangiando budini, guardando film porno e sopravvivendo grazie alla vendita della merce rubata per qualche decina di euro.
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Il film di Gabriele Mainetti è una ventata di freschezza nel panorama del cinema italiano. Già dal titolo che fa pensare a B-movie, abbiamo invece una geniale criptocitazione di un cult delle generazioni nate tra gli anni ‘70 e ‘80, “Lo chiamavano Trinità”.
Ci voleva l’inventiva di una generazione cresciuta a pane, fumetti e film fantascientifici per ridare luce all’industria cinematografica italiana e proporre qualcosa di nuovo e originale.
Originale perché, pur essendo una pellicola su un supereroe, l’Opera di Mainetti, Guaglianone e Menotti non si basa su una persona di sani principi o su un miliardario annoiato che vuole cambiare il mondo.
Il protagonista è infatti un’eremita della nostra società contemporanea, che vive mangiando budini, guardando film porno e sopravvivendo grazie alla vendita della merce rubata per qualche decina di euro.
Con il potere acquisito, fa quello che farebbero quasi tutti, pensa a se stesso e a come migliorare la propria vita.
Sullo sfondo una Tor Bella Monaca che ci riporta sia ai palazzoni di Gomorra che alle dinamiche di Romanzo Criminale-la serie, di cui si riconosce la scapestrata ironia dialettale e il grottesco modo di agire. Proprio l’antagonista principale, interpretato da Marinelli, è il simbolo della delinquenza socialmente più bassa, ma allo stesso pericolosa per la propria ambizione di grandezza. Ex ragazzo prodigio fallito del mondo dello spettacolo come Telespalla Bob dei Simpson, maniaco compulsivo dell’igiene come Gus Fring di Breaking Bad, psicopatico e improvvisatore come Joker di The Dark Knight, ma allo stesso tempo perfetto erede del Dandi di Romanzo Criminale, con la fissa dell’eleganza e la mancanza di scrupoli per ottenere il proprio obiettivo. L’attore è perfetto nella sua interpretazione, dove il viso viene usato in maniera magistrale per rappresentare la pazzia e i cui movimenti rendono al meglio il mix di psicologia da showman e criminale che si intrecciano nei meandri di un cervello malato.
Dall’altra parte c’è un antieroe, che da delinquente solitario si ritrova a fare i conti col mondo e a dover venire allo scoperto, in una società fatta di video virali e telecamere sempre accese - uno dei tanti temi trattati dal film - che obbligano a diventare pubblico.
Il motivo del suo strano destino glielo permette uno strano scherzo di quest’ultimo: Alessia.
L’incontro tra i due è fatale, ma crea un rapporto non convenzionale. Anche qui si nota l’originalità di un’ottima sceneggiatura,magistralmente sorretta da una grande interpretazione degli attori.
Santamaria come al solito perfetto, con la sua professionalità (i 20 chili presi per interpretare il ruolo sono degni del suo alter-ego doppiato Christian Bale) e la sua capacità di entrare nel ruolo di cupo, ingenuo ed improvvisato eroe.
Un film che ci fa capire che non sempre servono esplosioni e migliaia di effetti speciali per fare un buon film di supereroi, così come la fotografia di Michele D’Attanasio ci fa ancora una volta riscoprire Roma, nella sua sublime bellezza e nella sua bassezza periferica.
Con la luce giusta, le inquadrature ben calibrate e un’ottima trama, si può costruire un film in Italia che non ha quasi nulla da invidiare ai colossal americani, se non il budget e le possibilità tecnologiche.
Non mancano i colpi di scena, l’azione e soprattutto la speranza che questo piccolo capolavoro sia solo uno dei tanti punti da cui ripartire per tornare a far risplendere la qualità migliore degli italiani: la creatività.
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raffiraffi
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sabato 5 marzo 2016
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la cultura popolare grande ricchezza di roma
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Un film autenticamente figlio dell’eredità neorealista nello sguardo interiore, nel linguaggio iconografico, nei contenuti politici.
Nell’immaginario collettivo (dei romani senza dubbio) Roma non è territorio del pensiero borghese (come alcuni celeberrimi film italiani degli ultimi decenni, in fondo in fondo, vorrebbero che fosse!). La città eterna è soprattutto il luogo in cui il pensiero popolare si afferma su tutto il resto, autodeterminato a non lasciarsi schiacciare dalla vita, violento quando privato (senza avere opzione di scelta se non subire) dell’istruzione e del lavoro (la criminalità non si genera e prolifera su questi capisaldi?), sempre generoso verso una società che dopo averlo manipolato e abusato lo guarda con disprezzo, ma soprattutto disposto a continuare a sognare (l’amore e una vita migliore) e pronto, laddove sia messo in condizione di farlo, ad avere un ruolo positivo all’interno della società civile.
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Un film autenticamente figlio dell’eredità neorealista nello sguardo interiore, nel linguaggio iconografico, nei contenuti politici.
Nell’immaginario collettivo (dei romani senza dubbio) Roma non è territorio del pensiero borghese (come alcuni celeberrimi film italiani degli ultimi decenni, in fondo in fondo, vorrebbero che fosse!). La città eterna è soprattutto il luogo in cui il pensiero popolare si afferma su tutto il resto, autodeterminato a non lasciarsi schiacciare dalla vita, violento quando privato (senza avere opzione di scelta se non subire) dell’istruzione e del lavoro (la criminalità non si genera e prolifera su questi capisaldi?), sempre generoso verso una società che dopo averlo manipolato e abusato lo guarda con disprezzo, ma soprattutto disposto a continuare a sognare (l’amore e una vita migliore) e pronto, laddove sia messo in condizione di farlo, ad avere un ruolo positivo all’interno della società civile. Nato durante il fallimento imperiale di trasformare gli ideali repubblicani, il pensiero popolare romano è sopravvissuto e sopravvive a qualsiasi forma di condizionamento di potere, mantenendo intatto il fascino dell’autenticità. La borgata (negli occhi del regista bellissima e trasfigurata come negli interni domestici degli artisti post-moderni), è lo spazio urbano che custodisce, preserva e tramanda questa ricchezza: il borgataro Enzo un eroe soprattutto perché, nonostante privo del nutrimento culturale del quale ignora l’esistenza (s’intravede il fallimento della scuola ormai incapace di creare mobilità sociale come negli anni del boom economico italiano), mantiene l’incanto verso la vita (non quello nostalgico e retorico, ma quello più che lo rende più umano) e continua a credere nell’amore. Enzo e Alessia guardano alla televisione e al cinema come uno strumento di self-education: la ragazza riconosce e si affida istintivamente all’esotismo di quel mondo giapponese così distante per munirsi di un’autorevolezza della quale non comprende appieno il significato (e comunque sedotta dalla raffinatezza della cultura giapponese, perché pronta a cogliere anche un bagliore di quel privilegio), alla ricerca di figure che possano difenderla e proteggere dai mostri che la vita ha messo sul suo cammino. Il suo personaggio è semplicemente incantevole e commovente, un femminile profondo aperto verso il mondo fino all’ultimo respiro (“aiutali tutti”, suggerisce a Jeeg). Lui rifugia la propria inadeguatezza nel porno, incapace di prendere contatto con il corpo femminile e con quello sociale nella maniera più giusta, la televisione un seno materno che placa le paure e il vuoto, lo yoghurt alla vaniglia un cibo infantile di felicità. Intorno a loro una comunità criminale senza scrupoli (che spesso si interroga sulle proprie aspirazioni e sulla possibilità di rinunciarvi, accettando lo stato dei fatti come l’unica realtà possibile), priva di sogni (a parte quello voyeuristico di riprendersi con il cellulare o di credere illusoriamente che l’acquisizione di un ruolo sia apparire in tv, a prescindere dalle proprie azioni e dalle proprie scelte, trend socio-culturale perfettamente aderente agli ultimi trenta anni) e violenta. Ma alla fine della storia, sono le scelte personali dell’individuo quelle che lo rendono una persona degna di essere chiamata “essere umano”: Jeeg decide di usare i propri poteri per aiutare gli altri, senza volerlo dando una lezione morale alla società. Le mura del Colosseo come i tetti di Gotham e forse anche di più se permettono a Enzo di osservare Roma e la storia con occhi nuovi. Un cast straordinario, un’attrice sublime, un attore destinato a diventare un gigante del cinema, un regista coraggioso (e quando si inizia con un capolavoro il lavoro che ti aspetta non è in discesa, ma tutto in salita perché il pubblico vorrà da te sempre un altro capolavoro).
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andrefune81
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sabato 5 marzo 2016
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film coraggioso e molto molto bello.
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Do 5 stelle perché un film così era difficilissimo pensarlo. Un supereroe tutto italiano, piú credibile, piú bello e piú vero dei supereroi di plastica hollywoodiani. La storia sviluppata bene, mai banale così come non sono banali i personaggi, interessanti dal primo all'ultimo. Sullo sfondo uno squarcio significativo e penetrante del degrado delle periferie ma anche di come amore, tenerezza, sensibilità e forza appartengano indistintamente a questo mondo . La colonna sonora altrettanto emozionante e assolutamente riuscita. Magistrale l'incastro con il cartone animato , i tempi delle scene e dell'azione. Un film coraggioso, che era facilissimo far venire una "cagata" e invece no, bello molto bello.
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Do 5 stelle perché un film così era difficilissimo pensarlo. Un supereroe tutto italiano, piú credibile, piú bello e piú vero dei supereroi di plastica hollywoodiani. La storia sviluppata bene, mai banale così come non sono banali i personaggi, interessanti dal primo all'ultimo. Sullo sfondo uno squarcio significativo e penetrante del degrado delle periferie ma anche di come amore, tenerezza, sensibilità e forza appartengano indistintamente a questo mondo . La colonna sonora altrettanto emozionante e assolutamente riuscita. Magistrale l'incastro con il cartone animato , i tempi delle scene e dell'azione. Un film coraggioso, che era facilissimo far venire una "cagata" e invece no, bello molto bello. Spero davvero sia premiato dagli incassi :-)
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mauro
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venerdì 4 marzo 2016
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delusione, un accozzaglia di riferimenti
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convinto da alcuni commenti mi sono deciso di vedere questo film e purtroppo, devo ammettere che ho fatto un errore.
Il film e' il risultato di un collage banale di riferimenti cinematografici, la trama e' veramente povera, le ambientazioni sono elementari, a volte sembra
di assistere ad un corto per gare fra principianti.
L'unica attrazione oggettiva del film e' "Jeeg Robot", due parole che cmq riechiamano vecchi eroi infantili;
se il film si fosse chiamato " lo chiamavano er Manzo" o "..er Piotta", non se lo filava proprio nessuno.
Questa e' la mia opinione
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