Big Eyes

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Un film di Tim Burton. Con Amy Adams, Christoph Waltz, Danny Huston, Krysten Ritter, Jason Schwartzman.
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Biografico, Ratings: Kids+13, durata 106 min. - USA 2014. - Lucky Red uscita giovedì 1 gennaio 2015. MYMONETRO Big Eyes * * * - - valutazione media: 3,18 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Un Burton non originale Valutazione 3 stelle su cinque

di Ilpoponzimo


Feedback: 515 | altri commenti e recensioni di Ilpoponzimo
sabato 10 gennaio 2015

Recensione Big Eyes:
- Ci troviamo di fronte a un’opera straordinariamente simbolica e meta testuale che ci permette di analizzare strutture sociologiche di notevole spessore ancor prima di dover imbatterci in critiche di tipo prettamente cinematografiche. Ci troviamo di fronte a un film che non esiste di per sé. Un film che non può essere preso in considerazione separandolo dalle dinamiche del suo compimento. Non esiste Big Eyes senza Tim Burton. In che senso?Immaginiamo due amici che si ritrovano al cinema a vedere questo film. Uno che si è ritrovato li perche un’altra sera a casa a fare zapping tra Rai 5 e il canale video di RTL non l’avrebbe sopportata, e l’altro che il film lo sta aspettando da due anni e che dorme tutte le notti con una gigantografia di Tim Burton in scala 1:1. Alla fine del film uno dei due uscirà dalla sala visibilmente felice,mentre l’altro avrà il viso visibilmente corrucciato neanche avesse ricevuto la notizia che qualcuno ha mangiato la sua porzione di lasagne che aveva conservato per la cena. Indovinate quale dei due è quello contento? Il quesito può sembrare irrisolvibile,eppure una risposta c’è eccome. Tutti coloro che amano Burton si aspettavano qualcosa di completamente diverso e molti sono rimasti delusi. Ma molti di coloro che non entravano in sala con la pretesa di vedere un film di uno degli autori più controversi e esteticamente più complessi degli ultimi 30 anni hanno apprezzato molto ciò che hanno visto. Da qui la domanda…..cosa è che qualifica realmente un film, o un opera d’arte in generale. L’essenza e la fattezza stessa dell’opera o tutto ciò che la circonda? Ogni prodotto viene qualificato in base a un sistema di paragoni che estrapola il contenuto stesso di essa e lo assoggetta a una serie di dinamiche che non hanno nulla a che fare con il prodotto stesso. Quindi Big Eyes è un film bellissimo,meraviglioso e visivamente magnifico,se fosse stato fatto da qualunque altro regista. Ma semplicemente non è un Burton originale. Il regista lo si vede solo nei dettagli. Nelle luci e negli sfondi. Nell’istrionismo di Christopher Waltz che domina ogni scena fino all’esasperazione. In quei grandi occhi che nei quadri come nelle opere del regista stesso ci mostrano il lato più umano di noi e del suo cinema. Nel viso,perfetto,di Amy Adams che vive la sofferenza e l’isolamento che è stato da sempre al centro della poetica Burtoniana. Nelle sognanti musiche dell’eterno amico Danny Elfman che nonostante gli anni riesce sempre a non deludere. Ma manca quasi il cuore dietro tutto questo. Manca quel tipico colore che ha sempre contraddistinto la rinomata atmosfera gotica del regista. Manca la sfacciata ironia che spezzava cardini e divorava convenzioni sociali. Manca la cattiveria e il modo in cui l’autore solitamente si poneva contro tutto e tutti. Manca la grinta. Ma il film c’è. E corre. Corre come un treno,sostenuto da una sceneggiatura lineare che ci mostra l’evolversi della vita della nostra protagonista e del suo rapporto con il suo nuovo marito fedifrago. Non si fa mancare nemmeno il virtuosismo tecnico che arricchisce i movimenti d’immagine con l’esperienza che raramente Burton ha mostrato essere di questo livello. I personaggi si muovono all’interno delle inquadrature con una sapienza che quasi dà alla testa spezzando quasi il confine tra realtà e finzione. Infatti nell’essenza la storia in scena tocca quasi quella fuori dallo schermo,nella quale un uomo firma un’opera nella quale non sembra esserci lui. Come se qualcuno avesse fatto un film con il suo nome,senza essere Tim Burton. Ma come alla fine della pellicola il mondo scopre di chi sono realmente quelle opere,egli si mostra in tutto se stesso e ci fa capire che lui è li. La sua firma è li,nascosta sotto le apparenze. E come un grande artista,reinventa se stesso. Pone se stesso e le sue opere al centro di un dibattito artistico e come in una battuta del film ci mostra il suo “nuovo periodo”. Un nuovo modo di fare cinema. Un nuovo modo di esprimersi. Più pulito,più sobrio,meno eccentrico e rivoluzionario,ma più mirato,elegante e forse anche più efficace. Forse è un Burton più maturo che ha smesso di disegnare semplicemente con la sua stupenda fantasia,ma che ha appreso nuove consapevolezze e forse non susciterà più la meraviglia come una volta,ma che di certo è in grado di utilizzare una più grande varietà di elementi per acquisire esperienza e elevarla a qualcosa di più alto. Forse negli ultimi anni avevamo intravisto questa metamorfosi nei suoi ultimi lavori,nei quali le vecchie idee venivano spremute con quasi fastidiosa ossessività fino a diventare stantie e prive d’efficacia. Ma alla fine qual è la risposta? Cosa rende un film veramente bello? Di certo si vive per aspettarsi sempre il meglio da artisti come Tim Burton,ma io sono dell’idea che l’evolversi sia sempre un grande passo in avanti. E preferisco di gran lunga andare a vedere un film che riesca a spiazzarmi e non che mi dia esattamente ciò che mi aspetto. Forse sta proprio lì l’estrema genialità. Ancora una volta ci ha sorpresi. Ancora una volta ha preso tutte le nostre convinzioni,le ha destrutturate e ce le ha ritorte contro. Ancora una volta non è stato banale. Ancora una volta è stato Tim Burton,pur non essendo Tim Burton. Ancora una volta ci ha detto di guardare oltre. Oltre tutto quello che la società sembra volerci dire sia giusto o sbagliato, vero o falso. Oltre quel velo che ci dice chi sia il pittore. Oltre quel velo c’è la verità. C’è un vero pittore di emozioni che ha deciso ancora una volta di dirci la verità e di mostrarci che la vera opera d’arte va aldilà del proprio artista. Sta nel concetto, in ciò che esprime allo spettatore e in quel momento in cui ci si sente veramente parte di un mondo in cui l’arte ci dice veramente chi siamo.

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