luca scialo
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mercoledì 18 novembre 2020
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l'arte come riscatto femminile in un'epoca maschilista
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Tim Burton porta alla luce, con uno stile meno pomposo e più pacato (anche negli effetti speciali, a parte qualche occhio gigantesco visto dalla protagonista), una storia poco nota ai più. Quella di Margareth Ulbrich, che negli anni '50 si separa dal marito, restando sola con la propria figlia e la propria bravura a dipingere volti con grandi occhi. Mentre dipinge da street painter qual è, viene avvicinata da un altro pittore. Molto attratto dal suo garbo e dai suoi volti particolari. Mentre lui ama dipingere usuali vicoletti di Parigi. Il suo nome è Walter Keane, che dice di aver vissuto a Parigi per diversi anni, studiando anche arte. Mostrando anche un certo stile francese. Walter riesce a sedurre col suo savoir faire Margareth e la spinge ad esporre i suoi dipinti.
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Tim Burton porta alla luce, con uno stile meno pomposo e più pacato (anche negli effetti speciali, a parte qualche occhio gigantesco visto dalla protagonista), una storia poco nota ai più. Quella di Margareth Ulbrich, che negli anni '50 si separa dal marito, restando sola con la propria figlia e la propria bravura a dipingere volti con grandi occhi. Mentre dipinge da street painter qual è, viene avvicinata da un altro pittore. Molto attratto dal suo garbo e dai suoi volti particolari. Mentre lui ama dipingere usuali vicoletti di Parigi. Il suo nome è Walter Keane, che dice di aver vissuto a Parigi per diversi anni, studiando anche arte. Mostrando anche un certo stile francese. Walter riesce a sedurre col suo savoir faire Margareth e la spinge ad esporre i suoi dipinti. Tuttavia, essendo lei timida e poco incline al marketing, dice di essere lui l'autore. Il successo dei dipinti è straordinario, un mix tra la bravura nel vendere di lui e quella di dipingere di lei. Tuttavia, come sempre, la verità viene a galla. E tra i due inizia una sorta di guerra dei Roses. Il film scorre in modo piacevole, in un crescendo di verità che emerge. Proprio come un dipinto sotto i colpi leggiadri di un pittore. Una storia realmente accaduta, dove l'arte ha riscattato una donna in una società ancora maschilista e alla vigilia del Sessantotto.
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fabio 3121
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domenica 24 maggio 2020
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i colori di tim burton.
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il film è basato sulla vera storia di Margareth Ulbrich (Amy Adams) pittrice, separata con una figlia piccola di nome Jane, i cui quadri raffiguravano sempre delle bambine con occhi molto grandi e sproporzionati rispetto al viso; in alcuni quadri il soggetto era proprio la figlia. Giunta a San Fransisco conosce un agente immobiliare con l'hobby della pittura Walter Keane (Christoph Waltz) che ben presto sposerà. Da quel momento in poi la pittrice firmerà i suoi quadri con il nome "Keane" e il marito si approprierà la paternità dei suoi dipinti fino ad allestire una vera e propria galleria. La situazione familiare però precipiterà in una grossa crisi di coppia che porterà Margareth a citare in giudizio il marito dinanzi al Tribunale delle Hawai per stabilire chi fosse il vero autore dei quadri dai grandi occhi.
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il film è basato sulla vera storia di Margareth Ulbrich (Amy Adams) pittrice, separata con una figlia piccola di nome Jane, i cui quadri raffiguravano sempre delle bambine con occhi molto grandi e sproporzionati rispetto al viso; in alcuni quadri il soggetto era proprio la figlia. Giunta a San Fransisco conosce un agente immobiliare con l'hobby della pittura Walter Keane (Christoph Waltz) che ben presto sposerà. Da quel momento in poi la pittrice firmerà i suoi quadri con il nome "Keane" e il marito si approprierà la paternità dei suoi dipinti fino ad allestire una vera e propria galleria. La situazione familiare però precipiterà in una grossa crisi di coppia che porterà Margareth a citare in giudizio il marito dinanzi al Tribunale delle Hawai per stabilire chi fosse il vero autore dei quadri dai grandi occhi. Questa pellicola ha il pregio di portare a conoscenza una storia davvero particolare e viene rappresentata molto bene dal regista sia con i costumi e la scenografia dell'epoca sia con una fotografia piena di luce e di colori (novità assoluta per Tim Burton regista dark per eccellenza). Devo dire che la prima parte del film l'ho trovata davvero interessante e montata con il ritmo giusto (simpatico l'episodio del quadro spaccato in testa al proprietario di in locale con fotografia apparsa poi su tutti i giornali). La seconda parte del film risulta invece più lenta e si riscatta sono con il processo finale. Amy Adams è molto brava nell'esprimere lo stato d'animo triste e insoddisfatto di un'artista che vede ingiustamente attribuito il successo al marito 'truffatore d'arte". Non mi è proprio piaciuta invece l'interpretazione di Christoph Waltz Waltz caratterizzata sempre da un sorriso forzato in tutte le scene che diventa quindi fastidioso fino alla farsa del processo nella sua doppia veste di imputato/avvocato. Da Tim Burton mi aspettavo in ogbi caso di più perché in sostanza il film scorre via fino alla fine senza sussulti ed emozioni particolari, restando quindi appena sufficiente.
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lorenzodv
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mercoledì 18 marzo 2020
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una bella storia che sfocia nella demenzialità
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Margaret è una pittrice, o almeno lo crede; anche Christoph è un pittore, o almeno lo fa credere. La differenza tra i due è che lei dipinge, lui vende soltanto. E firma opere non sue.
La storia è interessante e avrebbe anche potuto entusiasmare se fosse stata resa con verosimiglianza. Tutto è rovinato dal personaggio di Christoph, che è un imbonitore d'accordo ma caricaturale, troppo sfrontato e ciononostante tenuto in considerazione, in una parola scemo. Il personaggio non è realmente costruito, è solo una bozza; non si sa se sia violento e abusi dell'alcool, le sue azioni non provengono da lui bensì dalla sceneggiatura.
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Margaret è una pittrice, o almeno lo crede; anche Christoph è un pittore, o almeno lo fa credere. La differenza tra i due è che lei dipinge, lui vende soltanto. E firma opere non sue.
La storia è interessante e avrebbe anche potuto entusiasmare se fosse stata resa con verosimiglianza. Tutto è rovinato dal personaggio di Christoph, che è un imbonitore d'accordo ma caricaturale, troppo sfrontato e ciononostante tenuto in considerazione, in una parola scemo. Il personaggio non è realmente costruito, è solo una bozza; non si sa se sia violento e abusi dell'alcool, le sue azioni non provengono da lui bensì dalla sceneggiatura.
Aspettiamo un remake, la storia è bella.
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francesco2
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domenica 16 luglio 2017
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burton fuori registro
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Deludente film di Tim Burton, in cui è assente la magia di « Ed Wood », ma anche la comicità
farsesca di « Mars Attacks » , o comunque qualsiasi traccia della sensibilità propria del regista, che
ancora si notava nei non eccezionali « Alice in Wonderland » o « Dark in Shadows ».
Amico personale della protagonista di questa vicenda, Burton sembra più interessato ai risvolti
documentaristici di quanto avvenuto, e questa potrebbe essere un’obiezione alle mie critiche.
Ma,in una ricostruzione « filologica » il personaggio affidato a Waltz avrebbe dovuto essere meglio
caratterizzato, mentre è poco più una macchietta, la cui banalità esplode nella scena finale
del « processo ».
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Deludente film di Tim Burton, in cui è assente la magia di « Ed Wood », ma anche la comicità
farsesca di « Mars Attacks » , o comunque qualsiasi traccia della sensibilità propria del regista, che
ancora si notava nei non eccezionali « Alice in Wonderland » o « Dark in Shadows ».
Amico personale della protagonista di questa vicenda, Burton sembra più interessato ai risvolti
documentaristici di quanto avvenuto, e questa potrebbe essere un’obiezione alle mie critiche.
Ma,in una ricostruzione « filologica » il personaggio affidato a Waltz avrebbe dovuto essere meglio
caratterizzato, mentre è poco più una macchietta, la cui banalità esplode nella scena finale
del « processo ».
Si cerca di evidenziare le contraddizioni insite nello strano patto sottoscritto dalla coppia, per cui è
difficilemascherare al mondo esterno, o addirittura alla propria stessa famiglia, la falsità di quanto
allestito. Ma sono momenti sparsi. Lo spunto finale sui Testimoni di Geova viene appena
accennato, e sa di blando.
Semmai, bisognerebbe cogliere –anche meglio di chi scrive- la satira che Burton ha disseminato
sull’arte della protagonista, che era una pseudo-arte facente propria la famosa frase di Warhol sui
« quindici minuti di popolarità » . Ma è qualcosa che, mi pare, incide poco.
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laurence316
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mercoledì 12 luglio 2017
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"i quadri dipinti da donne vendono di meno"
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Ritorno sugli schermi di Burton dopo il discreto Dark Shadows, del 2012, Big Eyes è però un film tutt'altro che "burtoniano", e pertanto i fan (soprattutto del vecchio Burton e del suo stile dark e grottesco) potrebbero rimanere delusi. E' però un gran bel film biografico, alla maniera di Ed Wood, scritto, infatti, proprio dagli stessi sceneggiatori, Alexander e Karaszewski, basato sulla storia vera di Margaret Keane (la si vede all'inizio dei titoli di coda, in una foto con la protagonista Amy Adams), per più di dieci anni succube del marito, spesso violento, che si spaccia agli occhi dei media quale l'autore dei suoi dipinti, caratteristici per la presenza di bambini dai grandi occhi sproporzionati (i "big eyes", appunto).
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Ritorno sugli schermi di Burton dopo il discreto Dark Shadows, del 2012, Big Eyes è però un film tutt'altro che "burtoniano", e pertanto i fan (soprattutto del vecchio Burton e del suo stile dark e grottesco) potrebbero rimanere delusi. E' però un gran bel film biografico, alla maniera di Ed Wood, scritto, infatti, proprio dagli stessi sceneggiatori, Alexander e Karaszewski, basato sulla storia vera di Margaret Keane (la si vede all'inizio dei titoli di coda, in una foto con la protagonista Amy Adams), per più di dieci anni succube del marito, spesso violento, che si spaccia agli occhi dei media quale l'autore dei suoi dipinti, caratteristici per la presenza di bambini dai grandi occhi sproporzionati (i "big eyes", appunto).
E' un film profondamente femminista, diretto con solida maestria da Burton, con all'attivo due eccellenti interpretazioni da parte dei protagonisti: Adams e Waltz (l'Hans Landa di Bastardi senza gloria, già vincitore di due premi Oscar) e l'ottima sceneggiatura.
Ambientato a San Francisco prima e nel fantasioso paradiso delle Hawaii poi, Big Eyes è un film da vedere, che seppur lontano dagli standard del cinema burtoniano, dovrebbe incontrare il favore anche dei fan, a patto che non siano eccessivamente "puristi". Sorretto anche dalla buona colonna sonora (fra cui la canzone "Big Eyes", di Lana Del Rey, composta appositamente per il film), risulta essere un bio-pic diverso e originale, che critica nemmeno troppo velatamente il mondo dell'arte, il suo maschilismo (i quadri dipinti da donne vendono di meno) e la sua mercificazione, ma anche i critici e il pubblico.
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onufrio
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martedì 26 luglio 2016
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margaret keane
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Un Tim Burton più sobrio ci racconta la curiosa vita dell'artista Margaret Keane, pittrice dalle enormi potenzialità incapace di valorizzare la propria arte, ed è grazie a Walter Keane, suo futuro marito che i quadri della donna verranno apprezzati, peccato che sia Walter ad impossessarsi delle sue opere, accecato dalla fama e dalla gloria, mentre la povera e mite Margaret rinchiusa nel suo studio continua a creare capolavori i cui meriti andranno al marito. Passeranno ben 10 anni prima che la donna trovi il coraggio di dire la verità, i due finiranno in tribunale e la verità come sempre (o quasi) verrà fuori. Il duo Adams-Waltz è piacevole, la fotografia è semplice e ben fatta, a dimostrazione che Burton per fare dei buoni film non deve per forza esagerare con le sue bizzare ( ma bellissime) visioni.
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Un Tim Burton più sobrio ci racconta la curiosa vita dell'artista Margaret Keane, pittrice dalle enormi potenzialità incapace di valorizzare la propria arte, ed è grazie a Walter Keane, suo futuro marito che i quadri della donna verranno apprezzati, peccato che sia Walter ad impossessarsi delle sue opere, accecato dalla fama e dalla gloria, mentre la povera e mite Margaret rinchiusa nel suo studio continua a creare capolavori i cui meriti andranno al marito. Passeranno ben 10 anni prima che la donna trovi il coraggio di dire la verità, i due finiranno in tribunale e la verità come sempre (o quasi) verrà fuori. Il duo Adams-Waltz è piacevole, la fotografia è semplice e ben fatta, a dimostrazione che Burton per fare dei buoni film non deve per forza esagerare con le sue bizzare ( ma bellissime) visioni.
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giajr
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domenica 15 maggio 2016
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gli occhi, lo specchio dell'anima.
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Il primo impatto potrebbe condurre ad un giudizio superficiale, mentre è assolutamente necessario compiere un passo in più.
In primis, si deve ricordare che si tratta di una storia vera, di una pittrice vivente e che la sua produzione artistica è stata veramente proiettata verso quei volti dagli occhi enormi.
Rimane inoltre il fatto che la storia si svolse 50 anni fa, in U.S.A.; periodo in cui i diritti delle donne erano ancora in corso di riconoscimento.
Un periodo in cui non solo le donne artiste non potevano emergere ed addirittura venivano discriminate.
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Il primo impatto potrebbe condurre ad un giudizio superficiale, mentre è assolutamente necessario compiere un passo in più.
In primis, si deve ricordare che si tratta di una storia vera, di una pittrice vivente e che la sua produzione artistica è stata veramente proiettata verso quei volti dagli occhi enormi.
Rimane inoltre il fatto che la storia si svolse 50 anni fa, in U.S.A.; periodo in cui i diritti delle donne erano ancora in corso di riconoscimento.
Un periodo in cui non solo le donne artiste non potevano emergere ed addirittura venivano discriminate.
Big eyes mette in luce anche questi fattori, senza dimenticare che l'artista scelse di proiettare le proprie opere verso quei volti, dai grandissimi occhi, per un suo richiamo emotivo.
L'occhio grande è significato di una anima grande e "spaziosa", che riporta alla simbologia dell'occhio come lo specchio dell'anima.
Il film è ben articolato, fluido, con un'ottima fotografia.
Gli attori sono bravi ed evidenziano di essere entrati nella parte.
Si tratta di una buona opera che sfocia nell'arte e ritaglia al contempo una raffigurazione del costume (degli anni '50) ben precisa.
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fabio57
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giovedì 3 marzo 2016
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buon film
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Tim Burton racconta una bella storia che peraltro s'ispira ad un vero fatto di cronaca, lo fa col suo stile manieroso ed enfatico, anche eccessivo, ma efficace. Il film molto scorrevole, immediatamente ci fa simpatizzare per la protagonista femminile, esempio di vittima sentimentale e genuflessa al marito esuberante , bugiardo e cialtrone. Fa piacere che ogni tanto anche nella vita reale c'è un lieto fine.
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mrfranktodd
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sabato 27 febbraio 2016
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è ma non è burton.
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Personalmente, sono un fan dei lavori di Tim Burton e anch'io devo ammettere che tra diversi suoi ottimi lavori (Edward Mani di Forbice e Big Fish), ci sono altri che, sinceramente, si poteva risparmiare (Mars Attacks! e Dark Shadows). Poi si crea questo terzo piano, il piano del "faccio qualcosa di diverso dal solito" in cui vi sta il film Bug Eyes.
Questo film ha molti pregi: una regia pulita e tranquilla, senza troppi spunti particolari, sceneggiatura e storia che non annoiano. Inutile dire che il punto di forza del film sta nei personaggi principali e la loro caratterizzazione: una Amy Adams che, tutto sommato, convince come protagonista, un ottima interpretazione di Christoph Waltz che è lo s*****o di turno.
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Personalmente, sono un fan dei lavori di Tim Burton e anch'io devo ammettere che tra diversi suoi ottimi lavori (Edward Mani di Forbice e Big Fish), ci sono altri che, sinceramente, si poteva risparmiare (Mars Attacks! e Dark Shadows). Poi si crea questo terzo piano, il piano del "faccio qualcosa di diverso dal solito" in cui vi sta il film Bug Eyes.
Questo film ha molti pregi: una regia pulita e tranquilla, senza troppi spunti particolari, sceneggiatura e storia che non annoiano. Inutile dire che il punto di forza del film sta nei personaggi principali e la loro caratterizzazione: una Amy Adams che, tutto sommato, convince come protagonista, un ottima interpretazione di Christoph Waltz che è lo s*****o di turno.
Purtroppo i difetti non mancano: il ritmo accenna a cedere verso la metà del film, personaggi secondari poco utili alla narrazione e il film tende a soffermarsi troppo tra il rapporto tra Adams e Waltz, non dando spazio all'approfondimento della caratterizzazione di un altro personaggio importante: la figlia della Adams.
Purtroppo, non mi sento di dare più di tre stelle, perché i difetti possono incidere parecchio sul giudizio personale del film e, diciamoci la verità, non è il miglior film di Burton, ma se siete fan accaniti di Mr. Tim o se, leggendo i pregi, vi ha convinto alla visione del film, ne varrà comunque la pena.
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andrejuve
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lunedì 28 dicembre 2015
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l'apparenza inganna
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“Big Eyes” è un film del 2014 diretto da Tim Burton. Dick Nolan, giornalista all’interno di un giornale scandalistico, è il narratore di questa storia che parte col racconto di Margaret Ulbrich, la quale nel 1958 decide di scappare dalla sua abitazione in California assieme alla figlia Jane per dirigersi a San Francisco, in quanto non riesce più a sostenere la sua relazione col marito Frank. Si trasferisce a San Francisco in cerca di lavoro ma purtroppo, nonostante il suo grande talento come pittrice, le possibilità di trovare un’occupazione sono pochissime. Allora l’unica strada per il guadagno è costituita dalla realizzazione di ritratti dipinti e venduti per la strada, anche se il guadagno è minimo.
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“Big Eyes” è un film del 2014 diretto da Tim Burton. Dick Nolan, giornalista all’interno di un giornale scandalistico, è il narratore di questa storia che parte col racconto di Margaret Ulbrich, la quale nel 1958 decide di scappare dalla sua abitazione in California assieme alla figlia Jane per dirigersi a San Francisco, in quanto non riesce più a sostenere la sua relazione col marito Frank. Si trasferisce a San Francisco in cerca di lavoro ma purtroppo, nonostante il suo grande talento come pittrice, le possibilità di trovare un’occupazione sono pochissime. Allora l’unica strada per il guadagno è costituita dalla realizzazione di ritratti dipinti e venduti per la strada, anche se il guadagno è minimo. E’ li’ che viene a conoscenza di un altro pittore di strada di nome Walter Keane, il quale cerca di approcciarsi a Margaret, per la quale prova una forte attrazione. Walter è un agente immobiliare e come hobby dipinge dei vicoli di Parigi, città nella quale afferma di aver vissuto a lungo e dove ha effettuato i suoi studi in una delle più importanti Università artistiche. Margaret si fa notare per una caratteristica particolare che consiste nel dipingere soggetti femminili di tenera età, spesso corrispondenti alla figlia Jane, con occhi di dimensioni sproporzionate al resto del corpo per sottolineare che quella parte del corpo riesce a caratterizzare al meglio i soggetti delle tele. I due cominciano a conoscersi e Walter, dopo che l’ex marito di Margaret pretende che le venga assegnata la figlia Jane, propone a Margaret di sposarla. Anche se appare tutto molto affrettato Margaret, affascinata dal carisma e dall’intraprendenza di Walter, decide di sposarlo. I due si sposano nelle Hawaii e il primo periodo di nozze è felice e roseo. Walter è letteralmente affascinato dallo stile di pittura di Margaret e vorrebbe che i suoi quadri venissero esposti in importanti gallerie d’arte, le quali rifiutano ogni proposta a causa dell’affermarsi dell’arte astratta in quel periodo storico. Durante una serata in un famoso locale della zona Walter chiede al proprietario Enrico Banducci di poter esporre i suoi quadri e quelli della moglie. Banducci glielo concede dedicandogli però solo il corridoio diretto verso i bagni del locale, scatenando le ire di Walter, il quale discute in maniera accesa con Banducci scaraventandogli addirittura uno dei quadri di sua moglie in testa. L’avvenimento suscita grande scalpore, il giornalista Dick Nolan si interessa della storia e la gente incuriosita si reca con molta più frequenza all’interno del locale per ammirare le opere esposte. Walter nota che la maggior parte delle attenzioni del pubblico è rivolta verso i dipinti di Margaret. Allora Walter, approfittando del fatto che molti quadri di Margaret sono stati firmati col cognome acquisito “Keane”, decide di appropriarsi fraudolentemente della paternità di queste opere, affermando di essere lui il vero autore. Questo perché grazie alla sua spigliatezza e alla sua furbizia ha una capacità notevole di concludere affari importanti. Margaret scopre lo stratagemma di Walter e, nonostante sia enormemente delusa e tenti di opporsi fermamente, accetta questa situazione in quanto il guadagno economico risulta inarrestabile e costante. Ormai le opere di Margaret, attribuite a Walter, sono famosissime e ne vengono vendute addirittura delle copie nei supermercati. Nel frattempo la relazione tra Margaret e Walter è sempre più in crisi e Margaret non riesce più ad accettare questa drammatica situazione. Ribellarsi alla sete di guadagno e di successo e alla malvagità di Walter non sarà facile e Margaret dovrà ricavare una grande forza interiore mai avuta sino ad ora. Inoltre Margaret scopre che le bugie di Walter riguardano anche molti aspetti della sua vita raccontati alla moglie. La pellicola effettua innanzitutto una critica nei confronti della falsità dell’essere umano che viene impersonificata dal personaggio di Walter Keane. Walter è un uomo brillante, estroverso e affascinante, capace di trarre beneficio da ogni occasione che si crea davanti a lui. Per fare questo purtroppo utilizza bugie, menzogne e falsità che lo aiutano a raggiungere qualsiasi obiettivo egli si ponga, riuscendo ad aggirare qualsiasi tipo di ostacolo. Il vero obiettivo di Walter è il raggiungimento di un guadagno economico e di un profitto sempre maggiore a prescindere da come esso venga conseguito. Cosi facendo però si impossessa dell’identità della moglie Margaret in quanto i dipinti di quest’ultima rispecchiano a pieno le sue emozioni, le sue sensazioni e i suoi sentimenti. Ogni quadro racconta un pezzo di storia personale di Margaret e nessuno può appropriarsene e approfittarne per perseguire meri interessi personali. Mentre Walter è l’emblema della meschinità dell’uomo Margaret invece è una donna molto timida, introversa e a tratti ingenua in quanto è incapace di riuscire ad inquadrare la personalità delle persone che le stanno accanto. Infatti, in preda a grosse difficoltà psicologiche ed economiche, accetta immediatamente la mano di Walter senza effettuare un’approfondita riflessione e credendo che questo importante passo potesse costituire un punto di svolta definitivo all’interno della sua esistenza fino a quel momento ricca di delusioni. Quella che inizialmente era paragonabile ad una fiaba si rivelerà un incubo che influirà negativamente sulla personalità di Margaret, la quale è costretta a mantenere un terribile segreto e a tradire addirittura la sua amata figlia oltre a sé stessa. Cosi facendo perde la cognizione con la realtà circostante, privandosi della dignità e dell’orgoglio personale. Margaret è una donna in gabbia, imprigionata dalle minacce e dalle continue pretese di un marito che lei non ama più ma dal quale ha paura di distaccarsi a causa della sua sete di gloria incessante che lo porta ad assumere un comportamento crudele, malvagio e disumano. Alla fine sono sempre i soldi a mutare negativamente un individuo. Il denaro non fa la felicità e Walter non può pretendere di acquistare l’amore di Margaret attraverso il lusso sfrenato o la ricchezza. Il rapporto di coppia dovrebbe basarsi sulla lealtà e sulla fiducia reciproca e infatti molte delle crisi coniugali derivano dalle menzogne e dalle fandonie di una delle due parti o, peggio ancora, di entrambe. Il problema è che è stata la stessa Margaret, attraverso il suo comportamento accondiscendente, a contribuire a creare questa paradossale situazione senza avere il coraggio di ribellarsi e opporsi ad un’eclatante quanto paradossale ingiustizia. Margaret non è più considerata una persona ma è una semplice quanto inutile figura ingombrante posta dietro alla supremazia incontrastata dello spietato Walter. Margaret perde la fiducia in sé stessa, e un senso di forte rassegnazione e delusione la pervade. E’ come se lei stessa fosse uno dei tanti ritratti tristi imprigionati all’interno di un quadro, senza avere la possibilità di uscire da una gabbia che appare indistruttibile. L’impossibilità di poter sfogarsi liberamente e di confidare ad altre persone il proprio segreto la rende inerme, impotente e sfiduciata nei confronti di un futuro che si preannuncia privo di speranza, di serenità e di soddisfazioni personali. L’unico modo per mutare questa realtà è quello di liberarsi di questo pesantissimo macigno che le causa un enorme disagio e le impedisce di godere a pieno della vita. E’ solo ribellandosi e rivendicando il proprio lavoro e gli innumerevoli sacrifici che può essere effettuato un radicale cambiamento, perché attraverso la tacita accettazione di una condizione pregiudizievole si rischia di dover affrontare un crollo psicologico e morale irrimediabile. In sostanza l’egoismo di Walter causa in Margaret una perdita della propria identità che deve essere a tutti i costi ritrovata e valorizzata. Molto spesso l’apparenza prevale sulla realtà e l’uomo è incapace di distinguere la verità dalla finzione, anzi a volte appare più semplice accettare consapevolmente una falsità piuttosto che affrontare una realtà scomoda e complessa. L’arte dovrebbe essere espressione delle singole emozioni dell’artista e nessuno può sostituirsi e impadronirsi della personalità, della caratterizzazione e della storia di un altro essere umano. Invece questo film ci fa capire che nel mondo dell’arte, cosi come in altri campi, si viene riconosciuti non per le proprie competenze e per la capacità di trasmettere sincere sensazioni, ma per circostanze esterne e per aspetti che dovrebbero essere irrilevanti e rappresentare un semplice contorno. La società che ci circonda è ipocrita, ignorante e superficiale in quanto come delle pecore segue il proprio pastore costituito dalla moda. Le usanze collettive prevalgono sul singolo pensiero e sulle singole opinioni di ciascuno di noi. Ormai l’uomo non è più libero di pensare e di riflettere in maniera obiettiva e razionale, credendo a tutto quello che viene raccontato senza effettuare gli opportuni approfondimenti del caso e senza la voglia di conoscere realmente i fatti. Gli occhi raffigurati da Margaret effettivamente rappresentano lo specchio dell’anima di ognuno di noi e nessun altro organo riesce a cogliere a pieno la spontaneità e i sentimenti dell’uomo. Non a caso Margaret dipinge solo i bambini, i quali sono gli unici ad incarnare la sincerità e l’affetto nei confronti di coloro che amano e ai quali vogliono bene. Gli occhi di Walter sarebbero indecifrabili cosi come la sua personalità ambigua e indefinibile anche da lui stesso, il quale essendo costretto a recitare e ad apparire per ciò che non è realmente, non riesce più a comprendere quale sia il suo vero volto. In questa situazione l’unica speranza è riposta nei confronti del rapporto di amore sincero tra Margaret e Jane, l’unica a sostenere la madre nei momenti di più grande difficoltà. Il vero affetto fornisce una forza di volontà per ritornare a vivere e a riscoprire aspetti dell’esistenza ormai trascurati. Un bel film che, attraverso la maestria di Tim Burton, narra una curiosa, emozionante e coinvolgente storia realmente accaduta. Grandissime le interpretazioni di Amy Adams, nei panni di Margaret Ulbrich, la quale rappresenta una delle migliori giovani attrici all’interno del panorama cinematografico, e dello straordinario Christoph Waltz, in quelli dello spregevole Walter Keane, che si conferma uno degli attori più brillanti e camaleontici degli ultimi anni. Un film che consiglio vivamente di vedere.
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