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gabrykeegan
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venerdì 30 gennaio 2015
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burton cambia stile per margaret
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La nuova pellicola di Tim Burton è stata definita da molti la "meno burtoniana di sempre", e in effetti la narrazione lineare e senza troppi fronzoli prodotta dalla sceneggiatura Scott Alexander e Larry Karaszeswki non è quella tipica del genio del gotico e dark cinematografico.
Forse la conoscenza con la vera protagonista della storia e l'amore per una delle più grandi colossali ingiustizie dell'arte ha portato il regista ha lasciare per una volta le sue tipiche atmosfere oscure e raccontare una storia oscura in maniera totalmente contraria.
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La nuova pellicola di Tim Burton è stata definita da molti la "meno burtoniana di sempre", e in effetti la narrazione lineare e senza troppi fronzoli prodotta dalla sceneggiatura Scott Alexander e Larry Karaszeswki non è quella tipica del genio del gotico e dark cinematografico.
Forse la conoscenza con la vera protagonista della storia e l'amore per una delle più grandi colossali ingiustizie dell'arte ha portato il regista ha lasciare per una volta le sue tipiche atmosfere oscure e raccontare una storia oscura in maniera totalmente contraria.
I vaporosi anni '60 sono lo sfondo perfetto per l'eccesso burtoniano, nonostante ciò non sia di primaria importanza, ma sia un tempo quasi oltre la nostra concezione (alla "Edward mani di forbice"). L'eccesso però questa volta si trasforma anche in un'esagerazione di colori e luminosità, un'iperbole cromatica da far rabbrividire i più grandi fan di Tim, ma sicuramente frutto di una trama ben scritta.
Cosa se non l'eccesso di colori e luce può rappresentare meglio la fantastica vita pubblica dei Keane? Tra menzogna e sorrisi falsi, mentre nel buio delle sale di pittura casalinghe si consuma il dramma di una donna sfruttata per le sue doti.
Lasciati per una volta il fido Johnny Depp e la moglie Helena Bonham Carter, ci si affida a due attori di altissimo spessore: la ormai affermatissima Amy Adams e il due volte premio Oscar Christopher Waltz.
Lei bravissima nel ruolo di artista innovatrice e sognatrice che si innamora troppo facilmente di un affabile simpaticone che nulla ha a che vedere con l'arte se non il fatto di saperla vendere bene.
Gli occhi della Adams sono il vero fulcro della recitazione, l'anima di una storia commovente e a tratti quasi paradossale. Intorno a lei gira un mondo fatto di soldi e fotografie, di interviste e case di lusso, tutte portate dalla bravura commerciale di un marito tanto dispotico quanto irriverentemente simpatico al primo impatto.
Ecco che tornano le espressioni di Chris Waltz, quelle del colonello Hans Landa di Bastardi Senza Gloria. Bastardo dentro appunto, ma simpatico come pochi sanno esserlo, incapace di dire la verità su qualsiasi cosa e sempre sul pezzo quando si tratta di vendere qualcosa e lucrare sul lavoro altrui.
La tristezza della storia viene spesso interrotta dal malinconico umorismo nero burtoniano che esce fuori anche in situazioni drammatiche, in cui Waltz la fa da padrone con le sue movenze e la sua capacità di ammaliare il pubblico.
Burton è un artista che racconta un'altra artista, lasciando il suo stile per far risaltare la realtà dei fatti, per far risplendere gli occhi di Margaret, attraverso una figlia che sembra il personaggio di uno dei quadri, agli occhi enormi dell'amica, a quelli diversi degli abitanti delle Hawaii che sono fondamentali per la rinascita della pittrice.
Se gli occhi sono lo specchio dell'anima, forse questo film non è lo specchio di Tim Burton, ma è sicuramente il riflesso della sua voglia di raccontare la vita di una grande donna e di come l'arte, spesso, possa essere fraintesa e misteriosa.
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barone di firenze
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martedì 27 gennaio 2015
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senza lode senza infamia
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Di solito le storie vere sono sempre interessanti, questa però mi è sembrata melensa, il marito che lascia la moglie, l'altro marito che infinocchia la consorte sono film già visti e rivisti. Amy Adams è calata perfettamente nel ruolo ed è brava ma il pur bravo Cristoph Walz almeno a me sembra che abbia recitato sopra le righe troppo cervellotico forse perchè istigato dal regista Tim Barton, ma tuttavia non credo che il vero personaggio che è riuscito a millantare per tanti anni di essere un pittore fosse cosi stupido, insomma non mi è piaciuta la caratterizzazione. A mio parere da vedere se siamo a secco di pellicole.
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mericol
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martedì 27 gennaio 2015
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gli occhi di margareth ,la managerialità di walter
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Margareth se ne va in macchina con la figliola. Lascia il marito, in un’epoca in cui,siamo negli anni ’50, anche nella evoluta America non era abituale lasciare i mariti.
Margareth è una pittrice “di strada”.Monotematica, dipinge fanciulle dagli occhi grandi, con la premessa ideale che gli occhi esprimono l’anima più che ogni altra parte del corpo e le fanciulle più di tutti gli altri esseri umani. Su una piazza, ove si dipinge, incontra Walter, pittore anch’egli, ma di paesaggi. E’ amore tra i due. Walter esalta le capacità di Margareth, sino a quel punto ridotta a chiedere poco denaro per le sue opere, giusto per sopravvivere.
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Margareth se ne va in macchina con la figliola. Lascia il marito, in un’epoca in cui,siamo negli anni ’50, anche nella evoluta America non era abituale lasciare i mariti.
Margareth è una pittrice “di strada”.Monotematica, dipinge fanciulle dagli occhi grandi, con la premessa ideale che gli occhi esprimono l’anima più che ogni altra parte del corpo e le fanciulle più di tutti gli altri esseri umani. Su una piazza, ove si dipinge, incontra Walter, pittore anch’egli, ma di paesaggi. E’ amore tra i due. Walter esalta le capacità di Margareth, sino a quel punto ridotta a chiedere poco denaro per le sue opere, giusto per sopravvivere. Diventa suo marito e suo agente. Sino ad apparire lui l’autore dei quadri, che avranno un mercato: i quadri stessi, persino le locandine, le figurine che vi si ispirano. Tutti con il nome di Keane , il suo. Mentre Margarth continua a dipingere. Sta dietro le quinte, fa da comparsa. I cospicui profitti sono divisi equamente (si fa per dire!) tra i due. I lavori sono esaltati al di là del loro valore artistico effettivo, come giustamente osserva un critico del NYT. Walter è certamente un abile manager. Ma il talento non vale forse più del denaro, la personalità non ha più merito della capacità organizzativa? Finalmente Margareth ha la forza per reagire. E’ divisione, poi contrasto legale. In tribunale ,messo alla prova,Walter che si arrogava la paternità delle opere, risulta di fatto un truffatore. Non ha mai dipinto alcun quadro. Ha falsato la sua vita e quella degli altri..
Il film di Tim Burton afferma decisamente il valore della emancipazione femminile in una epoca in cui non era ancora possibile. Dimostra ancor più il potere falsificatore dei mezzi di comunicazione ,della pubblicità, che innalzano ad arte opere accettabili senza dubbio , ma in definitiva di modesto valore artistico, e soprattutto esasperatamente ripetitive. Comportamento, questo secondo, che si trascina sino alla nostra epoca, anzi decisamente ingigantendosi.
La conduzione del film è esemplare. All’inizio la voce fuori campo afferma, per conto del Regista ”la più strana storia che abbia mai raccontato”. In verità Tim Burton di storie strane ne ha raccontate tante. Tutte con grande maestria.
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francesca72
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lunedì 26 gennaio 2015
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non il migliore tim burton ma non male
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Non condivido quando si dice che non si vede Tim Burton.
Tutti quei colori pastello a partire dalla macchina di lei, ricordano molto le ambientazioni di Edward mani di forbice.
Così come quei disegni sembrano molto Tim Burton.
Bravi gli attori. Mi dispiace che christopher Waltz non abbia nemmeno la nomination agli Oscar.
La sua performance, soprattutto in tribunale è davvero divertente.
Non concordo neanche con chi afferma che sia una biografia a senso unico, tutto in favore di lei.
Che lei abbia le sue grandi responsabilità emerge pure da questo film.
C'è l'attenuante che negli anni 50-60 la donna artista era poco considerata e che lei non aveva questa grande personalità travolgente, per cui è abbastanza probabile che sarebbe stata una misconosciuta anche in tempi più recenti.
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Non condivido quando si dice che non si vede Tim Burton.
Tutti quei colori pastello a partire dalla macchina di lei, ricordano molto le ambientazioni di Edward mani di forbice.
Così come quei disegni sembrano molto Tim Burton.
Bravi gli attori. Mi dispiace che christopher Waltz non abbia nemmeno la nomination agli Oscar.
La sua performance, soprattutto in tribunale è davvero divertente.
Non concordo neanche con chi afferma che sia una biografia a senso unico, tutto in favore di lei.
Che lei abbia le sue grandi responsabilità emerge pure da questo film.
C'è l'attenuante che negli anni 50-60 la donna artista era poco considerata e che lei non aveva questa grande personalità travolgente, per cui è abbastanza probabile che sarebbe stata una misconosciuta anche in tempi più recenti.
Avevano formato un team vincente e lei lo sapeva.
Se non fosse intervenuta avidità a alcool forse non avremmo mai saputo la storia.
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andrea giostra
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venerdì 23 gennaio 2015
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occhi grandi
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Il film è la storia vera di Margaret Keane, nata in Tennessee nel 1927, che già da bambina, nella sua città di origine, era molto conosciuta in chiesa per i suoi disegni di angeli con grandi occhi. Negli anni sessanta le sue opere ebbero un enorme successo merito del secondo marito, Walter Keane, che le pubblicizzò sotto ogni forma, e le vendette a migliaia sotto il suo nome sostenendo – in un primo momento in accordo con Margaret - di esserne l’autore. Il film, che vede protagonisti Chistoph Waltz nella parte di Walter Keane e Amy Adams nella parte di Margaret Keane, è da non perdere, non solo per l’originalità e l’importanza artistica della storia – negli anni 60’-70’ si scrisse in proposito come una delle più grandi e geniali truffe d’arte della storia – magnificamente rappresentata da Tim Burton con una narrazione scorrevole, emozionante e che sa trasmettere allo spettatore il terribile dramma della donna-artista Margaret ingannata e truffata del suo grande talento dal marito Walter bramoso di successo e di denaro, ma anche per la recitazione assai brillante e magistrale di Waaltz e Adams: oramai due veri fuoriclasse del mondo artistico hollywoodiano.
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Il film è la storia vera di Margaret Keane, nata in Tennessee nel 1927, che già da bambina, nella sua città di origine, era molto conosciuta in chiesa per i suoi disegni di angeli con grandi occhi. Negli anni sessanta le sue opere ebbero un enorme successo merito del secondo marito, Walter Keane, che le pubblicizzò sotto ogni forma, e le vendette a migliaia sotto il suo nome sostenendo – in un primo momento in accordo con Margaret - di esserne l’autore. Il film, che vede protagonisti Chistoph Waltz nella parte di Walter Keane e Amy Adams nella parte di Margaret Keane, è da non perdere, non solo per l’originalità e l’importanza artistica della storia – negli anni 60’-70’ si scrisse in proposito come una delle più grandi e geniali truffe d’arte della storia – magnificamente rappresentata da Tim Burton con una narrazione scorrevole, emozionante e che sa trasmettere allo spettatore il terribile dramma della donna-artista Margaret ingannata e truffata del suo grande talento dal marito Walter bramoso di successo e di denaro, ma anche per la recitazione assai brillante e magistrale di Waaltz e Adams: oramai due veri fuoriclasse del mondo artistico hollywoodiano.
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no_data
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mercoledì 21 gennaio 2015
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burton è cotto
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A prescindere dalla verità sui ruoli, a prescindere dal fatto che chiaramente i due personaggi originali sono ognuno a modo suo "spostati". A prescindere che gli occhioni di Keane è Arte Da Parati. A prescindere da tutto questo c'è Tim Burton che è Tim Burtono in tre inquadrature, non tre scene, TRE INQUADRATURE.
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lisa costa
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lunedì 19 gennaio 2015
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quando l'arte imita l'arte
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Il problema con i film di Tim Burton è che non posso essere presi a sé, li si deve sempre paragonare al suo passato.
Il regista si è fatto un nutrito fan club, creando di volta in volta aspettative, creandosi prima di tutto un nome che significa estro, che significa genio, che significa fantasia lasciata libera di galoppare.
Ecco perchè, mai come a lui, la china che ha preso la sua filmografia negli ultimi tempi è difficile da perdonare.
Iniziata con quella che per molti, se non per tutti, sembrava la collaborazione del secolo, quella che vedeva unito il suo genio a quello altrettanto gotico e folle di Carroll con Alice in Wonderland, e che si è rivelata una delusione, se non uno spreco, che continua a lasciare un segno cocente.
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Il problema con i film di Tim Burton è che non posso essere presi a sé, li si deve sempre paragonare al suo passato.
Il regista si è fatto un nutrito fan club, creando di volta in volta aspettative, creandosi prima di tutto un nome che significa estro, che significa genio, che significa fantasia lasciata libera di galoppare.
Ecco perchè, mai come a lui, la china che ha preso la sua filmografia negli ultimi tempi è difficile da perdonare.
Iniziata con quella che per molti, se non per tutti, sembrava la collaborazione del secolo, quella che vedeva unito il suo genio a quello altrettanto gotico e folle di Carroll con Alice in Wonderland, e che si è rivelata una delusione, se non uno spreco, che continua a lasciare un segno cocente.
Dopodiché anche la ripresa di una vecchia serie, famosa sopratutto in America, ha lasciato il tempo che trovava, quel Dark Shadows che è parso più un innocuo divertissement che un film in cui la sua vena artistica fosse tornata a risplendere.
Poi è stato il ritorno al passato, e all'animazione, a far tornare a palpitare il cuore di fan e spettatori delusi. In Frankenweenie si ritrova la voglia di giocare, la voglia di sorprendere e di divertirsi dei vecchi tempi.
E arriviamo finalmente all'oggi, anzi, meglio fermarci a qualche mese fa, quando l'annuncio che il prossimo progetto di Burton sarebbe stato raccontare la vita dell'artista Margaret Keane aveva lasciato un po' perplessi, un po' (tanto) ansiosi di vedere cosa il regista dall'immaginazione più vivida potesse tirar fuori con l'artista degli occhi grandi.
Visto il trailer, la sensazione era qualcosa di grande, qualcosa di diverso, certo, ma in cui i suoi guizzi, la sua firma, si potessero sentire.
Arrivati all'oggi, tutto questo entusiasmo è già scemato.
Quell'attesa prolungata e soddisfatta nel primo giorno del nuovo anno, ha visto davanti a sé niente più e niente di meno che un biopic, di quelli classici.
Quei biopic che ci raccontano didascalicamente l'ascesa, le cadute e il risollevamento del protagonista, che parte con una Margaret insicura che lascia il primo marito, che con la figlia cerca di ricostruirsi un futuro a Los Angeles, in cui spera di far emergere la sua arte, di vivere con questa.
Basta davvero poco per incontrare un altro artista, dalle mille parole, come Walter Keane, dall'innamorarsi, dallo sposarlo senza troppo pensieri in quel paradiso delle Hawaii, da iniziare una vita in cui sarà proprio l'arte a vederli vincenti, un'arte fatta quasi in catena di montaggio, però, lasciata alla gloria di chi meglio ci sa fare con il pubblico, con gli acquirenti, con i giornalisti.
Ma quanto pensiate possa durare questo equilibrio instabile che coinvolge anche l'amore, un matrimonio, oltre che gli affari e la passione per l'arte?
Big Eyes è niente più che un biopic classico anche perchè si avvale di due interpreti eccezionali, quella Amy Adams che -come se fosse ancora necessario- conferma nuovamente tutta la sua bravura, e quel Christoph Waltz ormai abbonato ai ruoli da stronzo, che con quella faccia da sberle e quel piglio un po' gigione, un po' tanto egoista, si cala alla perfezione nei panni del falsario Walter Keane.
Non manca poi una colonna sonora a doc, del fido Danny Elfman, che sottolinea a dovere ogni emozione, ogni cambiamento, tanto da non essere nemmeno così sentita, se non nel finale, affidato però alla voce di Lana del Rey che (dopo Mommy, dopo Il Grande Gatsby, dopo Maleficent) ad Hollywood sta così bene.
Che male c'è allora in un biopic classico, che rispetta regole, che rispetta la storia che racconta?
C'è che questo film biografico è firmato Tim Burton, e uno con un nome così, non lo avremmo mai pensato capace di tanta piattezza.
Già, piattezza, perchè nella storia di un'artista come la (o i) Keane manca l'emozione, mancano quegli sprazzi di genio che solo in rarissimi momenti (quello del supermercato) emergono per far parlare qualcos'altro che non siano le tante parole della sceneggiatura.
Da uno come Burton ci si aspettava qualcosa di diverso, è la sua condanna e la sua fortuna, perchè un regista che c'ha abituato a lasciarci a bocca aperta e con gli occhi sognanti, non può lasciare assopito il suo pubblico, o questo rimane deluso.
Big Eyes è una delusione. Quindi.
E' una visione stanca e didascalica, in cui nemmeno la voce narrante trova il suo spazio, in cui si finisce per amare, certo, le opere della Keane, il suo tocco, i sui grandi occhi.
Quelle di Burton, invece, molto, molto meno.
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mike26
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domenica 18 gennaio 2015
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grandi occhi grandi attori
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Tim Burton sforna un Film Discreto, non un capolavoro si intende ma comunque un film che si lascia guardare in tutte le sue sfaccettature,una Bravissima Emy Adams, ma Sopratutto e qui mi voglio soffermare, il Magnifico CHRISTOPH WALTZ , Attore incredibile, tiene in ostaggio il fim con una performance da vero Istrione, ma sopratutto rende in pieno l'idea dell'uomo viscido opportunista e Bugiardo che il film gli Richiede..io Continuerò a far notare che: 2 oscar, 2 golden Globe e 2 Bafta solo per citarne alcuni.. sono ancora troppo pochi per l'artista Christoph.
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robimancuso97
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giovedì 15 gennaio 2015
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grandi occhi, piccole emozioni
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Senza dubbio una bella storia, ma con poco contenuto, con poca emozione e con poco sentimento. Si basa principalmente nello scontro verbale tra la protagonista Margaret Ulbrich, una bravissima pittrice, che per la sua condizione di donna degli anni '50, non riesce ad avere successo e un Water Keane,desideroso di avere successo, soldi e ammirazione a tutti i costi. Ma c'è un Tim Burton che non esprime in questo film quello che è solito dare al suo pubblico. Ottima interpretazione di Christoph Waltz, che interpreta benissimo il ruolo del pittore Keane. Una storia molto bella quella della pittrice Ulbrich e dei suoi occhi grandi, ma che non ti riesce a far stare incollato allo schermo.
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gabryhope95
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giovedì 15 gennaio 2015
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gli occhi di burton scrutano l'anima di un artista
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Tim Burton torna dietro la macchina da presa e dirige Big Eyes,il biopic sull'assurda storia della pittrice Margaret Ulbrich:fortunata in arte e sfortunata in amore che appena divorziata si mette in cerca di un lavoro portando con se solo i quadri raffiguranti bambini dagli enormi occhi malinconici che ama dipingere e la piccola figlia.
La routine di Margaret subisce una svolta quando incontra Walter Keane,un artista affascinante che in breve entra nella sua vita fino a diventare il suo nuovo marito;Walter ha grandi doti per il commercio e quando inizia a vendere i quadri di Margaret i guadagni arrivano numerosi. L'uomo tuttavia si prende il merito di aver dipinto quei bambini dagli occhi enormi e quando il successo diviene mondiale Margaret si ritrova in un mondo di bugie e segreti che la costringeranno a mentire persino a sua figlia.
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Tim Burton torna dietro la macchina da presa e dirige Big Eyes,il biopic sull'assurda storia della pittrice Margaret Ulbrich:fortunata in arte e sfortunata in amore che appena divorziata si mette in cerca di un lavoro portando con se solo i quadri raffiguranti bambini dagli enormi occhi malinconici che ama dipingere e la piccola figlia.
La routine di Margaret subisce una svolta quando incontra Walter Keane,un artista affascinante che in breve entra nella sua vita fino a diventare il suo nuovo marito;Walter ha grandi doti per il commercio e quando inizia a vendere i quadri di Margaret i guadagni arrivano numerosi. L'uomo tuttavia si prende il merito di aver dipinto quei bambini dagli occhi enormi e quando il successo diviene mondiale Margaret si ritrova in un mondo di bugie e segreti che la costringeranno a mentire persino a sua figlia.
Dimenticatevi del Tim Burton che conoscete,Big Eyes rappresenta per lui una prova per aprirsi a uno stile piú reale e terreno seppur rimanendo fedele al punto di vista del sognatore:armata di pennello la pittrice di Burton infatti dipinge l'anima attraverso quegli occhi grandi che ne sono lo specchio,ciò la contrappone al ben piú materialista e spietato Walter Keane che mette al primo posto il guadagno derivante dalla vendita dei quadri.
Gli occhi sono il fulcro centrale della regia di Burton e sono conornati da una splendida fotografia colorata e piacevole,quasi fosse una favola,una favola con due protagonisti eccezionali: La vincitrice del golden globe come miglior attrice protagonista(per Big Eyes) Amy Adams,attrice sopraffina e dallo sguardo incantevole affiancata e contrapposta con il sempre piú sorprendente e cinico Christoph Waltz,perfetto e completamente a suo agio nel ruolo di Walter Keane.
Big Eyes non risulta mai noioso ma anzi i suoi minuti di durata volano senza nessuna forma di pesantezza e ipnptizzano lo spettatore che viene incuriosito e trascinato nella vicenda fino alla fine. Niente male la colonna sonora che senza brani eccelsi fa comunque il suo lavoro.
Big Eyes é un curioso esperimento diretto da un Tim Burton diverso ma assolutamente non inferiore,ma anzi con due bravissimi attori e una fotografia colorata e vivace dirige un film inimitabile e unico che scruta come un grande occhio l'anima di una pittrice.
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