Titolo originale | Jaurès |
Anno | 2012 |
Genere | Sperimentale |
Produzione | Francia |
Durata | 83 minuti |
Regia di | Vincent Dieutre |
Attori | Vincent Dieutre, Eva Truffaut . |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 14 settembre 2012
Un film sperimentale con Eva Truffaut (la figlia del famoso regista) dove realtà e sogno si mescolano. Il film ha ricevuto il premio speciale della giuria nella sezione Forum alla Berlinale 62. Il film è stato premiato al Festival di Berlino,
CONSIGLIATO SÌ
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Vincent Dieutre (regista), Eva Truffaut (regista e fotografa). Sono entrambi seduti in uno studio e vedono e commentano le immagini riprese da Vincent da un appartamento in prossimità della stazione Jaurès della metropolitana parigina. L'appartamento apparteneva a Simon (in un passato recente compagno del regista) e da lì si poteva scorgere un accampamento provvisorio (ai bordi di un canale) realizzato da rifugiati afgani. Dieutre ha documentato la loro vita quotidiana che, in qualche misura, coincideva con la sua.
È una 'finestra sul cortile' contemporanea quella che Vincent Dieutre ci offre grazie alla complicità delle domande dell'amica Eva che porta sulle spalle un cognome pesante (è figlia di François). Perché ciò che appare dinanzi alla telecamera potrebbe sembrare un semplice trascorrere dei giorni e delle stagioni in cui un gruppo di profughi cerca di sopravvivere ai disagi e ai controlli delle autorità. Ma questo è solo un primo livello di narrazione. Perché così come dinanzi agli occhi dello spettatore si presentano tre piani di vita (quello della linea metropolitana sopraelevata, quello della gente che percorre le strade e quello di chi cerca una sopravvivenza sotto il ponte) lo stesso accade per il narratore. Vincent è infatti un 'clandestino' nella vita di Simon. Il suo appartamento lo accoglie la sera ma deve essere lasciato al mattino. L'amante non può esistere nella sua vita ufficiale di persona impegnata in difesa dei diritti degli immigrati. Simon è cattolico, è stato sposato, ha dei figli e una famiglia classica continua a rimanere il suo ideale. Vincent, mentre rivede insieme a Eva (altro livello temporale e di riflessione) le immagini riprese di nascosto, ripercorre contemporaneamente la propria vicenda amorosa leggendone la bellezza ma anche la contraddizione. Il privato e il sociale finiscono con il fondersi e (positivamente) con il confondersi, rivelando a chi guarda, un'intimità venata di malinconia in cui una delle due parti (quella più, a suo dire, ancorata alla realtà) ha attratto l'altra senza mai abbandonarsi del tutto alla relazione.
Simon viene descritto come qualcuno che fa fatica ad accettare il cambiamento (tornato nel quartiere dopo esserne stato distante a lungo, non ne comprende i mutamenti per quanto riguarda l'assetto sociale). Resta a Vincent il compito di cercare di aprire una finestra su mondi che non sono solo esteriori. Mentre sullo sfondo emergono i rumori di una parvenza di quotidianità.
“Un film fragile, un dispositivo minimale” lo definisce il regista, fatto per vedere“…se esiste una relazione tra la tenerezza e una specie di generosità sociale”. Sotto i ponti di Jaurès,stazione metro di Parigi che prima del ’14 si chiamava Allemagne,trovano rifugio profughi afghani.Inedita convergenza di destini, beffa e paradosso,stravaganza della modernità,alterazione malata delle sue viscere [...] Vai alla recensione »