Anno | 2012 |
Genere | Drammatico |
Produzione | USA, Canada |
Regia di | Brian M. Cassidy, Melanie Shatzky |
Attori | Melissa Leo . |
MYmonetro | 2,17 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 14 febbraio 2012
Francine è una donna matura che vive di lavori saltuari e sgradevoli. Uscita di prigione, vive un breve spiraglio di libertà, durante il quale trova più conforto negli animali che negli esseri umani.
CONSIGLIATO NÌ
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Uscita di prigione, Francine si sistema in una casetta di legno su un corso d'acqua, nella provincia nordamericana. Il suo reinserimento nella società è fatto di lavori solitari e sgradevoli e di incontri con altre persone allo sbando, che cercano di aggrapparsi a lei o di servirsene. Per gli animali, invece, Francine prova un affetto che gli umani non le ispirano più e in loro compagnia è serena e felice, ma è una passione che la rimetterà in difficoltà con la legge.
Videoartisti e compagni di scuola, i trentacinquenni Brian Cassidy e Melanie Shatzky esordiscono nel lungometraggio narrativo con questo racconto di un'anima inquieta, compreso tra un periodo di detenzione e un altro, che definire di libertà sarebbe troppo e insieme poco. È difficile anche parlare di film narrativo per questo ritratto che non si cura di offrire alcuna informazione sul passato del personaggio né di offrirgli una direzione, ma ne segue il tracciato emotivo, spesso attraverso lunghi momenti di stasi o di indifferenza apparente. Ne emerge l'imprendibilità dell'essere umano, il suo potersi rendere incomprensibile se non per mezzo di un atto di compassione che nasce esclusivamente dal riconoscimento della sofferenza.
È un film faticoso come l'esistenza che racconta, freddo come chi è stato violentemente costretto alla resa e ha sviluppato una corazza di insensibilità, ma anche il dono di saper cogliere il momento, l'istante sempre passeggero di euforia o vitalità. Ed è un film che vuole provocare una reazione, che vuole spostare il nostro sguardo là dove non pensiamo ci sia molto da guardare, e lo fa con le armi del fastidio indotto volontariamente, proponendosi come un percorso stancante, in cui non c'è alcun riscatto ad addolcire l'arrivo. Cinema ideologico, che rifiuta l'idea di bellezza.