Titolo originale | El Sicario Room 164 |
Anno | 2010 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia, Francia |
Durata | 80 minuti |
Regia di | Gianfranco Rosi |
MYmonetro | 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 28 ottobre 2013
Un ex sicario al servizio del narcotraffico messicano racconta gli anni passati a rapire, torturare e uccidere chiunque desse fastidio al Cartello.
CONSIGLIATO SÌ
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Ottanta minuti nella stanza di un hotel con un ex sicario, la stessa stanza dove ha nascosto e ucciso alcune delle sue tante vittime, dopo averle torturate nei modi più fantasiosamente atroci.
Gianfranco Rosi legge un articolo dell'amico Charles Bowden, pubblicato da "Harper's magazine", sul tasso di criminalità di Ciudad Juarez, la più pericolosa del mondo, e incontra quest'uomo, arruolato dai narcos giovanissimo, comandante della polizia statale di Chihuahua, addestrato dal FBI, libero e impunito dopo centinaia di esecuzioni sommarie e di massa, con una taglia di 250 mila dollari sulla testa.
Mentre al pubblico del film quella stessa testa resta opportunamente nascosta dietro un velo nero, ciò che dice non fa sconti. Uomini bolliti in pentola perché colpevoli di aver disobbedito al Cartello; alcool e droga senza soluzione di continuità, per fare il lavoro sporco senza lasciare fessure alle pericolose infiltrazioni della coscienza; e poi il punto di non ritorno, quando il sogno di vivere di risorse illimitate diventa incubo e raggiunge la propria casa, il proprio letto. Oggi l'ex assassino è passato agli ordini di Dio, con una conversione megalomane e spettacolare, in linea con l'enfasi che ha già ampiamente dimostrato di possedere, nella prima parte del suo racconto, quella dedicata alla vida loca, alla scalata criminale.
Rosi ha per le mani, per il suo documentario, un attore nato. Non è tanto un paradosso quanto, probabilmente, una delle ragioni che hanno reso interessante e fattibile la produzione di questo film. Il sicario della stanza 164 ravviva infatti l'esposizione della sua parabola (come se ce ne fosse bisogno...) abbandonando spesso il discorso indiretto per recitare i dialoghi tra lui e la vittima di turno o per mimare le azioni (come tirare la corda deputata al soffocamento), mentre con metodo disegna su un blocco lo storyboard delle sue personalissime "memorie di un gangster", sottolineando le cifre macabre, riscrivendo le parole che pronuncia a voce, perché inchiostrandole si carichino di peso e autenticità. Il profilmico parla da solo, insomma, come vorrebbe il manuale del perfetto documentario, e Rosi non ha davvero bisogno d'altro: non di una sceneggiatura né di altri ambienti o di altri personaggi. Il sicario fa tutto da solo. Chi non fa come lui, nel mestiere, non è che un povero imitatore.
Un documentario insolito,tanto breve e spartano nella messa in scena composta quasi esclusivamente di piani fissi,quanto efficace ed scioccante su una vita vissuta in modo estremo,oltre i limiti dell'immaginabile.Il protagonista è l'unico a parlare,il volto prennemente coperto da un velo nero,quasi sempre aiutandosi con disegni su un quadernone,elementari ma fin troppo eloquenti.
Il tipo realistico del documento e i temi trattati lasciano a volte senza fiato. Ci rivelano come il Messico, e naturalmente i vicini USA, siano in realtà non tanto il paradiso della democrazia ma, al contrario, della sopraffazione, del liberismo più selvaggio tollerato dalle istituzioni. L'intreccio tra i "cartelli" e le istituzioni in quei luoghi viene a galla nel racconto dell'unico protagonista [...] Vai alla recensione »