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La prima linea e la questione morale

La polemica sul film che racconta il terrorismo degli anni di piombo.
di Pino Farinotti

Terrorismo
Giovanna Mezzogiorno (50 anni) 9 novembre 1974, Roma (Italia) - Scorpione. Interpreta Susanna Ronconi nel film di Renato De Maria La prima linea.

lunedì 16 novembre 2009 - Focus

Terrorismo
Il 20 novembre uscirà nella sale La prima linea, il film di Renato De Maria tratto dal libro di Sergio Segio "La miccia corta". Il film racconta la vicenda di Segio, terrorista, assassino, che nel 1982 attaccò il carcere di Rovigo per liberare alcune detenute "politiche" fra le quali Susanna Ronconi, la sua compagna. Segio, col nome "comandante Sirio" era stato uno dei fondatori di Prima linea, il movimento armato che uccideva la gente in nome di una cosiddetta (da Segio e compagnia) giustizia proletaria. Condannato all'ergastolo, il terrorista ha scontato 22 anni ed è stato rimesso in libertà nel 2004. Il film è prodotto da Andrea Occhipinti, che dopo aver chiesto il finanziamento ministeriale, vi ha rinunciato. A Segio e Ronconi danno corpo e volto Riccardo Scamarcio e Giovanna Mezzogiorno.

Simboli
Sergio e Susanna hanno ucciso di tutto. Dai simboli "ufficiali" di quel potere che andava tolto di mezzo - politici, giudici, giornalisti, capi d'aziende - a poveretti che non c'entravano niente, un ragazzino che chiacchierava troppo, un vecchio che passava di lì col suo cane. La questione morale si pone.
La prima domanda è "ma era proprio opportuno fare un film su questa gente?" Certo molti diranno che non era opportuno, ma... non significa nulla. C'è il cinema col suo cinismo. Cinismo vuol dire mercato e visibilità. Poi può voler dire, naturalmente, memoria, denuncia, e politica. Per cominciare c'è un dato: la storia è assolutamente cinematografia. Amore e guerra, violenza, pensiero seppure distorto, aspetti umani (i parenti delle vittime) e polemica che non guasta mai. Inoltre ci sono Scamarcio e Mezzogiorno, modelli di grande appeal. E poi, da ultimo c'è il malumore del leader assoluto e reale, Sergio Segio, che non è, e non è stato "fiction". E qui deve inserirsi un altro lemma, molto importante: censura. Ho già avuto modo di scrivere che la censura è peggio dei film peggiori. Ho citato spesso le opere di Ciprì e Maresco come paradigma del concetto, adesso lo aggiorno con due titoli recenti, Albakiara e Un gioco da ragazze. Rappresentano l'adolescenza col pretesto di mostrare il lato oscuro (droga, omicidi per divertirsi, prostituzione ... c'è una gara di sesso orale, dove una ragazza cerca di battere il record di 20 performance in un'ora) in realtà c'è solo l'intento di scovare il peggio del peggio del cinema e dello spettatore, e venderlo a buon prezzo. Per fortuna quel prezzo il pubblico non lo ha pagato, non si è fatto imbrogliare.

Nessuna stella
La prima linea non è film da nessuna stella, come gli esempi detti sopra. Ci sono in campo ottime firme, dai protagonisti al regista, allo sceneggiatore Sandro Petraglia, scrittore di cultura di sinistra (La meglio gioventù, La scuola, Vesna va veloce). Da Petraglia va detto che è arrivato un buon segnale: conoscendo alcuni parenti delle vittime si è sentito imbarazzato, lui, autore capace di gestire anche le storie più spinose e difficili. Il film non sarebbe apologetico di terrorismo o di ideologie deviate, semplicemente racconta, e racconta con efficacia. Il cinema ha quella possibilità: l'esempio orrendo mostrato diventa indicazione strisciante. Il cinema ti fa stare comunque, in automatico, dalla parte dei protagonisti, buoni o cattivi che siano. E così Segio e Ronconi attraverso gli alter ego Scamarcio e Mezzogiorno hanno grande visibilità, diventano eroi della visibilità, che ai giorni nostri significa eroi tout court, sappiamo. Insomma trionfano, e le loro vittime, e le vittime di altri come loro, devono assistere. La figlia di uno degli uccisi ha detto che non andrà a vedere il film, ma sa che molti ci andranno e vedranno le sequenze su suo padre.

Bellezza
Un altro aspetto è la bellezza dei modelli. È davvero un falso problema. Fra le molte franchigie che appartengono al cinema c'è anche quella dell'"eccesso del bello" dell'irreale, dell'eroe estetico. Vai al cinema più felice se sullo schermo ci sono Brad Pitt e Angelina Jolie piuttosto che Silvio Orlando e Luciana Littizzetto. Un titolo esemplare in questo senso, Il filo del rasoio, dal romanzo di Somerseth Maugham. Nella prima edizione il protagonista Larry Darrell (cerca se stesso dolorosamente, finisce in India, aprendo quella via alla cultura della seconda parte del '900) era Tyrone Power. Successo enorme. Poi ci fu un'edizione con Bill Murray, un bravo attore, ma lontanissimo dall'appeal di Tyrone. Il film fu un fiasco. Certo, il vero Larry Darrell non poteva essere bello come Power, nessuno lo era, ma al cinema si addice il divo, si addice a colui che possiede ciò che noi non possediamo. Dunque Scamarcio e Mezzogiorno ci stanno, sono le scelte corrette e legittime. E va anche detto che non devono essere considerati "correi", sono semplicemente attori. Il concetto è spiegato benissimo da Jean Luc Godard nel suo La chinoise. Durante una manifestazione studentesca un poliziotto ferma un giovane col volto fasciato da una benda sporca di sangue. Il gendarme intima "fammi vedere la ferita", il ragazzo si toglie la benda e non c'è nessuna ferita. "Ma sono un attore" dice, è come fossi ferito davvero."

Diritto
Ma il punto è un altro. Il cinema ha dunque il diritto di raccontare tutte le storie, anche quella dei terroristi di Prima linea. Un diritto che si estende ai protagonisti Scamarcio-finto-Segio e Mezzogiorno-finta-Ronconi. Che il leader terrorista vero sia in libertà può persino essere dolorosamente accettabile, com'è accettabile una giustizia clemente. Ma noi abbiamo il diritto di dimenticare il vero Sergio e la vera Susanna, che abbiamo visto tante volte ripresi, affiatati e sorridenti, dentro la loro gabbia in tribunale mentre si dibatteva delle persone da loro uccise. Il terrorista si è detto scontento, ha dichiarato che il film non lo rappresenta come dovrebbe perché non chiarisce le motivazioni e la filosofia di quelle azioni rivoluzionarie. Insomma Segio chiede altro spazio e un'altra piattaforma, che, peraltro, gli vengono offerti. Scamarcio e Mezzogiorno hanno fatto il loro lavoro, lo hanno fatto bene e ci sarà chi andrà a vederli.

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