Anno | 2009 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia |
Durata | 83 minuti |
Regia di | Alain Cavalier |
Tag | Da vedere 2009 |
MYmonetro | 3,50 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
|
Ultimo aggiornamento mercoledì 28 ottobre 2009
Irène e l'autore. Una relazione forte, strettissima, ma allo stesso tempo piena di ombre. Un incidente d'auto si porta via Irène. Quasi quarant'anni dopo, Alain Cavalier riprende i diari degli anni 1971 e 1972 e le consacra un film.
CONSIGLIATO SÌ
|
Irène e l'autore. Una relazione forte, strettissima, ma allo stesso tempo piena di ombre. Un incidente d'auto si porta via Irène. Quasi quarant'anni dopo, Alain Cavalier riprende i diari degli anni 1971 e 1972 e le consacra un film.
Girato quasi interamente in soggettiva, con la propria voce e i propri pensieri a fare da racconto, Irène è un film straordinariamente profondo. Dedicato a un'eroina assente, nella vita del regista e nel nastro che la vuole protagonista, il film è un documento sul cinema al lavoro, tanto nel materiale -quali gli strumenti, quali le regole del gioco- quanto nello spirituale -perché qualche volta, come questa, può non trattarsi di un gioco.
Una videocamera e qualche cassetta, alcuni spazi che hanno al contempo la funzione di suscitare il ricordo e di rappresentarlo, e gli oggetti quotidiani -un piumone che assume forme strane, i riflessi della luce sulla porta a vetri- sono tutto quanto serve al cineasta per fare della Storia e della poesia. Una fetta d'anguria e un uovo sodo per raccontare la propria nascita, la propria madre e la maternità negata di Irène. E attenzione, l'uovo e l'anguria non "bastano" a raccontarlo, ma sono le immagini più vivide che potremmo ricevere, le più giuste.
Avanzando da solo in questa autoanalisi impudica ma modulata su un tatto che commuove, Cavalier pare sempre divagare -"ho sognato che mi telefonava Sophie Marceau"- ma non c'è una volta che si allontani dalla via estetica che ha scelto né dal ricordo della sua Irène, perché ogni divagazione è una denuncia del vuoto e ogni vuoto di discorso è squarcio sul mistero della scomparsa.
Si può immaginare che la leggerezza del film sia l'approdo di un percorso di estremo, pesante dolore, e ammirare, dunque, a maggior ragione un'opera che contiene nel suo piccolo un grande progetto e sorprende con una ricchezza in immagini piacevolmente sproporzionata alla povertà dei mezzi impiegati.
Con un’opera sul modo di produrre film, una riflessione sul senso intimo della creazione artistica, Cavalier sviluppa un film di grande intensità visiva e immaginifica. Ripercorriamo un percorso di vita: i due protagonisti sono l'autore ed Irene, la donna amata. Attraverso poche ma profonde immagini di lei, ma soprattutto dai diari dell'autore e dalle immagini dei luoghi che egli ripercorre nel suo [...] Vai alla recensione »
Comment évoquer au cinéma la mort d'un être cher ? Comment rendre visible une présence qui est absence pour tout autre que soi-même ? Des réponses existent, en fiction comme en documentaire. Peu ont la force, la persistance, la profondeur que confère Alain Cavalier à la sienne dans Irène. En 1972, la femme du cinéaste, Irène, se tue dans un accident de voiture.