Anno | 1946 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Giappone |
Durata | 96 minuti |
Regia di | Kenji Mizoguchi |
Attori | Kinuyo Tanaka, Eiko Ohara, Kyôko Kusajima, Toshiko Iizuka, Hiroko Kawasaki, Kôtarô Bandô, Minosuke Bandô . |
Tag | Da vedere 1946 |
MYmonetro | 3,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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CONSIGLIATO SÌ
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Attorno alla figura del grande pittore Utamaro Kitagawa si intrecciano le vicende di passione di alcune cortigiane. In particolare la storia di Okita, la musa dell'artista, innamorato di lei senza essere ricambiato: Okita si contende, invece, il cuore di Shozaburo con la modella Takasode.
Girato nel 1946 che vede il Giappone riprendersi dallo choc della guerra, Utamaro o meguru gonin no onna è per molti versi un'epitome della poetica di Mizoguchi Kenji. In netto contrasto con la consuetudine didascalica delle biografie, non vengono trattate vita e opere del grande pittore nipponico. Utamaro è reinventato come alter-ego del regista, come un simbolo, un catalizzatore di ribellione, che incarna la volontà di un Giappone deciso a rompere con una tradizione millenaria.
Pur non partecipando attivamente a nessuna delle vicende passionali che compongono il dramma e che sconvolgono diverse vite, Utamaro è presente in tutte queste storie (di donne), è il motore stesso del loro farsi, tanto che è lecito pensare a queste temerarie cortigiane come a sue creazioni senzienti. Tutti i cambiamenti e le deviazioni rispetto al corso naturale dei destini dei protagonisti sono da ricondurre in un modo o nell'altro all'opera dell'artista: un inarrestabile indagatore alla ricerca spasmodica del demone nelle donne che raffigura, fino all'inevitabile scontro con il tradizionalismo - tanto nella politica che nell'iconografia - atterrito da soggetti così inconsueti e dal soffio di vita che il pittore dona alle cortigiane, in contrasto con la solenne impersonalità della tradizione cinese.
Quando Utamaro disegna sulla schiena di Takasode uno splendido ritratto, è come se desse vita a un golem, come se infondesse a una creatura, sin lì inibita e repressa, l'impulso di seguire le proprie passioni, senza incertezze né timore delle conseguenze. L'artista come spirito libero capace di trasformare gli uomini da samurai a idealisti squattrinati e le donne da subalterne a protagoniste.
Naturalmente l'autorità, timorosa, prova a fermarlo, ammanettandolo, imponendogli di non disegnare - proprio come la censura degli occupanti americani cercava di fare, in quei giorni di immediato dopoguerra, con i registi giapponesi - ma le rivoluzioni, a prescindere da come si concludano, non si possono arrestare.