Castro

Film 2016 | Documentario 82 min.

Regia di Paolo Civati. Un film con Janis Corso, Deborah Tiso, Filomena Amadio, Ibrahim Elnsheeli, Amedh Habbechi Khalil. Cast completo Genere Documentario - Italia, 2016, durata 82 minuti. - MYmonetro 3,04 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento martedì 11 aprile 2017

Il Castro come una torre di Babele, che si racconta con la lingua dai mille accenti e delle mille storie e umanità che lo hanno abitato.

Consigliato sì!
3,04/5
MYMOVIES 3,00
CRITICA
PUBBLICO 3,08
CONSIGLIATO SÌ
Il Castro come una torre di Babele in un film che affonda la sua poetica nel sentimento umano.
Recensione di Olivia Fanfani
Recensione di Olivia Fanfani

Nel quartiere San Giovanni di Roma, Castro è una palazzina fatiscente, una facciata scrostata di vernice rossa, una comunità. Castro è un centro abitativo occupato, e anche un gatto. Vissuto abusivamente da oltre dodici anni, l'edificio accoglie oltre quaranta famiglie che hanno trovato rifugio tra i corridoi anneriti e le piccole stanze di una manciata di metri quadri.
In una città che è da sempre terra di confine, tra le sonorità degli accenti più strani, Claudio e Deborah sognano una meta lontana, di opportunità e realizzazione, per un matrimonio al mare, esotico come Africa, il bastardino nero che amano e allevano. Mentre la giovane Sara spera un giorno di riuscire a guadagnarsi una casa grande dove ospitare il fratello, senza più la paura che da un giorno a un altro le possa essere portato via tutto da una burocrazia meschina, priva d'umanità, la routine di un giovane disoccupato, i silenzi di una madre e la gioia di essere finalmente padre, sono le voci che popolano una realtà documentaristica lontana dagli stilemi del dramma nazionalpopolare. La casa come bene transitorio per una comunità che attende, nell'incertezza, l'assegnazione di un luogo sconosciuto. I protagonisti infatti sono alla seconda notifica di sfratto, l'azione prende corpo soprattutto negli sguardi, Castro dev'essere sfollato, tra le righe di un decreto che sancisce la fine di legami insondabili di un'umanità messa all'angolo.
I dialoghi raccolti (in oltre un anno di riprese) raccontano, con rassegnazione e fatalismo, l'aleggiare di una condizione precaria, che il regista Paolo Civati è riuscito a cogliere nelle inquietudini e nei piccoli gesti quotidiani. Il logorio dell'attesa di un assegnazione, magari in un casale popolare lontano, o più pulito, forse meno confortevole, sicuramente altro, scardina l'approccio oggettivo attraverso l'eterogeneità dei punti di vista. "Tanto un posto ce lo trovano, non possono lasciarci lì, in mezzo alla tangenziale" osservano i più anziani, mentre i giovani hanno visioni più oscure di un paese che li ha traditi da sempre. Una dialettica serrata tra desolazione e speranza, quello che colpisce di Castro è l'elemento umano, che si muove impotente e frammentario in un luogo che è definizione di sé, che i protagonisti hanno imparato a conoscere, di cui si sono appropriati con l'affezione. 
Entrando con delicatezza nell'intimità della vita dei tanti che abitano lo squallore, Civati si assume la responsabilità di un film che non guarda ai picchetti e ai comitati per il diritto alla casa, ma alle specificità dei singoli, all'esistenza marginale e al sentimento umano che unisce e caratterizza una comunità destinata a perdersi. Una macchina da presa nascosta, osserva, si esime dall'intervistare per non scadere nella retorica spiccia dell'innesco emotivo, nel tentativo di abbattere la dimensione spaziotemporale per trasmettere la serenità di una tavola imbandita, in occasione della festa di addio, scacciando per un poco i problemi e lasciandosi avvolgere da sonorissime risate liberatorie.  In leggero equilibro sulle voci di un'opera prettamente corale, la colonna sonora contribuisce a garantire infine la leggerezza necessaria ad esorcizzare il disagio insanabile dei protagonisti, costretti ad abbandonare l'unico tetto che i più piccoli abbiano mai conosciuto. 

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PUBBLICO
RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
martedì 31 gennaio 2017
Amanda Cicchi

Vicenda delicata, umana, empaticamente universale e cinematograficamente forte sia da un punto di vista visivo che nella struttura narrativa. Premi meritati.

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