Titolo internazionale | A Wedding |
Anno | 2016 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Belgio, Francia, Lussemburgo, Pakistan |
Durata | 95 minuti |
Regia di | Stephan Streker |
Attori | Lina El Arabi, Sébastien Houbani, Babak Karim, Nina Kulkarni, Olivier Gourmet Alice de Lencquesaing, Zacharie Chasseriaud, Aurora Marion, Babak Karimi, Rania Mellouli, Harmandeep Palminder, Sandor Funtek, Bilel Ghommidh, Qari Ikram Nabi Kailany, Hervé Sogne, Édith Le Merdy, Fayçal Safi, Samuel Van der Zwalmen, François Baldassare, Annabelle Ledrich, Joël Delsaut, Laurent Caron, Suleyman Ahmad, Jérôme Varanfrain. |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,99 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 4 aprile 2018
Combattuta tra le tradizioni familiari e lo stile di vita occidentale, Zahira cerca aiuto nel fratello Amir, suo confidente.
CONSIGLIATO SÌ
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Zahira, una ragazza pakistana, vive in Belgio in modo piuttosto integrato: è la migliore amica di Aurore e ha avuto le proprie esperienze sentimentali e sessuali con i ragazzi del posto, tanto che all'inizio del film la troviamo in procinto di decidere se abortire o meno. La famiglia, tra cui spiccano il padre Mansoor, la madre Yelda, la sorella maggiore Hina e il fratello maggiore Amir, appoggia la decisione di interrompere la gravidanza, anche perché Zahira è ormai in età da matrimonio e vogliono assolutamente che rispetti la tradizione e sposi un ragazzo pakistano. Le propongono tre candidati, che conosce attraverso skype, quindi la obbligano a scegliere. Lei inizialmente fa resistenza, appoggiandosi anche ad Aurore e a suo padre, ma è combattuta perché sa che il disonore di una figlia sposata a uno straniero sarebbe un terribile stigma per la famiglia.
Tratto da una vicenda reale, che oltretutto è purtroppo comune, A Wedding tratta il tema dei matrimoni combinati fino alle loro più tragiche conseguenze con notevole lucidità ma senza troppa ispirazione.
Il film procede infatti secondo un copione privo di scosse, programmatico e più o meno scontato fino all'ultimo esito drammatico: quando si mostra una pistola, già Cechov insegnava che il finale diventa ineluttabile. La cosa più sorprendente e originale è l'inizio del film, con la questione dell'aborto appoggiata dalla famiglia, che quindi ci viene presentata come relativamente moderna, prima di precipitare in un incubo di oppressione ciecamente tradizionalista. L'altro passaggio di rilievo è la giustapposizione tra la pratica medievale del matrimonio combinato e l'uso delle moderne tecnologie di comunicazione, tanto che non solo i due ragazzi si conoscono via skype ma persino la loro prima unione matrimoniale avviene a distanza, con tanto di vestito da sposa e petali gettati ai piedi di Zahira che cammina tra i corridoi di casa per arrivare di fronte a un laptop. Ovviamente il matrimonio dovrà poi essere ratificato da una cerimonia in Pakistan, come spiega a Zahira la sorella Hina, che introduce un altro elemento modernissimo e al tempo stesso il più reazionario possibile: quello della chirurgia estetica, qui rivolto alla ricostruzione dell'imene.
Se dunque in fase di sceneggiatura Streker ha trovato i dettagli giusti per superare alcuni stereotipi, scivola però nella scrittura dei caratteri, che risultano deboli. Tolta la protagonista, ottimamente interpretata dall'esordiente El Arabi, gli altri personaggi faticano a essere tridimensionali, in particolare il ragazzo belga di cui Zahira sembra innamorarsi è una figura del tutto stereotipata, così come la madre Yelda. Va meglio con il fratello Amir, anch'egli combattuto sulla questione ma con tutti i privilegi dell'essere un figlio maschio, la sua evoluzione però è abbandonata allo schematismo della più pura causalità. Nonostante poi due attori come Babak Karimi (Una separazione e Il cliente di Farhadi) e Olivier Gourmet nel ruolo dei padri delle due ragazze, anche questi personaggi non hanno particolare vitalità.
Ne viene dunque un film dal nobile spirito civile, a tratti anche sorprendente e toccante, ma che non riesce ad andare oltre la programmaticità del tema e lo sviluppo da film d'autore senza per altro pezzi di bravura formali, dove l'unica immagine forte è quel matrimonio tra le pareti di casa e lo schermo di un computer. Ci si può accontentare, ma il potenziale c'era ed è un peccato sia mancata la capacità di rendere A Wedding davvero incisivo e memorabile.
Se avete visto "Racconti di Stoccolma", tanto meglio. Se conoscete i giudizi sprezzanti che qualcuno ne ha dato su questo sito, meglio ancora. Poteva sembrare eccessivo parlare di "certe vicende raccontate in stile "Beautiful", ma credo si trattasse di un film maldestro ed in buona sostanza inutile, prescindendo da una scena -cosi tanto?-traumatica, e da un [...] Vai alla recensione »