Titolo originale | Kibô no kuni |
Anno | 2012 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Giappone |
Durata | 133 minuti |
Regia di | Sion Sono |
Attori | Isao Natsuyagi, Naoko Ohtani, Jun Murakami, Megumi Kagurazaka, Hikari Kajiwara Yutaka Shimizu, Denden, Motoki Fukami, Mitsuru Fukikoshi, Akira Hamada, Hiroshi Honjomaru. |
Tag | Da vedere 2012 |
MYmonetro | 3,48 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 19 agosto 2013
CONSIGLIATO SÌ
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Nella fittizia Nagashima (misto di Nagasaki e Hiroshima) tutto scorre tranquillo fino al giorno in cui un terremoto e il conseguente tsunami gettano scompiglio, danneggiando irreparabilmente una centrale nucleare. La vita della famiglia Ono non potrà più essere la stessa e porterà il patriarca Yasuhiko a farsi carico di scelte dolorose.
Come Noriko's Dinner Table era figlio bastardo di Suicide Club, prosecuzione di un assunto contenutistico totalmente divergente per punto di vista e conclusioni, così The Land of Hope riparte da Himizu e dal disastro di Fukushima per andare molto oltre. Dove Himizu faceva suo il disastro, proiettandolo sui mali di un Giappone dilaniato negli animi ma sostanzialmente aderendo allo stilema abituale di Sono Sion, The Land of Hope adotta un registro insolitamente elegiaco: lo stile eversivo dell'autore è lasciato da parte, in favore di un sentito omaggio alla tradizione nipponica. Come se il ritorno dell'incubo del nucleare, in un cinico corso e ricorso della storia, spingesse la sensibilità dell'autore verso i maestri che quei temi già avevano vissuto e reso arte. L'ultimo Kurosawa o Imamura Shoei sono rievocati attraverso il dramma vissuto dalla famiglia Ono, simbolo della stoica natura giapponese, mai doma di fronte alle avversità del fato o all'idiozia dell'autorità costituita. Proprio per Sono Sion, che nella famiglia vedeva la tomba degli affetti, ecco comparire un rapporto padre-figlio toccante e metaforico, degno de La ballata di Narayama. In Himizu Fukushima era quasi una giustapposizione, una cornice che donava forza a una riflessione amara su giovani e società nipponici, generando la necessaria tabula rasa per agevolare le esigenze della storia. Con The Land of Hope gli eccessi stilistici - deliranti e geniali - di inizio carriera si diradano e la macchina da presa si adagia all'altezza che fu di Ozu Yasujiro, quella del tavolino da tè, si sofferma sulla surreale danza tradizionale della smemorata e ignara Chieko, si arresta di fronte a un'inversione di priorità - topos costantemente visitato dal cinema apocalittico - per cui gli animali prendono il posto dell'uomo, in fuga dai propri irreparabili errori. Pagine liriche, accompagnate dall'Adagio della Sinfonia n.10 di Gustav Mahler, struggenti, come la catarsi del fuoco, o terrificanti, come i bambini-fantasma che cercano un disco dei Beatles dove ormai nulla può prendere vita. Un'opera che restituisce un autore quasi in odore di manierismo a vette forse mai raggiunte sin qui, indicandolo come depositario di una delle tradizioni cinematografiche più prestigiose. Pronto a indicare la strada, ai cineasti come agli indomabili abitanti del Sol Levante, per risorgere. Un passo dopo l'altro.