Alice

Film 1990 | Commedia 110 min.

Regia di Woody Allen. Un film con Alec Baldwin, Joe Mantegna, Mia Farrow, William Hurt, Judy Davis, Keye Luke. Cast completo Genere Commedia - USA, 1990, durata 110 minuti. - MYmonetro 3,01 su 6 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento martedì 29 marzo 2011

Dopo il capolavoro Crimini e misfatti Allen torna con questo film e con Mia Farrow, qui nella sua più grande interpretazione. Al ritmo del jaz... Il film ha ottenuto 1 candidatura a Premi Oscar, 1 candidatura a Golden Globes,

Consigliato sì!
3,01/5
MYMOVIES 3,00
CRITICA
PUBBLICO 3,01
CONSIGLIATO SÌ

Dopo il capolavoro Crimini e misfatti Allen torna con questo film e con Mia Farrow, qui nella sua più grande interpretazione. Al ritmo del jazz e del tango una moderna Alice che nel mondo delle meraviglie tradisce il marito e scopre che anche lui l'ha fatto. Se nel libro di Carroll l'eroina si rimpicciolisce, qui diventa invisibile grazie a una pozione di uno strano erborista cinese. Tra una seduta ipnotica e l'altra la donna mette in discussione tutta la sua vita decidendo infine di fare una difficile scelta. Con William Hurt nel ruolo del marito e Joe Mantegna in quello dell'amante il film diverte.

Giancarlo Zappoli

Prima parte
Alice è sposata da sedici anni con Doug, un uomo d'affari newyorchese. Vive a Manhattan in una casa lussuosa, ha due figli e una vita ritmata da appuntamenti per la ginnastica e lo shopping. Un giorno Joe, un genitore dell'asilo che frequentano i suoi figli, ha occasione di parlarle e Alice se ne sente attratta. A causa di un mal di schiena che la tormenta, si reca da un agopuntore di cui le hanno parlato bene tre persone. Il medico, il dottor Yang, le spiega che il suo problema non risiede nella schiena ma nella testa e nel cuore. Quindi la ipnotizza. Nella trance Alice rivela i sentimenti che prova nei confronti del marito e dello sconosciuto. Il medico le prescrive l'assunzione di erbe molto rare. Alice si reca a scuola a prendere i figli ed è lei, di solito molto riservata, ad approcciare lo sconosciuto giocando anche su doppisensi relativi allo strumento che l'uomo suona: il sax tenore. Ottiene così un appuntamento allo zoo nella sala dei pinguini.
Tornata a casa si rende conto di aver agito sotto l'influsso delle erbe. I freni inibitori sono tornati attivi e così l'indomani si reca al Central Park senza però avvicinarsi al luogo fissato per l'incontro. Il dottor Yang, per farle conoscere meglio i propri sentimenti, le consegna nuove erbe che la possono rendere invisibile. Alice si mette allora a seguire Joe nell'ufficio della ex moglie dove assiste a un ritorno di fiamma puramente fisico tra i due. A casa Alice rivela le proprie frustrazioni al marito che l'ascolta con disinteresse. Ha lasciato il lavoro per occuparsi di lui e dei figli ma ora vorrebbe provare a scrivere. Propone delle idee alla sua amica Nancy, producer televisivo, ma senza risultati.
Utilizza allora un nuovo prodotto del dottor Yang. Dopo aver bruciato delle altre erbe compare il fantasma di Ed, il suo ex fidanzato morto in un incidente stradale. Con Ed può confidarsi e lo spirito le suggerisce di abbandonarsi al nuovo sentimento. Poi la porta in volo sopra la New York notturna fino a giungere a un luogo che ricorda loro la gioventù.
Una sera Alice ha ormai fissato un appuntamento con Joe, contando sulla solita uscita di Doug per giocare a backgammon, quando il marito resta a casa. La donna inventa una scusa e raggiunge ugualmente il sassofonista ma solo per dirgli che non riesce a reggere la situazione. Sconvolta cerca rifugio dal dottor Yang che le offre di fumare l'oppio. Nei fumi del narcotico rivede la vecchia casa di famiglia, il passato e la sorella con cui non ha quasi più rapporti. Ha così modo per ricordare anche la propria educazione religiosa.
Una sera si reca con Doug e i bambini a un incontro organizzato per la raccolta di fondi per le suore di Madre Teresa di Calcutta. Alice, che già ammirava la religiosa, rimane profondamente colpita da quanto apprende sulla sua attività. Incontra nuovamente Joe davanti a scuola e, questa volta, non gli resiste più. I due si amano e se lo dimostrano anche fisicamente. Ora la donna si iscrive a un corso di sceneggiatura anche se la sua Musa, che le appare una notte consentendole anche di rivedere la madre, non sembra incoraggiarla molto.
Un giorno, mentre passeggia per New York con Joe dopo aver dato anche a lui la pozione che rende invisibili, decide di seguire due amiche e ascolta i loro pettegolezzi. Da loro apprende che il marito l'ha tradita innumerevoli volte. Qualche giorno dopo si reca nel suo ufficio e lo coglie sul fatto. Raggiunge allora Joe dicendosi pronta ad andare a vivere con lui. Ma l'uomo, che ha assistito invisibile a una seduta di analisi della ex moglie, pensa di dover dare ancora una chance al proprio matrimonio. Ora Alice è confusa e va a chiedere aiuto al dottor Yang che sta partendo per il Tibet. Il medico le lascia un'ultima pozione. Si tratta di un'erba che farà innamorare pazzamente di lei chi ne farà uso. Decida lei a chi somministrarla. La donna raggiunge allora la sorella che sta dando una festa. È difficile trovare il tempo per confidarle gli sviluppi della situazione. All'improvviso però Alice viene fatta oggetto di pressanti dichiarazioni d'amore. Ne scopre rapidamente la causa: la cameriera ha messo la "noce moscata" nello zabaione. Le erbe stanno facendo effetto. Tornata da Doug, Alice getta nel lavandino quel po" che era rimasto della pozione e gli rivela la propria decisione: farà del volontariato a Calcutta per Madre Teresa alternandolo alla presenza accanto ai figli. La ritroviamo impegnata sui due fronti: si pettegola ancora su di lei ma ha finalmente trovato la serenità.
Alice ovvero: a chi prestare ascolto? A buona parte della critica internazionale che, all'epoca, si è data da fare per individuare nessi e analogie (perfino negli abiti) con l'eroina di Lewis Carroll? Oppure al regista che dichiara: " Non aveva niente a che fare con Alice nel paese delle meraviglie. Alice è la quintessenza dei nomi usati nelle famiglie bianche, protestanti e anglosassoni più agiate. Non è un nome ebreo, non è un nome italiano, non è un nome esotico. Volevo che Alice Tate fosse una persona pulita, bionda, ricca. All'epoca sarebbe stato facile pensare ad un altro nome, Leslie Tate per esempio, e chiamare il film Leslie."? Forse a entrambi o a nessuno. Con il cinema di Allen è facile individuare un ampio numero di riferimenti circostanziati e non arbitrari ma è anche altrettanto agevole incorrere in errori che tendono a costringere negli angusti spazi dell'ispirazione letteraria quella che molto probabilmente è pura e semplice creatività. Proviamo allora a leggere Alice senza gli "specchi" deformanti del libro di Carroll. Ne emerge un ritratto femminile che sta alla pari, se addirittura non le è superiore, a quello della Marion di Un'altra donna. Parliamo di superiorità perché mentre il personaggio affidato a Gena Rowlands doveva giocare solo sulla gamma di tonalità del dramma, quello di Mia Farrow passa dalla malinconia più profonda alla comicità tutta doppi sensi (sex/sax ecc.) della scena della seduzione nel corridoio della scuola o a quella del volo.
Nella velenosa (nei confronti di Allen) autobiografia della Farrow Quel che si perde a cui si fa più ampio riferimento nella sezione dedicata alla vita del regista, si può leggere: "Per pura coincidenza anche Madre Teresa di Calcutta stava facendo colazione nella sala da pranzo della foresteria della sede del governo di Hanoi, per nulla turbata dai giganteschi ratti che scorrazzavano sotto i tavoli. Per poco non mi inginocchiai quando mi disse: "Dio ti benedica', proprio come aveva fatto a New York, nei primi anni Ottanta, quando avevo condotto i bambini alla sede dell'ONU a vedere un documentario sulla sua vita con lei presente in sala. Rappresentava tutto ciò che avevo cercato di insegnare loro sul vero successo e su ciò che può fare una persona mossa dalla fede e dalla forza d'animo (Mia Farrow, Quel che si perde, Mondadori, 1997, p.224). L'incontro avviene nel settembre 1991. Che allora Alice in realtà si chiami Mia? Potrebbe essere verosimile e ne conseguirebbe che solo un regista veramente innamorato della propria compagna/attrice può scrivere per lei un personaggio di questo spessore. Perché citare questi riferimenti personali? Perché Allen torna ad affidare un ruolo di protagonista a tutto tondo alla Farrow, dopo la "quasi pausa" dovuta alla nascita del figlio Satchel, sottolineandone la centralità sin dal titolo.
... fine prima parte - continua ...

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Giancarlo Zappoli

Seconda parte
Questo è evidente quando si va a verificare il "trattamento" che viene riservato a grossi nomi del cinema hollywoodiano anche sul piano delle scelte visive. Se il "bello" William Hurt si vede gratificato da inquadrature spesso di nuca o di profilo, la bionda e raffinata Cybill Shepherd viene ripresa con costanti campi lunghi che sicuramente non ne esaltano la figura ed Alec Baldwin, uno dei divi più compresi del proprio aspetto, è trasformato in ectoplasma trasparente. Ormai Allen ha un tale potere di richiamo di prestigio che anche i grossi nomi lavorano per lui pur ricevendo compensi decisamente più bassi rispetto a quanto è loro abituale.
Alice dunque come ritratto di una donna che compie una ricerca dentro se stessa scoprendo, ancora una volta, "un'altra donna". Il veicolo è la magia. Dove la religione ha fallito (straordinaria, e questa sì davvero "felliniana', la scena dell'enorme confessionale) oppure ha sedimentato valori che rischiano di trasformarsi in pure e semplici gabbie dorate se non vengono metabolizzati e rimessi in circolazione, può il mago cinese che periodicamente torna in Tibet perché non si smette mai di apprendere. Il periodo in cui il film viene realizzato è ricco di fughe in avanti tra lo snobistico e l'irrazionale verso lo spiritismo o le pratiche orientali (agopuntura come prima). Così come al cinema il campione d'incasso dell'anno è, non a caso, Ghost. Proviamo allora a seguire il percorso delle "erbe" come cammino interiore della protagonista. Il bacio dei due amanti dinanzi ai pinguini (animali "monogami" come viene sottolineato) è soltanto immaginato. I due si baceranno ma in altro luogo. In proposito però va notato come le scene in cui è compresente Joe siano spesso ricche di vetri, di specchi (una conversazione tra i due viene ripresa quasi per intero proprio in uno specchio), di superfici che rinviano le immagini (come il multischermo della ex moglie) o che comunque "aprono" sul fuori come il tetto a vetrata della mansarda in cui il musicista vive. Per contrasto, la casa di Doug e Alice sembra non avere aperture sull" "esterno'. È un carcere di lusso in cui tutto, tradimenti compresi, è destinato ad essere soft, impalpabile e ricondotto nei sicuri binari di un'indifferenza mascherata da cortesia. Solo la memoria del primo incontro si può accendere di baluginii al neon.
L''antro" del mago non può che essere poliedrico. Da luogo in cui entrare timorosi del nuovo a spazio della fiducia, sino a "casa dei sonni" in cui nell'apparente oblio dell'oppio completare il viaggio di autoanalisi. È qui che vengono consegnate le erbe simboliche.
La prima è quella della disinibizione. Il Woody ebreo agnostico e l'orientale Yang (lato opposto e integrativo dello Yin) non amano le rigide regole del cattolicesimo puritano nei confronti del sesso ("Non crede che pinguini sia cattolici" afferma il dottore). Si può decidere per una vita senza mariti e senza amanti per esigenza interiore non per regole imposte una volta per tutte. Ecco allora Alice aprirsi anche fisicamente, abbandonando quella chiusura nelle spalle che la caratterizzava fino a poco prima, per affrontare sensualmente e "irresponsabilmente" il proprio attonito interlocutore. Ma anche la liberazione sessuale non può essere donata o imposta dall'esterno, deve "agire" dal di dentro. Per cui, svanita la sbornia di audacia, Alice si ritrae.
La seconda erba è quella dell' invisibilità. Solo essendo permeabili allo sguardo altrui si può cercare di cogliere ciò che gli altri nascondono. Al di là degli effetti speciali utilizzati per la prima volta da Allen in modo così determinato, è interessante notare come si giochi sul contrasto tra lo sparire di Alice e il comparire del suo defunto primo amore Ed. La donna ha un bisogno, individuato dalla nuova figura di analista Yang, di perdere temporaneamente la propria corporeità per misurarsi ora sul versante intellettuale e spirituale. Ed invece vuole ritornare, seppure per poco e in modo parziale, corpo e riassaporare piaceri ormai non più sperimentati. Sarà proprio grazie a questa dimensione privilegiata che Alice potrà cogliere la sensualità di Joe ma anche, in una fase successiva, verificare specularmente quella del marito con altre donne che non siano lei. In quel momento ricomparirà come corpo "negato" e il suo percorso di liberazione dal vecchio Sé subirà una decisa accelerazione.
La terza erba è molto concreta: l'oppio. Non è una droga per stordirsi quella che Yang le propone. È fuori dalla terapia (Alice si è rifugiata lì dopo l'ennesima resistenza nei confronti di Joe) ma conduce verso le proprie radici rimosse: Alice non ha solo sublimato il sesso nel suo ruolo di moglie ma ha anche fatto cancellare dalle carte di credito e dalle boutique la propria spinta giovanile all'attenzione al prossimo. Ora può accettare il rapporto con Joe nella sua totalità.
La quarta erba è il tè per la creatività. Quando si presenteranno sua madre (illuminata da riflettori così come l''occhio di bue" aveva a un certo punto accompagnato Ed) e la sua molto concreta Musa (che taglia i ponti con la sua eccessiva acriticità nei confronti dei falsi amici o maestri) Alice avrà come chiuso il cerchio della ricerca propria vita.
L'ultima erba è quella della garanzia. Ora che sa di non avere più da tempo l'amore del marito (nei confronti del quale nutriva fortissimi sensi di colpa) e di avere perso quello di Joe che ha riscoperto, grazie alla momentanea invisibilità, i veri pensieri della ex moglie, Alice è messa di fronte alla scelta. Se suo marito ha pensato solo a se stesso mentre lei preoccupava comunque di ciò che "gli" doveva anche facendo l'amore con Joe ora, liberatasi dal peso della colpa, è pronta per il musicista. Ma lui non è più pronto per lei. Per un rapporto che finisce uno riprende vita. In fondo hanno entrambi misurato il loro essere insieme non sui ritmi interni di una passione (quella Cumparsita che ritorna insistente) ma su quelli della realtà familiare di entrambi. Ora Yang può "garantirle" l'amore di uno dei due. Spetta a lei scegliere. Non è una femminista dell" "Io sono mia" (il gioco di parole con il nome dell'attrice non è voluto), che rifiuta il maschio in quanto tale, quella che emerge. Alice è pronta per costruirsi da sola, ricca dell'esperienza (dolorosa o piacevole del passato) e in grado di donarsi a un amore maturo. Il commento ironico e pettegolo delle amiche toglie quel po'di agiografico che il finale sembra contenere. È un finale aperto che la lettura di Allen vede con accenti pessimistici: " Il cambiamento con la "C" maiuscola, il cambiamento in sé, di quello non sarà felice col passare degli anni. I suoi figli cresceranno e la lasceranno per affrontare il mondo da soli. Lei invecchierà, e non sarà felice del cambiamento. Se potesse, le piacerebbe fermare il tempo e rimanere così com'è. Le piacerebbe rimanere nel punto esatto in cui si trova ad una certa età". Sembra di risentire il "Non si è mai contenti dove si sta" de Il piccolo principe. Fortunatamente il cinema di Allen è più libero rispetto alle sue intenzioni e ogni spettatore può dare una propria lettura del futuro di Alice.

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RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
sabato 22 settembre 2012
fedeleto

Alice e' una donna sposata con un uomo ricco,ha dei figli,passa il suo tempo a fare la manicure,pensare ai suoi acquisti,eppure in tutta questa apparente soddisfazione si insinua un tarlo che la logora quando conosce un uomo di cui se ne innamora,peccato che quest'ultimo pensi alla sua ex.E tutti i rimedi magici dati da un grande stregone cinese a cui si era rivolta? li usera' come filtri [...] Vai alla recensione »

lunedì 3 aprile 2017
enzo70

  Metti una favola e aggiungi Mia Farrow, William Hurt, Joe Mantegna e Alec Baldwin. E poi prendi un Woody Allen in perfetta forma e dagli il mestolo in mano: un film raffinato ed intelligente, che consente a Mia Farrow di esprimersi al meglio, e che meglio! Alice è una donna annoiata della migliore borghesia newyorchese, che passa la vita tra ansie, massaggi e estetiste; ma [...] Vai alla recensione »

Frasi
Con quante donne hai fatto l'amore?
Quanto basta, ma tu sei la sola che ha pensato seriamente di farsi suora.
Dialogo tra Ed (Alec Baldwin) - Alice Tate (Mia Farrow)
dal film Alice
STAMPA
RECENSIONI DELLA CRITICA
Roberto Escobar
Il Sole-24 Ore

Via da Wonderland, lontano dal Paese delle Meraviglie: così potrebbe intitolarsi il ventesimo film di Woody Allen. La sua Alice ha quarant’anni e crede ancora al Gatto dello Cheshire. Vive nei quartieri alti di New York, ma somiglia alla Cecilia di La rosa purpurea del Cairo (1985). Passava “al di là dello specchio”, quella borghesuccia romantica. Si perdeva nell’altra vita, nella vita fantastica dello [...] Vai alla recensione »

Luigi Paini
Il Sole-24 Ore

Perché Alice (Mia Farrow) sogna di tradire Doug (William Hurt), l’uomo con cui è sposata - si direbbe abbastanza felicemente - da quasi sedici anni? Nulla sembra mancarle: ha due bei bambini, tutti i soldi che vuole, un appartamento-reggia nel cuore di Manhattan, tantissimo tempo libero. Eppure, da quando ha visto Joe (Joe Mantegna) in attesa davanti alla scuola frequentata dai figli, ha un pensiero [...] Vai alla recensione »

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