La sinfonia dei briganti

Film 1935 | Musical 110 min.

Titolo originaleThe Robber Symphony
Anno1935
GenereMusical
Durata110 minuti
Regia diFriedrich Feher
AttoriFrançoise Rosay, Hans Feher, Alexandre Rignault, Jim Gérald, Magda Sonja .
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Regia di Friedrich Feher. Un film con Françoise Rosay, Hans Feher, Alexandre Rignault, Jim Gérald, Magda Sonja. Titolo originale: The Robber Symphony. Genere Musical 1935, durata 110 minuti.

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Mario Gromo
Mario Gromo

Tendenze e tentativi d'avanguardia sembrerebbero condannabili a priori su di uno schermo, la sede dell'arte detta la più popolare perché la più diffusa; ma per chi crede in quell'arte ogni nuovo tentativo che voglia scostarsi da vie troppo battute deve imporsi senz'altro al suo rispetto e alla sua attenzione. (E ciò si premette per i fischi e la gazzarra che dal pubblico «d'eccezione» della Mostra veneziana si sono questa sera scatenati per La sinfonia dei banditi, di Friedrich Feher). E intendiamoci pure, sulla parola avanguardia. Se non si può pretendere che una pattuglia di punta costituisca il grosso di un esercito (e ciò lo si dice anche per la pattuglia di punta che vorrebbe essere questo sedicente pubblico eccezionale), non credo, d'altra parte, che possa esistere un cinema per iniziati. Esattamente come non esiste una letteratura, o una pittura, o una musica per iniziati. Se un'opera d'arte è un'opera d'arte, tanto meglio per quanti sappiano comprenderla e apprezzarla, anche se in numero esiguo; ma se quella espressione non è autonoma e vitale, e per le sue bizzarrie esteriori, per i suoi funambolismi intenzionali, riscuote supine approvazioni, tanto peggio, allora, per chi se ne sua estatico ad ammirare. Siamo nell'anticamera, o nel retrobottega, dello snobismo. Mettete in un film un suppliziando che salga il patibolo a passo di danza, e il boia abbia un manto d'ermellino, e i suoi aiutanti siano naiadi e ninfe, e tutto ciò non sia per nulla giustificato, lo snob se ne andrà volentieri in estasi, che spirito, che intenzioni, che artistone. Con quello spirito e con quelle intenzioni anche la cosidetta avanguardia cinematografica ha conosciuto ardimenti a oltranza, si potrebbe citare a perdifiato. Basterà ricordare che un «cineasta» è giunto a prendere due solini inamidati, farli piroettare per dieci minuti dinanzi a un fondale di velluto nero, e a intitolare il tutto La dante des fauxcols. Non mi vergogno affatto di ammettere che ai suoi tempi La dante des fauxcols mi ha offerto alcune singolari visioni, ma egualmente non mi vergogno di confessare che la danza dei solini non mi è apparsa, proprio no, un'opera di poesia.
Tutto ciò si riferisce soltanto in parte a La sinfonia dei banditi. È l'ultima fatica di un regista tormentato e intelligente, del quale si ricorda Il suo bambino, un film delicato che non ebbe fortuna. Ma l'avanguardia di questa Sinfonia, sia subito detto per la pace dei benpensanti, è un'avanguardia piuttosto ingenua. Si ostenta sopratutto in alcune scenografie e in parecchie truccature, con il gusto di certi cabarets di dieci anni fa, e in quelle truccature ei in quelle scenografie si esaurisce, perché le più vere intenzioni del film sono di offrirci un grottesco musicale, (formula non nuovissima, basterà ricordare Ragazzi allegri dell'Alexandroff) e si risolvono nel balletto, sostenuto da un commento sinfonico dovuto allo stesso Feher. Questi grotteschi, apparentemente arcani, hanno il vantaggio di poter sfruttare una formula; e se il film procedesse fino alla fine come si era impostato nella prima parte, potrebbe essere gustoso e interessante. Quel piccolo mondo di fiaba e di palcoscenico, suonatori ambulanti e giocolieri, gendarmi e briganti, tutti un po' marionette, ce l'eravamo goduto in una coerente deformazione, in un susseguirsi di trovatine pantomimiche e musicali attorno alla vicenda del peculio rubato e dei banditi inafferrabili. Era come un raffinatissimo teatro dei pupi, per bimbi adulti molto esigenti. Poi, d'un tratto, quell'atmosfera si rompe. Fino ad allora si era stati fra praticabili e fondali, di un gusto piuttosto malizioso; ora quella stessa vicenda e quegli stessi burattini erano scaraventati fra i monti, in una foresta, in riva al mare, sotto l'aperto cielo, con stridori ingenui, con sperdute piattezze; e allora La dante des fauxcols va dalla stiratrice.
(1936) "'

Da Film visti. Dai Lumière al Cinerama, Edizioni di Bianco e Nero, Roma, 1957

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Mario Gromo
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