FERNALDO DI GIAMMATTEO
Il cinema popolare in Italia ha avuto numerosi cultori (Gallone, Palermi, Freda, Blasetti, Brignone, ecc.) ma nessuno ha eguagliato il successo e la schiettezza di questo napoletano di nascita romana che entra alla Cines nel 1931 a 25 anni e che del cinema diventa uno dei beniamini. Comincia con una graziosa commedia giovanilistica (Treno popolare, 1933), resoconto patetico di una gita a Orvieto; continua con altre commedie più o meno futili, tutte interpretate da attori simpatici. La situazione cambia di colpo nel dopoguerra, dopo che è rientrato dalla Spagna. Con la Titanus di Goffredo Lombardo gira una storia melodrammatica sui dolori, l'amore fedele, le angosce e l'onore di una donna. Il film s'intitola Catene (1950), si svolge a Napoli in ambiente proletario, ha per protagonisti la coppia - Amedeo Nazzari, Yvonne Sanson - che con Matarazzo girerà altri sei film, simili a questo. Per salvare dal carcere il marito che le ha ucciso l'ex amante, l'appassionata Rosa si confessa adultera (così l'uomo sarà assolto per aver commesso un delitto d'onore): perde, dunque, l'onore, ma alla fine si consolerà perché il marito comprenderà il suo «sublime sacrificio». Il sacrificio femminile è il tema del cinema matarazziano, ed è la ragione del suo enorme successo popolare. Nel secondo film-Tormento (1951) - una donna, che s'è sposata sfidando il diniego della matrigna del marito, rinuncia a tenere la figlia pur di assicurarle un avvenire. Nel terzo - I figli di nessuno (1951) - una ragazza madre si fa suora perché non può occuparsi del figlio nato dalla relazione con un industriale ed avrà la sventura (e la consolazione) di essergli accanto quando morirà in un incidente. Ai melodrammi Matarazzo affiancherà film di altro genere, ma tutti più o meno riconducibili alle atmosfere appassionate delle opere maggiori (è autore, fra l'altro, di una biografia non spregevole di Giuseppe Verdi, 1953, e di una storia che vagamente s'ispira ai climi del neorealismo: La risaia, 1956). Sfociando in uno stile intensamente drammatico, la letteratura popolare, il cattolicesimo (inteso come dottrina della sofferenza, del perdono e della «redenzione») e la vena sentimentale dell'animo di una nazione ancora contadina offrono al regista la materia dei suoi successi.
Fernaldo di Giammatteo, Dizionario del cinema. Cento grandi registi,
Roma, Newton Compton, 1995