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Il complotto di Tirana, la storia della performance che scioccò l'arte italiana. Online su MYmovies

Disponibile in streaming su MYmovies ONE il film di Manfredi Lucibello, un documentario sorprendente che costeggia i registri del noir e del thriller fino a diventare una riflessione sulla natura e sul senso dell’arte. GUARDA ORA »
di Alberto Libera

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lunedì 3 marzo 2025 - mymoviesone

È sempre più difficile trovare un film che sappia piegare il suo linguaggio alla materia raccontata. Specie se l’opera in oggetto è un documentario. Eppure, Il complotto di Tirana di Manfredi Lucibello riesce mirabilmente nell’intento. E con grande sorpresa.

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Ma procediamo con ordine. Nel 2001, Giancarlo Politi, fondatore e direttore della celebre rivista Flash Art, chiede al fotografo Oliviero Toscani di curare la prima edizione assoluta della Biennale d’Arte a Tirana.

Attraverso un lungo scambio di mail, Toscani, fedele alla carica provocatoria che ha da sempre accompagnato il realismo crudo e scioccante dei suoi lavori, non solo accetta l’incarico ma decide d’invitare quattro artisti decisamente fuori dagli schemi: il fotografo hard italiano Carmelo Gavotta; il videoartista slavo (e pedofilo) Dimitri Bioy ; l’attivista nigeriana Bola Equa, ricercata dal suo governo, e nientepopodimeno che il fotografo ufficiale di Osama bin Laden (ai tempi decisamente al centro dell’attenzione), Hamid Piccardo.


In foto una scena del film Il complotto di Tirana.

La manifestazione prende puntualmente il via nella capitale albanese, suscitando qualche inevitabile strascico polemico e censorio (in fondo, viene esposto persino un fotoritratto di bin Laden), ma poco dopo l’inaugurazione ecco arrivare il colpo di scena: Oliviero Toscani querela i curatori dell’evento.

Per quale motivo? Ebbene, l’artista non era a conoscenza di nulla: né della Biennale né del suo ruolo di curatore né tantomeno dei quattro artisti invitati (in realtà, inesistenti).

Chi allora ha organizzato questa beffa così elaborata? E per quale motivo?

In questa sede sarebbe controproducente svelare troppo, anche se chi è a conoscenza degli eventi già possiede le risposte. Più interessante, invece, per riprendere quanto detto in esergo, è sottolineare il processo col quale Lucibello esplora l’argomento.

All’inizio del film, infatti, il regista si reca a casa di Toscani, lo intervista, ne raccoglie le confidenze e gli aforismi irriverenti (a farne le spese è anche Luigi Ontani, apostrofato come un tontolone).


In foto una scena del film Il complotto di Tirana.

Ma quando finalmente viene rivelata l’esistenza del complotto, ecco che anche l’inquadratura si apre e si svela la finzione: l’Oliviero Toscani intervistato, infatti, si rivela essere solamente un attore (Bebo Storti), nient’altro che una maschera, e subito dopo il regista si reca a casa del vero Toscani per farsi raccontare la sua versione dei fatti.

E così il documentario, col procedere dei minuti (pochi, solo 68’, ma di una densità travolgente), costeggia i registri del noir e del thriller fino a diventare una riflessione sulla natura e sul senso dell’arte.

Mentre, più sottilmente, emerge anche il ritratto di un sistema che si nutre di piaggeria, d’invidie, dell’inadeguatezza degli operatori che lo alimentano (a partire dai critici), degli aspetti più voyeuristici e della ricerca del clamore e della spettacolarizzazione a buon mercato. Un mondo dove il falso è l’unico vero comune denominatore e la verità svanisce nel buio dell’illusione.


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