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Technology/Transformation: Wonder Woman, una cavalcata ironica attraverso la rappresentazione del corpo femminile

Il micro-trattato di sei minuti firmato da Dara Birnbaum è disponibile in streaming su MYmovies, accessibile acquistando un biglietto per la mostra “American Art 1961-2001” di Palazzo Strozzi. 
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di Ilaria Ravarino

venerdì 25 giugno 2021 - mymovieslive

È una cavalcata ironica e trasversale attraverso la rappresentazione massmediatica del corpo femminile quella proposta nel 1979 da Dara Birnbaum nel manifesto Technology/Transformation: Wonder Woman, video opera della Mostra “American Art 1961-2001” di Palazzo Strozzi, visibile online sulla piattaforma American Art On Demand in collaborazione con il Cinema La Compagnia-Fondazione Sistema Toscana e MYmovies. 

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Un micro-trattato di sei minuti capace di sviluppare – decostruendo la narrativa del fumetto: corsa, trasformazione, salvataggio - un discorso su potenza, subalternità e sessualizzazione delle donne nei media, a partire da un’icona dell’immaginario pop occidentale: la prima Wonder Woman televisiva, quella di Lynda Carter, protagonista delle celebri avventure trasmesse negli anni Settanta negli Stati Uniti da ABC e CBS (in Italia con Mediaset).
 

L’ESPLOSIONE: I MEDIA E LA PAURA DEL FEMMINILE
Il fuoco, il fumo, lo scoppio e le fiamme. Il primo simbolo su cui Birnbaum invita gli spettatori a riflettere è il senso di rischio associato, nel linguaggio dei media, all’idea di potenza femminile.

Il passaggio da Diana Prince a Wonder Woman, compiuto attraverso la celebre piroetta, viene decostruito e accompagnato, nel montaggio dell’artista, dal rumore di un’esplosione e dalle immagini ripetute di un incendio, a sottolineare la violenza di una transizione che non può compiersi senza un margine di rischio: non è una morbida dissolvenza, ma uno strappo feroce, quello che nelle immagini tv converte il femminile dall’angelicato all’indomito, dal rassicurante al selvatico.

L’esplosione incarna il desiderio della liberazione dell’immagine della donna dal canone di perfezione e costrizione anni Cinquanta: la segretaria Diana ha i capelli legati in una coda di cavallo, veste pantaloni a vita alta e camicie ben allacciate, la supereroina Wonder Woman ha la chioma sciolta, i capelli al vento, il corpo (semi) nudo, libero e potente. Al centro di un prodotto della tv degli anni Settanta, figlio della terza ondata dei movimenti femministi, la Diana trasformata rappresenta il femminile emancipato e dominatore, lo stesso che cercava in quegli anni - proprio in media come il cinema e la tv – il protagonismo non solo davanti ma anche dietro alla macchina da presa.

LO SPECCHIO: COME I MEDIA RIFLETTONO LA DONNA
Prima supereroina ad esistere indipendentemente dal comprimario uomo – a differenza di Mary Marvel, gemella di Capitan Marvel, e Supergirl, cugina dell’alieno di Krypto - Wonder Woman nasce su carta per essere un’icona femminile, ma arriva in tv per bissare il successo del Batman di Adam West.

Autonoma ma pur sempre dipendente dal modello maschile, perno intorno al quale è costretta a definirsi per emulazione o sottrazione, Wonder Woman incarna tutte le ambiguità del doppio - riflesso ambiguo di una fantasia di liberazione e dominazione che apparteneva allo stesso creatore del personaggio, William Moulton Marston, convinto sostenitore di poligamia e matriarcato.

Ecco allora lo specchio che diventa l’immagine centrale del filmato di Birnbaum, portale attraverso cui passa l’eroina per incontrare l’uomo che dovrà salvare, proteggendolo col suo stesso corpo - in un gioco al riflesso - dai proiettili nemici. Uno strumento, lo specchio, che si fa simbolo del controverso rapporto che i media da sempre hanno con il racconto di un femminile che esca dal canone, costretto a specchiarsi nel maschile – aderendovi o attraversandolo – ogni qualvolta desideri comunicare con codici che non appartengano al proprio genere.

LA SESSUALIZZAZIONE: LO SGUARDO DEI MEDIA SULLE DONNE
Imprescindibile, nel racconto del turbolento rapporto tra donne e media, è infine il tema della sessualizzazione del corpo femminile, che trova nella Lynda Carter del Wonder Woman televisivo evidente espressione: il corpo di una pin up nei vestiti succinti della supereroina, a normalizzare per l’occhio maschile la carica trasgressiva della potenza femminile, trasformando la super donna in un’icona erotica predestinata.

Ecco allora che quell’esplosione vista all’inizio del film, simbolo della pericolosa forza delle donne, viene annichilita alla fine, con l’analisi e la scomposizione del testo fortemente allusivo della hit del 1978 Wonder Woman in Discoland (“I want to take you down/ and show you all the powers I possess”, “Voglio starti sopra/ e farti vedere i miei superpoteri). Finché l’occhio dei media sarà quello maschile, è il messaggio di Birnbaum, il corpo delle donne non sarà mai protagonista. Quarant’anni dopo, la questione resta aperta.


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