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American Art 1961-2001 continua su MYmovies con 6 esclusive video-opere

Con il biglietto d'ingresso alla Mostra di Palazzo Strozzi si avrà accesso a 6 contenuti extra rappresentativi della grande arte statunitense che ha segnato la seconda metà del ventesimo secolo. 
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di Tommaso Tocci

venerdì 11 giugno 2021 - mymovieslive

A Palazzo Strozzi di Firenze va in scena la grande arte statunitense che ha segnato la seconda metà del ventesimo secolo. Gli artisti più iconici, in un periodo florido di stimoli culturali, da quegli anni sessanta che avrebbero cambiato il paese fino all’arrivo di una nuova epoca con l’11 settembre.

American Art 1961-2001 avrà luogo a Firenze dal 28 maggio al 29 agosto, in collaborazione con il Walker Art Center di Minneapolis, e per l’occasione si estende al mondo del cinema in streaming grazie alla partnership con MYmovies, che ospiterà sei opere visibili sulla piattaforma digitale del sito.

Quella dei film in streaming è una selezione che indaga il rapporto tra produzione culturale e mezzi di informazione, in particolare la televisione che in quel periodo diventava preponderante.

LA MOSTRA A PALAZZO STROZZI
Tutto fa da sfondo all’offerta complementare della mostra, che comprenderà oltre 80 opere di artisti come Andy Warhol (ben dodici opere presentate, tra cui Sixteen Jackies sulla first lady Jacqueline Kennedy dopo l’assassinio del marito), Mark Rothko, Cindy Sherman con i suoi autoritratti, fino alla modernità di Matthew Barney, con alcune opere mostrate per la prima volta in Italia. La pop art, il minimalismo (è presente Donald Judd), l’esplosione dell’arte digitale si intrecciano ai temi dei diritti civili, all’esplosione della cultura di massa e del consumismo (con le fotografie “riappropriate” di Richard Prince, ad esempio), per arrivare finalmente alla rielaborazione artistica dell’esperienza afroamericana grazie a nomi come James Marshall e Kara Walker.

LE VIDEO OPERE IN STREAMING SU MYMOVIES
Alcuni dei film nella selezione in streaming di MYmovies mettono al centro l’esperienza corporale nuda, come il pionieristico (1964) Meat joy di Carolee Schneemann con il suo “teatro cinetico” fatto di performance improvvisate al ritmo di musica. Oppure si interrogano su amore e desiderio attraverso il filtro della macchina da presa, come in Theme song di Vito Acconci, seminale oggetto di videoarte risalente al 1973 con un monologo dell’artista stesso.

Altre invece affrontano direttamente il fenomeno del consumo dell’immagine televisiva che in quei decenni avrebbe fondamentalmente alterato l’esperienza cognitiva umana. È il caso del celebre Technology/Transformation: Wonder Woman, del 1978, in cui Dara Birnbaum rimonta frammenti della serie televisiva per parlare di identità di genere. E intanto Nam June Paik, uno dei padri della videoarte, avviava una decostruzione anche meccanica e tecnologica del mezzo: TV Cello Premiere documenta l’uso della sua installazione Tv Cello a supporto di una performance di Charlotte Moorman, con il medium fisico che si fa “vestito” e impedimento per la musicista.

La musica torna nel lavoro di Dan Graham, Rock my religion, in cui si intreccia alla religione con un parallelo tra l’adorazione moderna delle icone del rock e il bagaglio di antica ritualità che ci portiamo dietro. Infine Martha Rosler con If it's too bad to be true, it could be disinformation, che nel 1985 indagava le pratiche comunicative dei programmi di informazione televisiva negli Stati Uniti, che influenzavano l’opinione pubblica con un occhio al messaggio governativo.  


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