Il film di Lisa Brühlmann auspica l'autoaccettazione ed elogia metaforicamente la diversità. Al cinema.
di Marianna Cappi
Mia ha quindici anni e si è appena trasferita con la famiglia a Zurigo, in una nuova casa e in una nuova scuola. Non è facile ambientarsi, e per Mia non lo è nemmeno nel proprio corpo, che sta cambiando rapidamente, spaventandola. Non controlla i suoi istinti, che le fanno fare cose strane, e comincia ad avere dei misteriosi problemi cutanei alle gambe. La frequentazione di Gianna e delle sue amiche, ragazze che passano il tempo a bere e a combinare incontri di sesso via smartphone, la porta a sedare con l'alcool le sue preoccupazioni, ma la trasformazione del suo corpo non si arresta e prende il sopravvento.
La svizzera Lisa Brűhlmann prende alla lettera le sensazioni comuni a molte fasi dell'adolescenza e i discorsi che si accompagnano ad esse - l'impressione di non riconoscersi, di vedersi mostruosi, di combattere con nuovi e implacabili appetiti, di sfuggire a tal punto alla comprensione dei propri genitori da pensarli come estranei - e costruisce un'escalation che trasforma il classico coming of age in una sua versione allucinata e fantastica.