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Muhammad Ali, forza, impegno, cultura e leggenda

Si è spento a 74 anni Cassius Clay, il re del ring che è stato anche un modello trasversale, di tutto.
di Pino Farinotti

domenica 5 giugno 2016 - Focus

Muhammad Ali, Cassius Clay, è stato un modello trasversale, di tutto. Dello sport, del sociale, della politica, della vita di tutti. Solo gli eroi sportivi, o certi rarissimi grandi attori, possono permettersi questa predilezione universale, dove ci sono c'è solo condivisione, non c'è divisione. Neppure un grande politico, al quale si deve magari una guerra vinta, o un regime stravolto, o una rivoluzione realizzata, o un muro di pregiudizi sfondato, o il benessere di una nazione raggiunto, e altro, può permettersi una condivisione assoluta. Avrà sempre dei detrattori. Ma voglio correggere il concetto.

Le idee politiche di Ali a volte sembravano perfette per essere contrastate, da una parte politica almeno, ma espresse da lui, un non-professionista della politica, dunque più "alto ed esterno", venivano, se non accettate, magari considerate senza odio o ideologia.
Pino Farinotti

Tutto questo perché la gente ha la percezione della grazia, del grande dono che arriva da chissà dove e che certifica uno status eccezionale, che si fa accreditare. Ho scritto di Pelé, in questa sede, un altro eroe della condivisione. Per molti aspetti i due si assomigliano. E quando vediamo Ali accompagnarsi in sequenza, a Malcom X, o a Luther King, o a Clinton, o ai Bush, il focus è su di lui, non sui politici. È lui il protagonista. È lui che veniva corteggiato e messo in mostra. Ali non è stato un uomo perfetto, è possibile che nelle sue azioni e posizioni, e battaglie, ci fossero implicazioni mirate, che il suo modello strepitoso potesse servire politicamente, aldilà dell'attitudine personale dell'uomo, tuttavia le sue indicazioni furono quelle accolte dalla cultura progressista e Ali, spesso, arrivava prima.


Muhammad Ali insieme alla moglie Yolanda Ali (2006).
A Casablanca Muhammad Ali viene ringraziato da suor Beltran per gli aiuti umanitari consegnati dal campione.
20 luglio 1996: ai Giochi di Atlanta, Ali è l'ultimo tedoforo e anche un uomo sofferente a causa del Parkinson. Accende con le mani tremanti il fuoco di Olimpia.

L'atleta è stato impareggiabile e questa è la piattaforma di tutto. A Roma, alle Olimpiadi del sessanta fu medaglia d'oro. Era mediomassimo, aveva solo diciotto anni e il fisico e i muscoli di quell'età. A 22 era campione del mondo dei massimi. Quando si dice "il più grande", una parte di quella definizione sta proprio nel corpo: aveva la velocità di un medio e la potenza di un massimo. Battendo tutti i più forti massimi della sua epoca legittimò quella definizione. Quando ebbe la percezione della sua condizione, qualcosa di assoluto e unico, allora costruì il suo personaggio complessivo, sì, la sua leggenda.

Non volle andare in Vietnam, e a quel tempo l'inutilità, la stupidità di quella guerra non erano ancora assodate. Disse di non riconoscere quella gente come nemici: "non ho mai sentito un vietcong chiamarmi negro e non voglio uccidere bambini e innocenti".
Pino Farinotti

Quando abbracciò la religione musulmana disse "Cassius Clay è un nome che non mi son scelto, d'ora in poi sarò Muhammad Ali, che vuol dire prediletto da Dio". Sapeva come parlare, frasi che affondavano come lame, piene di contenuti, veloci e violente, nessun copy ne avrebbe scovato di più efficaci. La diserzione gli costò tre anni e mezzo di squalifica, quelli dell'energia maggiore. Gli fu concesso di tornare sul ring e riconquistò il titolo. Poi lo perse e lo conquistò di nuovo, ultratrentenne, affrontando, a Kinsasha, nello Zaire, il suo avversario storico, Foreman. Quell'incontro, organizzato nell'Africa delle origini ebbe un valore simbolico, un valore... alla Muhammad Ali. Un avversario "ideale" di Ali fu Rocky Marciano, il campione bianco, l'unico nella storia del pugilato a ritirarsi imbattuto. Era il 1969 e si dibatteva su chi fosse il più grande di tutti.


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