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La politica degli autori: Paul Thomas Anderson

Il cineasta americano torna in sala con The Master.
di Mauro Gervasini

In foto Paul Thomas Anderson, regista di The Master.
Paul Thomas Anderson (53 anni) 26 giugno 1970, Studio City (California - USA) - Cancro. Regista del film The Master.

mercoledì 2 gennaio 2013 - Approfondimenti

Philip Seymour Hoffman ha raccontato durante la scorsa Mostra di Venezia, dove The Master è stato presentato in anteprima mondiale, come sul set Paul Thomas Anderson recitasse la parte sua, tiranno manipolatore ispirato a Ron Hubbard fondatore di Scientology, poi quella di Joaquin Phoenix, vittima designata della manipolazione, ma anche figliol prodigo o "prescelto". E lo faceva dando la diversa impostazione a entrambi, quasi a ribaltare la massima di Flaubert. Non più: «Madame Bovary sono io» ma: «Tutti voi sono io». Nella storia dell'arte cinematografica altri hanno aderito così ai propri personaggi e al modo di raccontarli. Orson Welles. Stanley Kubrick. Vivere il cinema in maniera totale, febbrile, con eccessi maniacali destinati a fomentare il mito della personalità. Il gran segreto delle lavorazioni. Il fastidio delle relazioni pubbliche (i silenzi di PT Anderson nelle conferenze stampa sono biblici). La scelta di soggetti sempre bigger than life (nel nostro caso l'incursione relativamente più minimale, Ubriaco d'amore del 2002, è anche la peggiore). La radicalità dello sguardo, perennemente alla ricerca del non convenzionale, della rivoluzione del canone, guarda caso in tutti e tre i nomi citati tradotta in una modalità di montaggio allergica alla linearità e nell'uso espressivo dominante del piano sequenza. Autori. Con la A maiuscola.

Oggi Paul Thomas Anderson (Los Angeles, 26 giugno 1970) è il cineasta con il quale fare i conti. Anche e soprattutto alla luce di The Master, nelle sale da questo inizio 2013. Per alcune proiezioni (ai festival ma non solo) il regista ha imposto il formato originale, 70 millimetri, già di per sé un anacronismo ben difficile da gestire tecnicamente. Resta però la miglior cornice per un film che fa a meno di grandi scenari e si "chiude" sempre in modo claustrofobico sui propri personaggi, specie i due protagonisti, il "maestro" Hoffman e il "discepolo" Phoenix. Una scelta solo in apparenza paradossale. Anche in Il petroliere (2007) spesso il primo piano descrive azioni sullo sfondo (ad esempio nella scena dell'incendio) che secondo una normale grammatica del cinema presupporrebbero un totale, o almeno un campo medio. Non per spirito barocco (alla Welles) ma per sottolineare la "voracità" nei confronti dei corpi, più che delle situazioni, e il suo volere aderire immergendosi nella "materia dei sogni".

Paul Thomas Anderson racconta fin dal primo film (Sydney, 1996) la "nascita di una nazione" sorretta su due pilastri: il potere e il denaro. Su questo sfondo si muovono figure che cercano con ogni mezzo la loro americanissima opportunità. Senza merito o talento che non siano effetto di immoralità o spregiudicatezza. Spesso hanno successo a caso (il petroliere Daniel Day-Lewis trova l'oro nero cercando altro) o per qualità estetiche (Mark Wahlberg in Boogie Nights non sa fare nulla ma è sessualmente super dotato...). E lottano per l'effimero, le cui facce più tremende sono appunto quelle del potere e del profitto. I film di Paul Thomas Anderson, tutti, sono dominati da figure di padri veri o putativi, di solito mostruosi. In Magnolia (1999) Philip Baker Hall abusò della figlia, ora è un presentatore televisivo. Il rapporto tra Jason Robards e Tom Cruise si è basato su assenza e rancore, adesso il primo, produttore tv, muore, mentre il secondo si spaccia per guru del sesso. I "bambini prodigi" non sanno come diventare grandi, e quando accade sono devastati (William H. Macy). Il tema del padre, così centrale nella grande letteratura americana contemporanea, da Philip Roth a Cormac McCarthy, ha nel cinema di PT Anderson una ingombranza che definiremmo politica. Lo dimostra The Master ma anche Boogie Nights - L'altra Hollywood (per chi scrive il suo titolo migliore), potente affresco sulla fine di un'epoca e l'inizio di un'altra, gli anni '80 di Reagan dominati dalla seduzione del nulla e dalla soddisfazione dei desideri più epidermici, oltre che da figure emblematiche e carismatiche come il regista-demiurgo Burt Reynolds.

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