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La politica degli autori: Sam Mendes

Il regista di Skyfall è uno dei principali alfieri del Midcult.
di Mauro Gervasini

In foto il regista Sam Mendes alla premiere del film Skyfall a Roma.
Sam Mendes (Samuel Alexander Mendes) (58 anni) 1 agosto 1965, Reading (Gran Bretagna) - Leone. Regista del film Skyfall.

giovedì 1 novembre 2012 - Approfondimenti

James Bond e Sam Mendes, regista di Skyfall, non condividono solo il passaporto britannico. Sono entrambi figli di genitori di provenienze diverse: scozzese il padre di James, svizzera la madre. Portoghese il babbo di Sam, inglese la madre. Stessa movimentata vita sentimentale. Bond è stato sposato e almeno un'altra volta innamorato (di Vesper Lynd) ma le conquiste non si contano. Mendes ha avuto tra le fidanzate Cameron Diaz e Calista Flockhart ed è stato sposato per sette anni con Kate Winslet, con la quale ha un figlio. Inoltre, cosa forse più importante, hanno entrambi lo stesso grado di comandante, sebbene Mendes lo abbia raggiunto per meriti artistici e non sul campo (per la precisione, è Knight Commander of the Order of the British Empire). Destino quindi che si dovessero incontrare. E per fortuna. Skyfall è prima di tutto un magnifico film d'azione, poi, in seconda battuta, ha il coraggio di rivoluzionare il personaggio di 007. Da bondiani ammettiamo di avere anche avuto qualche problema di fronte a certe licenze poetiche (tipo la figura di Moneypenny) ma il film è troppo entusiasmante per sottilizzare.

I titoli della serie hanno alle spalle un apparato produttivo potente e competente, guidato da figlia e figlioccio di Cubby Broccoli, Barbara e Michael G. Wilson. Spesso è difficile trovare tocchi d'autore nei film di Bond, proprio perché la continuity artistica è assicurata dalla produzione. Tuttavia in tempi recenti le regie di Martin Campbell (007 Goldeneye, Casinò Royale) si sono dimostrate superiori mentre l'originalità di Skyfall non può essere farina del sacco degli sceneggiatori Neal Purvis e Robert Wade, che in passato hanno scritto alcuni degli episodi peggiori della saga, come Il mondo non basta e La morte può attendere. Sam Mendes ha imposto il cambiamento ispirandosi alla rilettura di Batman fatta da Christopher Nolan (lo ha detto lui che il modello è Dark Knight) senza rinunciare però a un elemento del tutto estraneo all'autore del pomposo Il cavaliere oscuro - Il ritorno: l'ironia.

Nel panorama cinematografico contemporaneo Mendes è uno dei principali alfieri del Midcult, quella tendenza intellettuale piccolo-borghese codificata da Dwight Macdonald secondo la quale si ammanta di apparente spessore estetico un contenuto "bassomimetico". American Beauty (2000), certo il titolo più celebre del regista britannico, ne è perfetto manifesto. Ad attrarre è la morbosità spinta tipica di un qualunque film di genere, ma essendo il film "impegnato" viene premiato con gli Oscar. A fare male (almeno a noi che il cinema di genere lo amiamo davvero) è la sua seconda operazione, Era mio padre (2002). Anche qui, il punto di partenza è una graphic novel (o romanzo grafico), ultima e più diabolica invenzione semantica del Midcult. Siccome fumetto, al pari di cartone animato, suona male, allora si modifica il nome in qualcosa di più esotico, facendogli perdere la semplicità popolare in cambio di una presunta nobiltà. Così il gangster movie di Mendes, meravigliosamente fotografato da Conrad L. Hall, è bello senz'anima, spreca una storia che poteva essere ben più sporca e travolgente, con tutti i riferimenti all'epoca di Al Capone e alla sua guerra sanguinaria contro l'Irish Mob (qui già normalizzata dal patto tra Rooney/Paul Newman e Frank Nitti/Stanley Tucci). È invece generalmente apprezzato Revolutionary Road (2008) dove il sottile accademismo della messinscena del regista diventa virtù, perché adatto a rappresentare la normalizzazione di una coppia borghese (Leonardo DiCaprio e Kate Winslet, eccezionali) negli happy days americani (gli anni '50), durante i quali in realtà utopie e anticonformismi vennero smorzati da benessere e familismo.
Possiamo parlare anche per Skyfall di una sorta di Revolutionary Bond, con il personaggio che va in direzione ostinata e contraria rispetto alla tradizione fleminghiana.

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