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San Valentino di sangue porta l'horror nella terza dimensione

Esce nelle sale il primo horror interamente realizzato in tre dimensioni.
di Gabriele Niola

Tra cinema da parco giochi e tradizione splatter ci si diverte

giovedì 7 maggio 2009 - Making Of

Tra cinema da parco giochi e tradizione splatter ci si diverte
Un po' lo attendevamo un horror in 3D, qualcosa cioè che utilizzasse la tecnologia tridimensionale per stupirci davvero prendendo una materia da sola già abbastanza coinvolgente per portarla ad un altro stadio grazie alla terza dimensione. Arriva a soddisfare questo desiderio San Valentino di sangue 3D, il secondo film in tre dimensioni live action che si vede in Italia (il primo fu Viaggio al centro della Terra), con tutta una serie di esondazioni dallo schermo. Da bravo genere "coatto" l'orrore si nutre di esagerazioni: di donne esagerate, di nudità esagerate, di killer esagerati e soprattutto di squartamenti esagerati. Come poteva dunque il 3D essere moderato?
Remake di un vecchio omonimo film canadese l'opera sanguinaria di Patrick Lussier non si sposta di un passo dai canoni del genere, senza inventare o cambiare nulla nello svolgimento classico della trama splatter e puntando quanto può al sensazionalismo degli oggetti che escono dallo schermo. Il risultato è un film assolutamente mediocre, un effetto tridimensionale buono e intrattenimento funzionante da cinema di un parco di divertimenti. Ma così era giusto che fosse.
La tecnologia c'è e funziona (non fa male agli occhi, non dà fastidio e ci si abitua in fretta), la sperimentazione di diversi generi pure e le sale anche cominciano ad arrivare. Mancano solo i bei film.

Più che il 3D è il digitale la vera rivoluzione
Digitale 4K, videocamere Red One e Silicon Imaging, per un sistema di ripresa tridimensionale assolutamente all'avanguardia. In San Valentino di sangue 3D di gran lunga è la tecnologia impiegata la cosa più interessante. La storia la sapete e se non la sapete la potete immaginare. Una morte violenta, un maniaco omicida, feste di ragazzi che finiscono massacrati e finale con svelamento a sorpresa.
La vera notizia è il 3D. Un 3D che, a differenza di quelli che abbiamo visto in passato, funziona! Funziona perchè non "fa difetto", nel senso che non ci sono parti dello schermo che sfarfallano o infastidiscono lo sguardo come era capitato per Mostri contro alieni, funziona perchè l'immagine è sempre convincente nella sua profondità e nonostante non risolva il problema dalla riduzione di luminescenza lo stesso ad un certo punto si dimentica di avere gli occhiali indosso e ci si concentra in un film "profondo" (ma solo per quanto riguarda le dimensioni sia ben chiaro!).
Certo in quanto horror/splatter San Valentino di sangue abusa del 3D, fin dall'inizio è tridimensionalizzato tutto il tridimensionalizzabile e benchè gli autori si sforzino di spiegare che "Il pubblico ha anche bisogno di momenti più tranquilli per apprezzare la trama e così abbiamo dosato la tecnologia" il film dice altro. Ci sono picozze che escono, fari che illuminano la sala, pallottole sparate verso gli spettatori e chiaramente pezzi di carne e schizzi di sangue tridimensionali che cercano di atterrare in sala.
Ma alla fine in un tripudio di tridimensionalità scriteriata ed esagerata da parco giochi associata ad una trama risibile per la sua semplicità tradizionalista a vincere davvero forse è il digitale. Si perchè se il 3D è usato in maniera talmente esagerata da non essere credibile per un futuro (impensabile che si facciano tutti gli horror così, il pubblico si desensibilizzerebbe subito) la proiezione digitale invece è davvero convincente. Il 3D moderno infatti è sempre digitale, cioè necessita sempre di un proiettore digitale e la qualità (rispetto alla pellicola) è forse il vero grande passo avanti.

Il primo horror in 3D moderno doveva essere così
Di San Valentino di sangue in realtà già ce n'era uno del 1981, girato in Canada e mai uscito in Italia che fu un piccolo caso per il cinema canadese. Un film non eccessivamente noto nel resto del mondo nè eccessivamente seminale, ma comunque di culto. Riportarlo al cinema, in 3D ha tuttavia un suo senso.
Inutile ripetere ancora come in passato l'horror sia stato il genere che più ha visto fiorire pellicole 3D, ora invece è l'animazione (nei decenni aumentata esponenzialmente come produttività) ad essere la regina della terza dimensione e addirittura questo primo horror arriva a qualche anno dall'introduzione della nuova tecnologia. Colpa di un pubblico diverso, di gusti diversi e di una produzione dell'orrore che è sempre meno pura serie B e sempre più autoriale (e quindi sganciata dai meccanismi sensazionalisti come la terza dimensione).
San Valentino di sangue 3D invece è proprio serie B. Non c'è nessuna possibile autorialità, il regista Patrick Lussier è allievo di Wes Craven e ha realizzato un film che è una summa dei luoghi comuni e delle scene topiche degli horror americani dagli anni '80 in poi. La morale di fondo, il susseguirsi delle morti, la suspence e l'assegnazione dei ruoli (assassini, cacciatori, amici, nemici...) tutto segue un percorso noto anche a chi non navighi molto le acque dell'orrore. La concentrazione dunque è tutta sul gesto, sul come far accadere qualcosa che tutti sanno che sta per accadere.
In questo senso l'abbinamento del 3D ad un film del genere è davvero funzionale. Non si possono fare salti eccessivi, il 3D è agli inizi, si deve perfezionare, deve diventare linguaggio, deve entrare nel mondo del cineme e deve essere accettato dagli spettatori. Per tutto questo ci vorrà del tempo e le cose vanno fatte per gradi. Ecco perchè San Valentino di sangue 3D pur nella sua immaturità è necessario così com'è.

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