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Maradona underground

Restando a bordo campo e dribblando gli stereotipi, Kusturica racconta un calcio romantico e farabutto.
di Marzia Gandolfi

Santa Maradona

venerdì 30 maggio 2008 - Incontri

Santa Maradona
Un film come una partita racconta una storia su cui il critico e il cronista sportivo sono chiamati a dare un giudizio di valore e un resoconto interpretativo. Per l'uno e per l'altro è necessario sforzarsi di essere obiettivi: non esagerare nella stroncatura, non eccedere nell'esaltazione. Che la "storia" appartenga a Maradona o a Kusturica, il divo non ha diritto a sconti e bisogna valutarlo come faremmo esattamente con qualsiasi altro calciatore o regista. Sulla carta è così che le cose dovrebbero andare ma poi quell'artista (del pallone o della macchina da presa) ha quell'idea di calcio o di cinema, quegli undici tocchi prima del secondo goal all'Inghilterra o quelle spose che volano sopra invitati immaginari alla deriva, che le regole deontologiche finiscono per cedere il passo alle emozioni. Se poi Emir Kusturica, regista balcanico di una nazione che non c'è più, decide di girare un film sulla vita esagerata di Diego Armando Maradona, per il critico, soprattutto per lui, le cose si complicano e le suggestioni raddoppiano. Maradona by Kusturica non ha un punto di equilibrio, si tratta piuttosto di un sentimento di fede e di osservanza irrazionale nei confronti del proprio idolo. Da "bordo campo" e dribblando stereotipi, Kusturica racconta un calcio romantico e farabutto, fatto di un solo eroe e dalla sua titanica impresa. Contro quelli che tifano il più forte, contro i vincitori "obbligati" e la noblesse dello scudetto o delle coppe mondiali, Kusturica racconta il calcio "provinciale" e neorealista, perché suggerisce una presa di coscienza dei problemi collettivi, perché dà un significato sociale alle proprie imprese, rappresentando il bisogno di speranza degli umili. È il calcio del Boca Juniors, che affondò i rivali giganti del River Plate, quello del Napoli che infranse il sogno costoso di imprenditori e avvocati, e naturalmente quello dell'Argentina che piegò l'Inghilterra imperialista della Thatcher in un piano sequenza mai concepito prima. Nel quarto di finale contro l'Inghilterra a Mexico '86, Diego Armando Maradona prese una palla tra due avversari dietro il cerchio del centro campo e partì alla scoperta del campo e del mondo, dribblando tutto quello che c'era da dribblare fra lui e la porta e toccando la palla sempre e solo con il sinistro fino ad appoggiarla in rete. È questo il goal su cui il film Kusturica e i fedeli della chiesa maradoniana ritornano insistentemente, celebrando, fisso ed efficace, un rituale contro un nemico pubblico: la Thatcher, Elisabetta e Carlo, Blair, Reagan, Bush. C'è tutto questo e molto di più nel documentario di Kusturica, che il calcio lo ha praticato davvero, c'è il guerriero di una causa persa nel ghetto di Villa Fiorito che scopre uno scopo: le ragioni dell'arte e del cuore e il gusto di vincere contro il destino. Ma la fiaba che rende liberi e senza paura, ha chiesto un prezzo altissimo a Maradona, che confessa in macchina il dolore di aver tradito il suo dono e il suo talento. Il cinema di Kusturica si mette al servizio del dio dismesso per sondarne le emozioni, per comprendere la totale identificazione fra un calciatore e una nazione, per afferrare perché il genio che trova soluzioni semplici a problemi complessi (toccare la palla con un pugno perchè con la testa non ci arrivava) si sia venduto la "grazia" per una manciata di polvere.

Documentando Diego
Emir Kusturica: Arrivato a Buenos Aires nel 2005, volevo scoprire chi fosse veramente Maradona. Volevo fare un film su di lui perché sono da sempre uno dei suoi più grandi ammiratori e poi perché Maradona ha segnato il goal del secolo: quello del 1986 contro l'Inghilterra. Un goal significativo, un esempio di giustizia e di rivalsa di un paese più piccolo verso quello più grande. L'Argentina e la Serbia sono stati affossati dal Fondo Monetario Internazionale ed entrambi lottano contro la sua politica, rappresentativa del potere occidentale. Anche per questo mi sento vicino a Maradona. Ho letto dei libri su Maradona, ho letto articoli di giornali, ho visto film e ho ascoltato trasmissioni radiofoniche sulla sua vita e sulla sua intera vicenda e mi sono reso conto ogni volta che gli autori in questione non avevano saputo rendergli giustizia, comprenderne gli eccessi, il genio e la passione. Mi sono buttato perciò in questo viaggio dentro l'uomo e quell'uomo mi ha dato la sua fiducia e la sua amicizia, accettando di collaborare pienamente con me davanti alla macchina da presa.

Documentario vs fiction
Emir Kusturica: Mi sono deciso per il documentario perché volevo che il mio film fosse innanzitutto il ritratto di un uomo. Quello che non ho mai sopportato dei film su Maradona è che lo usino immancabilmente per parlare di qualcos'altro. Certi registi sembrano insomma incapaci di cogliere l'impatto che la presenza di Maradona ha avuto sul mondo. Maradona è una storia vera e come tale non ha bisogno di aggiungere finzione. Diego è un attore nato, lui è nato per lo spettacolo. Se Warhol fosse stato ancora vivo gli avrebbe dedicato una delle sue celebri serigrafie e lo avrebbe inserito tra Marilyn Monroe e Mao Tse Tung. Diego Armando Maradona è una delle più grandi icone degli ultimi trent'anni e non si tratta di popolarità manipolata dai media, è diventato un'icona grazie al suo talento, al suo gioco e ai suoi strabilianti goal.

La Vida Tombola
Manu Chao: Quando Kusturica mi propose di prendere parte al suo progetto con la canzone "Santa Maradona", fui ovviamente molto felice e non avevo nulla in contrario. La sola idea di partecipare a un incontro tra Kusturica e Maradona, bastava a rendermi felice. Volevo perciò far parte di questo film. Più tardi ripensandoci, chiesi a Emir se potesse darmi invece la possibilità di dare un contributo artistico maggiore, di mettermi in gioco come artista, permettendomi di scrivere una canzone nuova. Così è nata "La Vida Tombola" che ho cantato con due chitarre in Argentina per Diego, soltanto per Diego.

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