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L'età barbarica: immagini dal Canada

Il 7 dicembre esce nelle sale L'età barbarica di Denys Arcand, un film intelligente e cattivo sulla decadenza dei sentimenti e dei costumi.
di Marzia Gandolfi

Un po' di storia e una foglia d'acero

giovedì 6 dicembre 2007 - Approfondimenti

Un po' di storia e una foglia d'acero
Chiuso per molti anni tra lo sperimentalismo e la tradizione documentaristica britannica, in cui raggiunse risultati eccellenti, il cinema canadese rimase in larga misura ignoto al pubblico e alla critica internazionale. Fu soltanto a partire dagli anni Sessanta che il Canada andò affermandosi, nell'ambito privilegiato dei festival cinematografici e delle rassegne specializzate, con un gruppo di opere collegate ai fermenti contenutistici e formali dei vari movimenti del nuovo cinema americano ed europeo. Nei primi anni Sessanta la cinematografia canadese era ancora timida e impacciata, sospesa fra i compiacimenti formalistici propri di una tradizione di qualità che faceva capo alla politica culturale del National Film Board (un ente statale con funzioni promozionali e propagandistiche) e gli intenti critici nei confronti di una realtà ancora tutta da scoprire e analizzare. Una cinematografia che solo parzialmente rifletteva le tensioni politiche e sociali del Paese e i conflitti delle due comunità linguistiche e culturali, la francofona e l'anglofona, pareva ancora immatura e incapace di restituire del Canada un ritratto composito, complesso e problematico. Si aggiunga che il decentramento artistico e culturale del Canada e la sua effettiva emarginazione politica condannarono a una dimensione sostanzialmente provinciale anche i prodotti più interessanti e significativi. Tuttavia, per i legami naturali che la cultura canadese intratteneva con quelle americana ed europea non si può prescindere dall'inserire la trattazione di questa cinematografia nel più generale discorso sul cinema post hollywoodiano: di un cinema cioè che si è andato opponendo radicalmente al sistema Hollywood sul piano industriale e su quello artistico. Questo non significa che il cinema canadese fu una sorta di appendice al cinema americano, quanto piuttosto un'integrazione di quel panorama che, superando le barriere nazionali sempre meno significative e coercitive, abbracciò le varie manifestazioni di una produzione cinematografica affermando modi e forme distinti dai canoni tradizionali hollywoodiani.

Il declino dell'impero americano
Affacciandosi alle soglie degli anni Settanta la cinematografia canadese si fece agguerrita grazie a un gruppo di cineasti quebecchesi convinti del valore sociale, etico e politico sotteso alla produzione di immagini e alla realizzazione dei loro film. Intenzionati non solo a rivoluzionare i canoni estetici del cinema con le loro cineprese a mano ma il costume stesso della propria nazione, contribuirono a una rappresentazione più corposa di quella realtà. Se David Cronenberg, maestro dell'orrore (allora) povero e greve, è uno dei registi più interessanti nati in seno a quella fervente produzione canadese e non a caso immediatamente rubato dal sistema hollywoodiano, Denys Arcand, "reduce" della pattuglia québécoise, è un autore emblematico: riflesso di una società in via di estinzione, ultimo portabandiera di una compagnia ormai disciolta e ambasciatore canadese nel mondo di un cinema al vetriolo che si fa ma non si vede. A partire dai suoi documentari e dal notevole Réjeanne Padovani del 1973, le immagini di Arcand non hanno mai smesso di colpire lo spettatore come affilate schegge di vetro. Con L'età barbarica, in sala a dicembre, il regista canadese conclude la sua trilogia sui "secoli bui" cominciata con Il declino dell'impero americano e proseguita con Le invasioni barbariche, premiato a Hollywood con l'Oscar. L'età barbarica è un film nervoso e cattivo sulla decadenza e sulla corruzione dei sentimenti, che sviluppa e approfondisce i capitoli precedenti. Una rappresentazione sagace della realtà quotidiana, una riflessione sui rapporti umani, sui legami d'amore, sull'amicizia, sul matrimonio e il tradimento. Al cinema di Arcand non sfugge nemmeno questa volta la situazione ambientale, il carattere della gente e il loro modo di esprimersi nelle differenti condizioni umane e sociali. Il protagonista, Jean-Marie Leblanc, è un uomo ordinario che abbandona la moglie e l'ambiente borghese in cui vive, per provare ad affrontare da solo una vita più autentica. Meno sfacciatamente polemico e rivoltoso del professore di storia de Le invasioni barbariche, Jean-Marie Leblanc è un impiegato statale che condivide i pensieri "scollacciati" di Remy ma tradisce la compagna soltanto in sogno. A metà strada tra la critica di costume, il melodramma e la commedia, il film di Arcand è pieno di acute osservazioni ambientali e di strali antiborghesi, in cui i conflitti sentimentali e morali tendono a simboleggiare un più generale conflitto politico e sociale. Sospeso tra indicazioni poetiche e indagini politiche, tra osservazione generale e cronaca minuta, L'età barbarica è beffardamente inteso a demistificare la società canadese, di cui vengono messi in luce, in termini grotteschi e spietati, le contraddizioni e la fine prossima.

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