jaylee
|
domenica 16 ottobre 2011
|
alla ricerca del tempo perduto
|
|
|
|
Paolo Sorrentino, dopo Il Divo che lo ha di fatto reso noto al pubblico internazionale, scrive e dirige il suo primo film internazionale, che si estende dall’Irlanda agli Stati Uniti. Lo fa con un film di ricerca, nel senso che la pellicola narra di un ex pop star (interpretato da Sean Penn ed ispirato nel look a Robert Smith dei Cure), intrappolato nel suo personaggio (ed ossessionato dal suicidio di due suoi fan) ed ormai ritiratosi dalle scene da 20 anni, che scopre l’ossessione del padre appena morto: l’umiliazione ricevuta da un gerarca nazista durante la sua prigionia nel lager nazista. Decide così di chiudere il cerchio che il padre, con il quale non parlava da 30 anni, non era riuscito a chiudere ovvero, trovare il criminale nazista e vendicarsi…
Prende così vita la storia di Cheyenne, malinconica maschera che attraversa gli Stati Uniti più rurali ed impervi, con il suo trolley (simbolo di tutto il peso di rimorsi e rimpianti di una vita) alla ricerca della nemesi di suo padre, ed incontra i personaggi più disparati, ognuno con una sua visione delle cose… ed accompagnato da una voce fuoricampo che sarà rivelatrice alla fine.
[+]
Paolo Sorrentino, dopo Il Divo che lo ha di fatto reso noto al pubblico internazionale, scrive e dirige il suo primo film internazionale, che si estende dall’Irlanda agli Stati Uniti. Lo fa con un film di ricerca, nel senso che la pellicola narra di un ex pop star (interpretato da Sean Penn ed ispirato nel look a Robert Smith dei Cure), intrappolato nel suo personaggio (ed ossessionato dal suicidio di due suoi fan) ed ormai ritiratosi dalle scene da 20 anni, che scopre l’ossessione del padre appena morto: l’umiliazione ricevuta da un gerarca nazista durante la sua prigionia nel lager nazista. Decide così di chiudere il cerchio che il padre, con il quale non parlava da 30 anni, non era riuscito a chiudere ovvero, trovare il criminale nazista e vendicarsi…
Prende così vita la storia di Cheyenne, malinconica maschera che attraversa gli Stati Uniti più rurali ed impervi, con il suo trolley (simbolo di tutto il peso di rimorsi e rimpianti di una vita) alla ricerca della nemesi di suo padre, ed incontra i personaggi più disparati, ognuno con una sua visione delle cose… ed accompagnato da una voce fuoricampo che sarà rivelatrice alla fine. Cerca la vendetta? Cerca suo padre? Cerca sé stesso?
Gli elementi cruciali del film sono lo spazio ed il tempo… lo spazio dei luoghi che attraversa Cheyenne, quasi come fosse raffigurato nei quadri di Hopper, immobili eppure inquieti, riflettono l’assolutezza dello spirito e dell’anima, immemori. Il tempo come sostanza della vita delle persone, come investimento necessario. Il tempo vissuto come ossessione (dal padre di Cheyenne, dal cacciatore di nazisti), come noia (da Cheyenne stesso), ma soprattutto come attesa (dalla madre del figlio scomparso, o di quello impaurito dall’acqua, del nazista stesso). Il tempo ben speso come unico modo di vivere appieno la vita, come la dimensione in cui vivere o non vivere, come fanno i protagonisti. Emblematica la scena in cui un uomo incontrato in un bar del Michigan chiede stupito a Cheyenne “ed una volta che avrai trovato quel nazista, che ci farai?”. Ovviamente non c’è risposta. Il tempo deve essere speso oculatamente, o viene sprecato (così come le azioni sul mercato che ha investito lo stesso Cheyenne).
Solo quando Cheyenne impara ad usare il proprio tempo, allora cresce (anche da un punto di vista esteriore, come si vedrà nel film), e la vita torna a scorrere, ben spesa. E senza più trascinarsi nessun trolley.
Come sottolinea la canzone dei Talking Heads...
"Evviva ho un sacco di tempo
evviva i tuoi occhi brillano
e sei qui a fianco a me
adoro il passare del tempo
mai per il denaro
sempre per l’amore
copriti e dimmi buonanotte, buonanotte"
Molto bella la regia di Sorrentino, con ampie inquadrature che disegnano le scene e suggeriscono stati d’animo, alternate a primi piani intensi sulle rughe e le linee dei volti degli interpreti e con la musica di David Byrne che sottolinea i vari momenti...Ottimo Sean Penn, che dipinge il suo Cheyenne, bambino pop star mai cresciuto, che alterna momenti divertentissimi a momenti di lucidi aforismi.
Con tutta probabilità, non è un film al livello de Il Divo, e altrettanto probabilmente, questo film non incontrerà i gusti del pubblico d’oltreoceano, ma si tratta senz’altro di un’opera ottima e degna di nota nel panorama attuale degli autori italiani… 2 ore di tempo ben speso.
[-]
[+] mi è rimasto un sassolino nella scarpa......
(di croccodrilerockc)
[ - ] mi è rimasto un sassolino nella scarpa......
[+] sfuma la parola verso un salto non dimensionale
(di weach)
[ - ] sfuma la parola verso un salto non dimensionale
[+] il film nella sua dimensione non assimilabile
(di weach )
[ - ] il film nella sua dimensione non assimilabile
[+] aiuto
(di deadman)
[ - ] aiuto
|
|
[+] lascia un commento a jaylee »
[ - ] lascia un commento a jaylee »
|
|
d'accordo? |
|
pepito1948
|
venerdì 21 ottobre 2011
|
la maschera ed il suo trolley
|
|
|
|
Cheyenne, un cinquantenne straboccante di soldi guadagnati quando era una famosa rockstar, srotola lentamente la sua vita portandosi appresso un carrello pieno di un glorioso vissuto (o carico del suo vuoto presente). Nascondendosi dietro la maschera di cerone, rossetto e parrucca, passa il tempo pigramente, vive in una splendida casa con la moglie che è il contrario di lui ma è felice di condividere le loro diversità, va a fare la spesa per rendersi utile, offre agli scettici così come agli amici comprensivi la sua ambigua eccentricità, in attesa di nuovi stimoli che lo spingano ad uscire da una dimensione di infantile ingenuità e da una galoppante depressione da carenza motivazionale.
[+]
Cheyenne, un cinquantenne straboccante di soldi guadagnati quando era una famosa rockstar, srotola lentamente la sua vita portandosi appresso un carrello pieno di un glorioso vissuto (o carico del suo vuoto presente). Nascondendosi dietro la maschera di cerone, rossetto e parrucca, passa il tempo pigramente, vive in una splendida casa con la moglie che è il contrario di lui ma è felice di condividere le loro diversità, va a fare la spesa per rendersi utile, offre agli scettici così come agli amici comprensivi la sua ambigua eccentricità, in attesa di nuovi stimoli che lo spingano ad uscire da una dimensione di infantile ingenuità e da una galoppante depressione da carenza motivazionale. Li trova casualmente nella ricerca di una persona con cui scopre di aver un conto in sospeso, ed inizia così un viaggio fisico e mentale che, attraverso tappe impreviste ed incontri occasionali utili ad arricchire la sua conoscenza ed ad affinare la percezione del mondo, lo porterà ormai pronto e motivato alla meta dove compirà la missione a modo suo. Il nostos si conclude con l’epifania di un uomo ristrutturato che si è finalmente spogliato degli orpelli clowneschi legati ad un passato finalmente lontano e deciso a riprendere, dopo il lungo black out, il cammino verso nuovi orizzonti. Il carrello non è più necessario.
Questo in estrema sintesi il percorso narrativo seguito da Sorrentino, regista e co-autore di un film che sventaglia molti temi (“penso che il film sia un’occasione per mettere più carne al fuoco possibile”): la crisi di un uomo che ha perso il successo, la ricerca di un obiettivo e di una nuova identità attraverso un viaggio nel mondo fisico e nel microcosmo interiore, la vendetta, ma soprattutto l’assenza di un rapporto affettivo padre-figlio, che in America è una specie di ossessione e che costituisce il vero leit-motiv della storia.
Poi c’è la Shoà, che però fa da sfondo ed è vista “dal punto di vista di un uomo di oggi”, che dell’argomento sa poco o nulla e vi viene coinvolto da qualcuno che invece a quell’infamia ha dedicato la vita.
L’aspetto narrativo non è di per sé rilevante, ma consente di mettere in luce l’evoluzione del protagonista attraverso l’interazione con l’ambiente e con personaggi vari, ciascuno portatore di un pezzo di realtà, che arricchiscono via via il portato del viaggio. Sono divagazioni apparentemente slegate, bozzetti, incontri casuali secondo lo schema del puzzle progressivo. Ecco uno scialbo uomo qualunque nel bar di un paesino sperduto che rivela sommessamente di essere l’autore della più grande rivoluzione dell’umanità viaggiante, cioè il trolley, che richiama in qualche modo il carrello di Cheyenne. Ecco l’autostoppista attempato che scende in luogo deserto e si inoltra verso il nulla in mezzo ad una folta vegetazione color oro accecante (obbligato il riferimento a Van Gogh e forse alla sua follia), e così via.
Da sottolineare l’attenzione premurosa di Sorrentino verso il paesaggio americano, non tanto quello urbano e ampiamente noto, ma soprattutto quello dei piccoli centri fuori dai grandi circuiti, della campagna senza fine, delle case e delle architetture periferiche, che costituiscono l’”altra” America.
Realismo e surrealismo, ironia e dramma, creatività e descrizione sono gli ossimori che connotano senza stonature l’intero dipanarsi della vicenda umana del bambino che si fa uomo, che come tale si ripresenta nel suo ambiente con l’aspetto quasi irriconoscibile di chi in poche settimane, attraverso una metamorfosi rigeneratrice, ha compiuto un balzo evolutivo di diversi anni.
Forse c’è troppa carne al fuoco, ma l’ultima opera di Sorrentino (tutta italiana giura il regista, visto anche il cartello di finanziatori integralmente europeo; ma il rimarcare temi fortemente sentiti negli USA, come la difficoltà di rapporto genitori-figli e l’Olocausto, giustifica qualche dubbio) affascina e coinvolge fin dall’inizio, e il primo impatto di istintiva non familiarità verso la maschera grottesca di Penn (grande come al solito) si stempera grazie alla capacità del regista di trasmetterne la profonda umanità a dispetto delle apparenze.
[-]
[+] sinergie risonaze fra immagini e suoni
(di weach)
[ - ] sinergie risonaze fra immagini e suoni
[+] toc ...toc, si può????????
(di weach )
[ - ] toc ...toc, si può????????
|
|
[+] lascia un commento a pepito1948 »
[ - ] lascia un commento a pepito1948 »
|
|
d'accordo? |
|
weach
|
venerdì 6 gennaio 2012
|
e dio prima creò il sogno a stento seguì la realtà
|
|
|
|
This must be the Place
di Paolo Sorrentino-anno di produzione 2011
Parliamo di sensibilità allo stato puro senza spazio per l'intelletto ?
Forse di un movimento energetico che ci rapisce nel suo inteso "rumore d'amore"?
Sono solo due ore armoniche, malinconiche, appassionate,struggenti?
Il protagonista è alla ricerca dell'amore che non ha potuto avere o dare mentre ascolta un silenzio esistenziale ricolmo di dolore fisco e materiale?
Si intravede sullo sfondo una società arida , senza ethos ne pathos , dove si contrappone una spiritualità battagliera che non accetta di essere fagocitata da un motu di dissoluzione ; una spiritualità che si aggrappa ad un valore non manipolabile “ la capacità di "sentire ".
[+]
This must be the Place
di Paolo Sorrentino-anno di produzione 2011
Parliamo di sensibilità allo stato puro senza spazio per l'intelletto ?
Forse di un movimento energetico che ci rapisce nel suo inteso "rumore d'amore"?
Sono solo due ore armoniche, malinconiche, appassionate,struggenti?
Il protagonista è alla ricerca dell'amore che non ha potuto avere o dare mentre ascolta un silenzio esistenziale ricolmo di dolore fisco e materiale?
Si intravede sullo sfondo una società arida , senza ethos ne pathos , dove si contrappone una spiritualità battagliera che non accetta di essere fagocitata da un motu di dissoluzione ; una spiritualità che si aggrappa ad un valore non manipolabile “ la capacità di "sentire ".
Tante domande, tante porte aperte; in realtà è un film minimalista molto efficace che ci abbracciatutti invitandoci a " viaggiare dentro noi stessi".
-Home is where i want to be-(la mia casa è dove voglio essere della canzone dei Talking Haed che da sapore all''opera di Paolo Sorrentino).
Una canzone dei Talking Haed dice più meno cosi :" E Dio prima creò il sogno mentre a stento seguì la realtà".
L'"apnea "esasperata di Cheyenne è quella di un giovane vecchio che fatica a dirige il suo passo, sospeso fra una realtà che lo sfiora e l'eco di una fiaba ammuffita che ancora lo avvolge : dentro c'e'un punk , la droga , la trasgressione, un occhiale da divo che lo nasconde dalla sua vera essenza , un' oscurità ricercata che obnubila il pensiero; la lentezza espositiva trova un punto d focalizzazione esoterico nel trucco da clown che in qualche modo assorbe tutta una generazione fatta di follie , eccessi, esasperazioni , musica ripetitiva ed ossessiva.
Imbattibile Sean Penn che gioca mirabilmente nel ruolo di Cheyenne!!!!!!!!!.
La storia di Cheyenne non ha analogie con "Il Divo", diverso l'argomento , differente il contesto e gli input; se proprio vogliamo collegarli possiamo solo dire che è un film di Paolo Sorrentino :basta.
Poi mi devo correggere , dopo una più attenta osservazione appaiono numerosi i punti di contatto: lo stile di Sorrentino richiama se stesso in quella tendenza ad isolare i personaggi dal contesto favorendone l'' introspezione ,riflessione , generando un mondo sospeso fra il surreale ed un passato che interagisce con il presente , una realtà apparentemente indeterminata che comunque alimenta ancora il pensiero in fieri ;strumentali sono l'uso dei primi piani che parlano spesso più della parola come del resto i silenzi che vengono disegnati e le inquadrature che si soffermano sugli occhi che osservano.
Alla fine del film qualcosa mi si è incollata all'anima; in quell' attimo, ho sentito sossurri e grida insieme ed un movimento energetico che mi a invitato a ricercare una risonanza con questa splendida opera.
Non tutto deve avere un senso ; si può anche essere semplicemente osservatori di accadimenti che ci capitano addosso.
Non tutto deve avere indirizzo, proposito,messaggio, magari può essere un semplice esercizio di stasi volta ad assimilare una profondità che si è persa.
La dilatazione dello spazio e del tempo nell'opera di Sorrentino confluisce in un luogo indeterminato dove tutto può evolvere verso una crescita.
Ma non basta .
Cone non apprezzare la sinergia che si fa assaporare fra suoni ed immagini??
Questo film è contesto dove si ramifica idee e propositi; dove una metamorfosi dovrebbe procedere; mentre si snoda la pellicola"restano tanti lumicini"come delle bolle di idee ,pensieri abbozzati che potrebbero fruttificare ;queste bolle di idee, abbozzi, quando fruttificano possono divenire un bagliore di luce cristallina ed il sogno divenire vivida realtà.
Ma quando il sogno diviene vivida realtà?
Solo nell'attimo in cui il contenitore fatuo svanisce ed i cimeli del passato, coccolati da Cheyenne con dedizione ipnotizzante , come per incanto, perdono forma e sostanza; in quell'attimo ,il tempo di un battito d'ali di una farfalla,il clown vede riaffiorare la sua completezza sopita mentre si strucca;l'apparenza evapora e la sostanza riaffiora come un bagliore di luce cristallina.
Restano tanti richiami ", apparentemente generici o trattati con troppo pudore; ma non è così, si scivola sul molto per apprezzarne i primi sapori, per poi gettarsi dentro una cascata turbinosa ,la vita!!!
In apparenza"frigido" questo this must be the Place , è invece severissimo nella denuncia contro la società occidentale che palesa il suo degrado , putridume, avidità maniacale: lascio a voi i moltissimi richiami lanciati un poco ovunque nella pellicola.
Il clown senza trucco è ora un uomo ? Forse,ma potrebbe nuovamente smarrire la via e cadere ancora nell'incantesimo:la regia sembra concedere una lettura di evoluzione: la metamorfosi dovrebbe procedere.
Alla fine parliamone bene , molto bene di questa ultima opera di Paolo Sorrentino,una fucina di esperimenti,un intelligente brodo primordiale dove si ramificano idee e propositi.
Un progetto di fiore sembra sbocciare.
Vale sicuramente quattro stelle d'oro , tutto da vedere !!!!!
buona visioneappagante
weach illuminati
[-]
[+] alla ricerca di una vibrazione interrotta
(di weach )
[ - ] alla ricerca di una vibrazione interrotta
[+] ascolta quella musica
(di weach )
[ - ] ascolta quella musica
[+] mi complimento con il forum
(di weach )
[ - ] mi complimento con il forum
|
|
[+] lascia un commento a weach »
[ - ] lascia un commento a weach »
|
|
d'accordo? |
|
immanuel
|
mercoledì 19 ottobre 2011
|
occidente estremo
|
|
|
|
Sean Penn interpreta una ex stella della musica popolare moderna, "Cheyenne", compositore di canzoni dal fascino decadente, capaci di avere effetti negativi sulle fragili menti di piccoli ammiratori (tando da portare alcuni di essi a gesti estremi). Cheyenne è un pupazzo, i suoi tratti volutamente farseschi ricordano il trucco dei pagliacci da circo. Il pallore dei viso riempito di cipria, il rossetto, gli occhi turgidi e languidi, i capelli incolti scomposti dal vento, il fascino sinistro del clown assassino di Stephen King. Sean Penn incarna la degradazione di alcune tragiche subculture moderne, ma è anche l'immagine della crisi dell'uomo occidentale. Depresso, infelice, insoddisfatto, fatuo, scimmia di se stesso.
[+]
Sean Penn interpreta una ex stella della musica popolare moderna, "Cheyenne", compositore di canzoni dal fascino decadente, capaci di avere effetti negativi sulle fragili menti di piccoli ammiratori (tando da portare alcuni di essi a gesti estremi). Cheyenne è un pupazzo, i suoi tratti volutamente farseschi ricordano il trucco dei pagliacci da circo. Il pallore dei viso riempito di cipria, il rossetto, gli occhi turgidi e languidi, i capelli incolti scomposti dal vento, il fascino sinistro del clown assassino di Stephen King. Sean Penn incarna la degradazione di alcune tragiche subculture moderne, ma è anche l'immagine della crisi dell'uomo occidentale. Depresso, infelice, insoddisfatto, fatuo, scimmia di se stesso. Allettato dal denaro, brigato in operazioni finanziarie di dubbia natura, sempre alla ricerca dell'arricchimento, circondanto da un deserto morale sconfortante (l'amico donnaiolo, l'anziana con l'amante, il broker privo di scrupoli, figure deboli, confuse e farneticanti affollano ogni milieu). Di famglia ebrea, perde il padre senza essergli stato accanto neppure al capezzale; solo quando osserva il corpo esanime, bianco di un bianco di morte, rammenta di aver avuto un padre, un tempo. Ne osserva il codice impresso a fuoco su un braccio; scopre quindi la tragedia dell'olocausto (fino ad allore conosciuta -dice- "genericamente", a confermare la mediocrità e la superficilalità). Sorrentino muove un durissimo atto d'accusa contro le brutture della società occidentale, appagata ricca, ma soprattutto debole e vacua. Destinata alla decadenza. Si lancia alla caccia (poi con l'ausilio di un parodico epigono di Simon Wiesenthal) del criminale nazista per tanto tempo odiato dal padre e lungo l'itinerario sulle tracce dell'ormai anziano aguzzino il registra ci da una ancora più icastica prospettiva del triste declino americano. Sceglie i paesaggi, non a caso, più desolati d'america. Giunge in new mexico e scopre un'umanità sofferente, la tragedia degli orfani e delle vedove dei morti dei teatri di guerra americani, il trionfo dell'esteriorità insulsa e esasperata nelle donne (come negli uomini tatuati), il dramma delal ghettizzazione ancora non risolta dei nativi indios, la disoccuopazione, volti tristi, figure grottesche, dolorose e sconsolate, la voce di obama che promette un cambiamento che non arriverà, la solitudine degli anziani, le chiese vuote, le famose armerie attrezzate a purchessia diavoleria in grado di uccidere, il disorientamento di una società in uno stato preagonico. Il vecchio criminale nazista alla fine in una baracca al centro di una plaga artica (cerca assurde e autoconsolatorie giustificazioni ai propri crimini), solo, fuori dai confini del tempo e dello spazio, in uno scenario arido, freddo come l'indifferenza di una società interamente ripiegata sulle proprie afflizioni. Sorrentino non allestisce però un melodramma. Ci lascia infatti con un finale di speranza. Il pagliaccio, nella scena finale, è struccato, ripulito di quel candore simbolo di un deliquio della mente e del corpo, è redento. Torna alla vita, alla speranza in un avvenire positivo; tutto sta però è rimesso alla ferma volontà dell'individuo. E' un augurio rivolto a noi, agli avviliti ambulanti di una società smarrita.
[-]
[+] la tua lettura: eccellente!!!!!!!!!!!!!!!
(di weach)
[ - ] la tua lettura: eccellente!!!!!!!!!!!!!!!
[+] mi commuovela tua lettura sempre efficace
(di weach)
[ - ] mi commuovela tua lettura sempre efficace
[+] sono daccordo con te
(di immanuel)
[ - ] sono daccordo con te
[+] rinnovo il profondo piacere
(di weach )
[ - ] rinnovo il profondo piacere
[+] resta la recensione che prediligo
(di weach )
[ - ] resta la recensione che prediligo
[+] buon anno
(di weach )
[ - ] buon anno
|
|
[+] lascia un commento a immanuel »
[ - ] lascia un commento a immanuel »
|
|
d'accordo? |
|
amazz
|
lunedì 17 ottobre 2011
|
non è mai troppo tardi
|
|
|
|
Una storia gradevole e nient'affatto noiosa, almeno a mio parere. Certo ricorda tanti altri film in cui il protagonista parte per un viaggio, se ci pensate ve ne verranno in mente diversi. Purtroppo tutta la prima parte del film è adoperata per descrivere il personaggio principale e tutta la sua cerchia familiare e di amicizie, a volte appena accennado ai personaggi secondari e di contorno, (chi è Mary? chi è Tony?), lasciando allo spettatore questi interrogativi fino alla fine del film. Cheyenne oltre che essere un bizzarro cinquantenne che può permettersi di vivere di rendita è anche un eterno bambino, la scena del supermarket mostra in maniera inequivocabile la sua indole. Ma un giorno la sua monotonia quotidiana viene stravolta da una notizia che ogni figlio non vorrebbe mai veder arrivare, il padre è in fin di vita e siccome vive a New York lui deve partire.
[+]
Una storia gradevole e nient'affatto noiosa, almeno a mio parere. Certo ricorda tanti altri film in cui il protagonista parte per un viaggio, se ci pensate ve ne verranno in mente diversi. Purtroppo tutta la prima parte del film è adoperata per descrivere il personaggio principale e tutta la sua cerchia familiare e di amicizie, a volte appena accennado ai personaggi secondari e di contorno, (chi è Mary? chi è Tony?), lasciando allo spettatore questi interrogativi fino alla fine del film. Cheyenne oltre che essere un bizzarro cinquantenne che può permettersi di vivere di rendita è anche un eterno bambino, la scena del supermarket mostra in maniera inequivocabile la sua indole. Ma un giorno la sua monotonia quotidiana viene stravolta da una notizia che ogni figlio non vorrebbe mai veder arrivare, il padre è in fin di vita e siccome vive a New York lui deve partire. Qui il film cambia registro, seppure inizialmente Cheyenne sembra lo stesso, man mano il suo spirito di adolescente lo porta a scoprire e riavvolgere un unico legame che ancora lo lega al padre ormai defunto, imbattendosi in argomenti veramente più grandi di lui: l'olocausto e la caccia ai gerarchi nazisti. Il suo viaggio sembra partire alla rinfusa e non c'è da sorprendersi che incontri una serie di personaggi pittoreschi e situazioni comiche e paradossali. Ma inbrocca la strada giusta e raggiunge il suo obiettivo. Il prezzo che paga per tutto questo? Probabilmente lascia per sempre i suoi panni da rockstar e torna ad indossare quelli di un uomo. Bella la fotografia, belle le musiche, attori ineccepibili, tutti grandi; certe sequenze forse di potevano rendere più rapide, altre come quella del concerto a cui assiste a New York si potevano tranquillamente eliminare, a mio modesto parere. Ottima ricetta di un ottimo regista italiano con ingredienti internazionali di prima scelta.
[-]
[+] allora.
(di mcfly)
[ - ] allora.
[+] concerto ineccepibile
(di areknames69)
[ - ] concerto ineccepibile
[+] che bello vedere altro..........
(di weach)
[ - ] che bello vedere altro..........
|
|
[+] lascia un commento a amazz »
[ - ] lascia un commento a amazz »
|
|
d'accordo? |
|
w smith
|
venerdì 18 novembre 2011
|
cheyenne e il viaggio alla ricerca di se stesso
|
|
|
|
Nella prima parte del film Cheyenne si muove entro i margini di una vita fatta di appuntamenti (quelli con la sua giovane amica), rituali (la visita settimanale al cimitero dove sono sepolti i due giovani fan), divertimenti (la pelota o il sesso con la moglie) che si ripetono ciclicamente divenendo gli ingranaggi di una monotonia che sfocia nella noia e in una conseguente pseudo-depressione. La prigione dorata della sua villa rappresenta fisicamente lo spazio della tranquillità e della sicurezza di una vita che scorre lineare ma che non ha più la verve di un tempo.
Arriva però il deus ex machina, l'elemento che va a scardinare l'ordine precostituito irrompendo nella ciclicità delle azioni quotidiane di Cheyenne: l'imminente morte del padre che lo condurrà oltreoceano (forte l'analogia con l'ingresso della donna nella monotona vita del protagonista Titta De Girolamo in "Le conseguenze dell'amore" dello stesso Sorrentino).
[+]
Nella prima parte del film Cheyenne si muove entro i margini di una vita fatta di appuntamenti (quelli con la sua giovane amica), rituali (la visita settimanale al cimitero dove sono sepolti i due giovani fan), divertimenti (la pelota o il sesso con la moglie) che si ripetono ciclicamente divenendo gli ingranaggi di una monotonia che sfocia nella noia e in una conseguente pseudo-depressione. La prigione dorata della sua villa rappresenta fisicamente lo spazio della tranquillità e della sicurezza di una vita che scorre lineare ma che non ha più la verve di un tempo.
Arriva però il deus ex machina, l'elemento che va a scardinare l'ordine precostituito irrompendo nella ciclicità delle azioni quotidiane di Cheyenne: l'imminente morte del padre che lo condurrà oltreoceano (forte l'analogia con l'ingresso della donna nella monotona vita del protagonista Titta De Girolamo in "Le conseguenze dell'amore" dello stesso Sorrentino). Cheyenne, seppur facendo fede alle sue proverbiali paure penalizzanti (leggasi talvolta paranoie, come ad esempio quella che lo spingerà a prendere la nave al posto dell'aereo, arrivando troppo tardi sul letto di morte del padre), intraprenderà un nuovo percorso, fatto di spazi sconosciuti e sconfinati, rompendo sine die il legame con l'amata moglie (quasi una seconda mamma per un personaggio che spesso mostra caratteristiche d'immaturità e infantilità) e con i pochi amici. Sceglierà la libertà in luogo della sicurezza, per ridare brio ad una vita stantia, ponendosi come obiettivo quello della caccia al nazista che vessò il padre durante la II guerra mondiale, un obiettivo che sembra più un pretesto per dare il via a questo nuovo viaggio, che consentirà al protagonista di riappacificarsi spiritualmente col padre, ma soprattutto con se stesso, svoltando definitivamente col vecchio personaggio Cheyenne che si trascina dietro un po' come il trolley che porta con se e che abbandonerà nell'ultima scena, quando abbandona il suo caratteristico look.
Magistrale l'interpretazione di Sean Penn, che da sola valorizza l'intero film. Il personaggio Cheyenne è un buono, ha dei valori (altruismo, nell'aiutare il ragazzo triste nel corteggiamento; fedeltà verso la moglie; compassione per alcuni personaggi che incontra; rimorso e coscienza per aver causato indirettamente due morti e riconosce i maggiori meriti del suo collega/amico David Byrne), è una persona immatura e debole ma non per questo finisce per farsi sopraffare dalla vendetta, nonostante abbia acquistato una pistola. L'interpretazione di Sean Penn è perfetta e trasmette al pubblico le emozioni che il personaggio prova.
Ottima la regia di Sorrentino, per la fotografia, per le inquadrature, per il personaggio protagonista ideato, anche se sembra un po' forzata la presenza del tema dell'olocausto, mentre con la scelta del road movie ambientato negli States con protagonista la stella del cinema statunitense strizza l'occhio verso gli USA. E si nota.
[-]
[+] bravo
(di weach )
[ - ] bravo
|
|
[+] lascia un commento a w smith »
[ - ] lascia un commento a w smith »
|
|
d'accordo? |
|
osteriacinematografo
|
sabato 3 marzo 2012
|
la rinascita onirica di cheyenne
|
|
|
|
John Smith, più noto semplicemente come Cheyenne, è una rock star in pensione, che raggiunse l’apice del successo negli anni ottanta come front man del gruppo “Cheyenne & The Fellows”. Vive di rendita con la moglie in una ricca magione irlandese, curando le sue azioni in borsa e la vita sentimentale di una fanciulla. Il suo aspetto è rimasto quello degli anni 80, indossa abiti e occhiali neri ha il volto truccato e una folta chioma scomposta; attraversa un tempo lento e compassato come i suoi stessi micromovimenti, che si producono al fianco di un carrello della spesa lo accompagna come un’ombra meccanica.
[+]
John Smith, più noto semplicemente come Cheyenne, è una rock star in pensione, che raggiunse l’apice del successo negli anni ottanta come front man del gruppo “Cheyenne & The Fellows”. Vive di rendita con la moglie in una ricca magione irlandese, curando le sue azioni in borsa e la vita sentimentale di una fanciulla. Il suo aspetto è rimasto quello degli anni 80, indossa abiti e occhiali neri ha il volto truccato e una folta chioma scomposta; attraversa un tempo lento e compassato come i suoi stessi micromovimenti, che si producono al fianco di un carrello della spesa lo accompagna come un’ombra meccanica.
Cheyenne riceve improvvisamente la notizia che il padre è malato di una malattia chiamata vecchiaia, e parte per gli Stati Uniti. Sceglie il percorso via mare, a causa della fobia degli aerei, e nel tempo prolungato del tragitto marittimo il padre muore.
A New York l’uomo scopre che il padre effettuava delle ricerche su un tale di nome Aloise Lange, un ufficiale nazista che lo aveva umiliato durante la prigionia ad Auschwitz. Contatta Mordecai Midler, un facoltoso e determinato cacciatore di nazisti; prende in prestito il pick-up di un uomo d’affari, e inizia un lungo viaggio di ricerca che lo condurrà prima in Michigan, e poi giù fino al New Mexico, allo Utah, e oltre lo spazio fisico dei confini americani. Cheyenne risale a Lange col concorso inconsapevole della moglie e della nipote di lui e del deus ex machina Midler, dopo aver incontrato gli strambi personaggi di cui è popolata la provincia americana, l’America vera (Harry Dean Stanton in particolare interpreta l’inventore delle valigie a rotelle).
Lo scenario cambia notevolmente, ma l’approccio di Cheyenne alla realtà rimane il medesimo: la confusione metropolitana prima e le sterminate e mutevoli distese statunitensi sostituiscono la tranquillità rurale irlandese, così come un trolley –che è più protesi che bagaglio- prende il posto dell’inseparabile carrello della spesa; John si accosta alle persone con la solita affabile e pacata tranquillità, con un disincanto che lo cala nell’insieme con leggerezza ed estemporaneità, quasi fosse un corpo estraneo a tutto il resto, agli avvenimenti, al fuoco che divampa nel motore del pick-up davanti al suo corpo immobile.
“Qualcosa mi ha turbato, non saprei dire cosa, ma qualcosa mi ha turbato”- ripete di tanto in tanto il protagonista del film, che nel viaggio alla ricerca di un nazista vince le proprie paure e ritrova se stesso, uscendo dal limbo in cui troppo a lungo è vissuto, liberandosi di una maschera che rappresenta il passato e forse l’infanzia stessa, sganciandosi definitivamente dal carrello e dal trolley che rappresentano al contempo un’intima coperta di Linus e il pesante fardello di situazioni irrisolte e sospese: Cheyenne in un certo senso trova l’interruttore con cui poter rimettere in play una vita che pare un fermo immagine, liberandosi della noia e delle simboliche zavorre dietro cui si cela e rinasce John Smith.
Sean Penn si presta all’ennesima trasformazione, mettendo in scena un personaggio memorabile: il suo modo lento e goffo di porsi, di parlare, di ridere persino, i suoi passi legnosi e appena accennati vengono riequilibrati dal contrappeso di due occhi attenti e penetranti che rivelano sensibilità ed ironia, e un’intelligenza sagace e profonda.
Sorrentino scrive e dirige un’opera toccante e splendida dal punto di vista visivo: il suo esercizio di stile non è fine a se stesso, e ogni immagine è un quadro in movimento, ogni suo quieto indugiare accompagna con delicatezza le movenze misurate del protagonista; ogni singolo personaggio più o meno accentuato fa parte di un insieme armonioso e del percorso di un uomo che sembra cercare il proprio inventore per risolvere una tara del sistema di cui egli stesso è padrone. Ogni tappa del viaggio di Cheyenne, ogni singolo sguardo del film rappresentano i capitoli simbolici di una rinascita al rallenty, di una danza lenta e liberatoria, di un percorso romantico e immaginario che ricorda le eleganti e flessuose attitudini espressive di “My blueberry nights” di Wong Kar-wai.
[-]
[+] piacere di leggerti
(di weach )
[ - ] piacere di leggerti
|
|
[+] lascia un commento a osteriacinematografo »
[ - ] lascia un commento a osteriacinematografo »
|
|
d'accordo? |
|
lunetta
|
mercoledì 19 ottobre 2011
|
"qualcosa mi ha disturbato....
|
|
|
|
....non so bene cosa, ma mi ha disturbato". E' una frase ricorrente che il protagonista, un lento apparentemente assente, ma riflessivo Sean Penn, ripete spesso per indicare un disagio, di varia natura, nulla più. E' una frase che ho fatto già mia.
Bellissimo film, pacato, lento, mai noioso, sulla vita di una matura ex-rockstar, ricco pur senza lavorare più, sbandato o meglio spaesato in una vita che gli è passata avanti, e lui sapeva solo truccarsi, ogni mattina, e cantare, canzoni tristi, perchè le voleva così il pubblico. E continua ogni giorno a truccarsi con estrema attenzione : "un velo di cipria sulle labbra e il rossetto terrà fino a sera".
[+]
....non so bene cosa, ma mi ha disturbato". E' una frase ricorrente che il protagonista, un lento apparentemente assente, ma riflessivo Sean Penn, ripete spesso per indicare un disagio, di varia natura, nulla più. E' una frase che ho fatto già mia.
Bellissimo film, pacato, lento, mai noioso, sulla vita di una matura ex-rockstar, ricco pur senza lavorare più, sbandato o meglio spaesato in una vita che gli è passata avanti, e lui sapeva solo truccarsi, ogni mattina, e cantare, canzoni tristi, perchè le voleva così il pubblico. E continua ogni giorno a truccarsi con estrema attenzione : "un velo di cipria sulle labbra e il rossetto terrà fino a sera". E' rimasto un bambino, non ha mai imparato a fumare, non sa ancora come si vive "da grandi"
Quando torna negli USA, al capezzale del padre morto, eredita la sua ossessione di cercare , per punire, forse l'ultimo ufficiale nazista ancora vivo. E così, dopo tanti anni in stand by, comincia a vivere, la sua età, il suo tempo...aggiungo solo che la storia dell'ufficiale nazista non è affatto scontata, ma originale.
buona visione
[-]
[+] toc , toc disturbo!!!!!!!!!!!
(di weach )
[ - ] toc , toc disturbo!!!!!!!!!!!
|
|
[+] lascia un commento a lunetta »
[ - ] lascia un commento a lunetta »
|
|
d'accordo? |
|
lettidude
|
lunedì 17 ottobre 2011
|
sorrentino restituisce agli italiani il cinema
|
|
|
|
Lo so che sarebbe inopportuno dare voti massimi, si rischia di essere trascinati dall'emozione, ma con cinque stelle voglio onorare questo lavoro con la meritata eccellenza. Sorrentino con questo film raggiunge un livello di maturità che lo posiziona alla pari dei grandi registi Italiani di sempre. Riesce con maestria a creare un'opera moderna che non scimmiotta il verso di altri blasonati registi ma si contraddistingue con una sua personalità unica.
Sorrentino ci mette del suo e non si fa spaventare dalle "celebrità", non scende a compromessi e si diverte nel creare cinema, vero cinema dove l'espressione dell'artista viene prima di tutto.
[+]
Lo so che sarebbe inopportuno dare voti massimi, si rischia di essere trascinati dall'emozione, ma con cinque stelle voglio onorare questo lavoro con la meritata eccellenza. Sorrentino con questo film raggiunge un livello di maturità che lo posiziona alla pari dei grandi registi Italiani di sempre. Riesce con maestria a creare un'opera moderna che non scimmiotta il verso di altri blasonati registi ma si contraddistingue con una sua personalità unica.
Sorrentino ci mette del suo e non si fa spaventare dalle "celebrità", non scende a compromessi e si diverte nel creare cinema, vero cinema dove l'espressione dell'artista viene prima di tutto.
Dalla fotografia "pulita" senza pesante utilizzo di post produzione, alle musiche che delineano gli stacchi di macchina facendo sembrare il susseguirsi delle scene quasi sincopato, il tutto serve a ricreare questa sensazione di un mondo "acido" nel quale si muove la rockstar.
Gli attori, come ci si può aspettare da professionisti di questo calibro, fanno la loro parte ma "This must be the place" è talmente ben fatto che le performance delle stelle del cinema passano in secondo piano, come artigiani che lavorano alla realizzazione del sogno di un genio.
Certo se si vuole vedere un film "facile" forse bisogna cercare altrove, qui Sorrentino fa cinema per chi ama il cinema.
[-]
[+] sono con te ,completamente
(di weach)
[ - ] sono con te ,completamente
|
|
[+] lascia un commento a lettidude »
[ - ] lascia un commento a lettidude »
|
|
d'accordo? |
|
olgadik
|
martedì 18 ottobre 2011
|
un film che fa riflettere
|
|
|
|
Realista-visionario: un ossimoro per inquadrare un regista, creatore di immagini indimenticabili. Se poi la specificità del linguaggio è esaltata da una interpretazione come quella di Sean Penn, ricca di sfumature, difficile da mantenere in equilibrio senza cadere nel grottesco e intensa fino al drammatico, si ha un’idea della forza di questo film. Né si può tacere dei comprimari eccellenti: una per tutti Frances McDormand nel ruolo della moglie del protagonista, donna concreta, pronta al sorriso e all’empatia, in netto contrasto con la lentezza triste del marito. Ci sono poi altri due elementi che contribuiscono a rendere quest’opera difficile da dimenticare.
[+]
Realista-visionario: un ossimoro per inquadrare un regista, creatore di immagini indimenticabili. Se poi la specificità del linguaggio è esaltata da una interpretazione come quella di Sean Penn, ricca di sfumature, difficile da mantenere in equilibrio senza cadere nel grottesco e intensa fino al drammatico, si ha un’idea della forza di questo film. Né si può tacere dei comprimari eccellenti: una per tutti Frances McDormand nel ruolo della moglie del protagonista, donna concreta, pronta al sorriso e all’empatia, in netto contrasto con la lentezza triste del marito. Ci sono poi altri due elementi che contribuiscono a rendere quest’opera difficile da dimenticare. Alludo alla espertissima fotografia di Luca Bigazzi, volta a sottolineare la cura estrema e il coraggio estetico dell’autore, che riprende dall’alto e di lato, esalta i dettagli fino al grottesco, insinua rapidi flash all’indietro nella narrazione. Infine citerei la colonna sonora di David Byrne nonché la scena in cui egli canta la canzone che dà il titolo al film; alle spalle del cantante, Sorrentino su un piano perpendicolare mette in scena simbolicamente il passato con un effetto complessivo straordinario. Altra sequenza indimenticabile sul piano linguistico si trova nelle ultime sequenze. L’ex-nazista ormai vecchissimo compare nudo in mezzo alla neve: in quell’inquadratura estremamente realistica e insieme simbolica c’è tutta la ferocia del tempo che passa sui nostri corpi e l’umiliazione dell’umanità. Quel vecchio senza abiti, sulla neve, in una luce bianca, muove il protagonista a pietà più che a vendetta. E’ il momento in cui si capisce che il protagonista si è finalmente liberato della maschera di cerone che ne celava la vera identità, facendolo apparire quasi come un fantasma in una casa bianca e singolare, accanto alla moglie che gli fa da madre, sfiorando, col suo sguardo bambino, cose e persone. Dondolante l’andatura, bassa la voce, ma indicibilmente espressivo lo sguardo ingenuo o remoto a seconda del contesto. Finché a lui non muore il padre ed egli entra finalmente in contatto con quell’estraneo fondamentale in ogni crescita che si rispetti. Lasciata l’Irlanda e raggiunti gli States comincia un on-the-road che ricorda molto Wenders e Antonioni, ma che risulta singolare pur se già visto. Strana infatti e inusuale è la meta di questo andare. Il rocker cerca un ex-aguzzino nazista che ha profondamente umiliato in passato il padre ebreo e perciò da lui ossessivamente inseguito per tutta la vita. Nel viaggio del figlio tanti sono gli incontri, surreali o emblematici, ma tali da fargli capire qual è il suo “posto”. Ed una cosa è certa: la sua straordinaria attenzione alla complessità-semplice della realtà muove alla riflessione lo spettatore. Mi accorgo di avere usato ancora un ossimoro alla fine di queste impressioni: sarà un caso o l’uso è ineludibile in tale contesto?
[-]
[+] olgadik,
(di marezia)
[ - ] olgadik,
[+] non sa proprio scrivere, sa?
(di marezia)
[ - ] non sa proprio scrivere, sa?
[+] olgadik,
(di marezia)
[ - ] olgadik,
[+] ottima splendente
(di weach)
[ - ] ottima splendente
[+] che maleducata marezia ma che maleducata
(di luana)
[ - ] che maleducata marezia ma che maleducata
[+] perdonarsi e perdonare
(di weach )
[ - ] perdonarsi e perdonare
|
|
[+] lascia un commento a olgadik »
[ - ] lascia un commento a olgadik »
|
|
d'accordo? |
|
|