Un uomo vero

Charlie Croker (Jeff Daniels) è un magnate immobiliare sul punto di crollare sotto il peso dei suoi stessi eccessi. Dopo anni di opulenza e spreco, il suo impero finanziario è minato da una montagna di debiti, scatenando una serie di eventi che coinvolgono una vasta gamma di personaggi, dal suo ex collega Raymond Peepgrass (Tom Pelphrey) al sindaco di Atlanta in corsa per la rielezione, Wes Jordan (William Jackson Harper). Mentre Croker lotta per salvare ciò che resta della sua fortuna, la serie esplora temi di razza, classe e moralità, offrendo uno sguardo penetrante nel cuore dell'America contemporanea.

Dovremmo creare una nuova categoria narrativa per i prodotti seriali interpretati da Jeff Daniels, caratterizzati da una forte volontà di analizzare la contemporaneità americana, e in particolar modo le sue sofferenze e increspature politiche.

Da The Newsroom a The Comey Rule, Jeff Daniels che si immerge negli affari, che prende la scena e padroneggia tutto l'ambiente è sempre uno spettacolo da vedere. Questa volta l'ex-scemo più scemo si immerge nel personaggio di Charlie Croker, un magnate immobiliare con le mani sporche che si trova a dover affrontare la bancarotta. La serie, diretta da Regina King (Quella notte a Miami...) e Thomas Schlamme (Sports Night, The Americans) e prodotta da David E. Kelley (The Practice, Boston Legal, Ally McBeal, Big Little Lies), prometteva di essere un'opera più smart e propulsiva, ma non riesce del tutto a soddisfare le aspettative.

Uno dei punti focali della serie è il contrasto tra Charlie Croker e il suo rivale, Raymond Peepgrass, interpretato in modo magistrale da Tom Pelphrey. Mentre Charlie rappresenta l'arroganza e l'avidità del successo a tutti i costi, Raymond incarna la frustrazione e l'invidia di chi cerca di scalare la piramide sociale a discapito degli altri. Tuttavia, nonostante le solide performance del cast e la regia di Regina King, Un uomo vero non riesce del tutto a cogliere l'essenza della satira sociale e politica, tipica dei romanzi di Tom Wolfe. La miniserie in sei episodi offre spunti interessanti sulla corruzione e sul potere nel mondo degli affari, ma manca di una vera e propria rilevanza satirica e di una profondità nella caratterizzazione dei personaggi.

Altro tasto dolente è certamente la rappresentazione delle donne, malgrado le ottime prestazioni di Diane Lane, nel ruolo della ex-moglie Martha Croker, e di Lucy Liu in quello dell'amica Joyce Newman, che sembrano essere trattate principalmente come strumenti per il progresso della trama dei personaggi maschili, piuttosto che come figure autonome con le proprie storie e motivazioni.

Forse l'aspetto più interessante della serie è la forte - e dovuta - presenza di riferimenti al trumpismo, incarnato principalmente nel personaggio di Charlie Croker. Come il presidente Trump, Croker è un uomo d'affari senza scrupoli che si trova costantemente nei guai a causa delle sue azioni imprudenti e del suo comportamento sprezzante nei confronti degli altri. Tuttavia, la serie non approfondisce appieno questa tematica e non offre una critica pungente e attuale del fenomeno politico che rappresenta, trasformando la castrazione del personaggio in un'argomentazione didascalica e poco efficiente.

Un uomo vero aspira a essere una serie avvincente e ricca di spunti sulla società americana contemporanea, toccando temi come il potere, la corruzione e le lotte di classe. Nonostante le solide interpretazioni di Jeff Daniels e del resto del cast, la serie non riesce a catturare pienamente l'essenza della satira sociale e politica che caratterizza il romanzo originale di Wolfe. Le sfumature dei personaggi e il loro sviluppo appaiono a tratti confusi e mancano di una forte incisività: gli spunti più interessanti vengono infatti offuscati da una narrazione che, pur tentando di svelare le complessità della contemporaneità, non riesce a offrire una critica pungente e coerente sul potere e sul privilegio in America, lasciando così al pubblico il compito di decifrare i messaggi che la produzione si proponeva di trasmettere. 