senzabandiera
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sabato 19 marzo 2022
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un film necessario ed importante
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Un ottimo film di Ken Loach, in sintonia con i tempi attuali, che mette in luce l'ipocrisia del modello delle consegne porta a porta, dove chi effettua le consegne deve assumersi tutti gli oneri ed i rischi per un pugno di sterline. L'illusione di lavorare in proprio senza alcun vantaggio del lavoro proprio ma solo gli svantaggi.
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felicity
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martedì 4 maggio 2021
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moralmente e storicamente ineccepibile
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Di fronte al ventiseiesimo film per il cinema di Ken Loach, Sorry We Missed You, è opportuno prima di tutto ribadire quali siano gli occhiali giusti per leggere il regista: la sostanza del cinema di Loach non sta infatti nel “grande tema”, che storicamente è diventato il recinto critico in cui costringerlo, bensì nel profondo rigore stilistico.
In Sorry We Missed You siamo ancora a Newcastle, uno spazio che è vaso di Pandora aperto sul lavoro-orrore contemporaneo. E c’è ancora il dialetto del Nord-Est inglese, confermando il lavoro sulla lingua come imprescindibile nel discorso del cineasta: la lingua come mezzo di opposizione, in cui la parlata dei ceti più bassi si contrappone al verbo di capi e burocrati.
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Di fronte al ventiseiesimo film per il cinema di Ken Loach, Sorry We Missed You, è opportuno prima di tutto ribadire quali siano gli occhiali giusti per leggere il regista: la sostanza del cinema di Loach non sta infatti nel “grande tema”, che storicamente è diventato il recinto critico in cui costringerlo, bensì nel profondo rigore stilistico.
In Sorry We Missed You siamo ancora a Newcastle, uno spazio che è vaso di Pandora aperto sul lavoro-orrore contemporaneo. E c’è ancora il dialetto del Nord-Est inglese, confermando il lavoro sulla lingua come imprescindibile nel discorso del cineasta: la lingua come mezzo di opposizione, in cui la parlata dei ceti più bassi si contrappone al verbo di capi e burocrati.
Come sempre il film inizia prima del film: Laverty e Loach hanno passato mesi tra i driver, i lavoratori delle consegne, li hanno interpellati e ascoltati a lungo prima di iniziare a definire il percorso. Ne consegue un realismo inedito, innanzitutto tecnicamente: mai finora nel cinema di finzione si era vista una tale rappresentazione di un magazzino che su sfondo frenetico propone pacchi accatastati per terra o in reti/gabbie metalliche, uomini in tuta che li consegnano, timbri elettronici, furgoni sporchi, teaser da preservare per evitare multe. Il “controspazio” del magazzino è la tavola domestica, in cui la famiglia si riunisce, anche per litigare aspramente, ma che resta comunque l’unico welfare possibile.
C’è quindi l’intero cinema loachiano nella costruzione di questo film, che ne costituisce un distillato ideale: a partire dalla ricerca di attori non professionisti che nella vita svolgono un mestiere uguale o simile a quello riprodotto nella finzione.
Qui Kris Hitchen è un idraulico abituato a guidare il furgone, Debbie Honeywood un’infermiera domiciliare, i giovani Rhys Stone e Katie Proctor due ragazzi trovati nelle scuole della zona. Il copione viene consegnato parzialmente, si gira in ordine cronologico con gli interpreti che scoprono lo sviluppo della storia di giorno in giorno; la cinepresa è “nascosta” e spesso lontana, alla ricerca della maggiore spontaneità possibile.
Tutto normale nell’ultimo Loach? Quasi, perché in Sorry We Missed You c’è anche un momento di svolta. Si tratta dell’istante in cui la plausibilità cede il passo all’esagerazione, il realismo si trasforma in iperbole. Volutamente. Sulla tela narrativa il punto si può rintracciare nella sequenza di Seb che imbratta le foto di famiglia: da quel momento il verosimile esce dalla finestra e lascia spazio alla riconfigurazione simbolica del protagonista.
Nell’arco di poche scene, infatti, Ricky litiga violentemente col figlio e lo colpisce, è aggredito da delinquenti, finisce in ospedale, viene pesantemente multato, torna a casa malconcio ed è costretto a lavorare ferito e barcollante. Possibile? Non è il punto.
L’impennata del termometro drammatico, che si traduce nella successione di disgrazie (troppe, dicono i critici), si impone come una strategia tenacemente studiata da Laverty e Loach: proprio l’ingresso nell’iperbole, che contraddice il realismo precedente, è il passo che conduce al risultato, ovvero a quella dissolvenza che arriva mentre Ricky va al lavoro. L’uomo sul furgone, Cristo fra i guidatori, lascia un cerchio aperto: da una parte il dramma oggi non è la disoccupazione ma continuare a lavorare, costretti in un loop sfinente, dall’altra però Ricky resta vivo, ha una famiglia, evita la tragedia definitiva e qualcosa può sempre succedere dopo, oltre lo schermo.
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sergio dal maso
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venerdì 21 agosto 2020
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la fine del lavoro
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"Non lo trovi sotto casa? Ordinalo su Amazon, domani mattina sarà comodamente a casa tua!”
Quella dei Turner è una normale famiglia inglese. Tenacemente unita, malgrado i lavori precari e malpagati di Ricky e Abbie e il rapporto non troppo sereno con Seb, il maggiore dei due figli, adolescente piuttosto irrequieto.
Abby assiste gli anziani a domicilio, lavora fino a quattordici ore al giorno, trattandoli sempre con affetto e rispetto. Eppure guadagna una miseria, e non ha un contratto stabile perché dipende da una agenzia.
Ricky, dopo aver fatto tanti lavori, dal falegname all’idraulico, vede nelle consegne a domicilio come corriere freelance la possibilità di svoltare, di raggiungere quella solidità economica che gli permetterebbe di ottenere un mutuo e acquistare, finalmente, un appartamento.
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"Non lo trovi sotto casa? Ordinalo su Amazon, domani mattina sarà comodamente a casa tua!”
Quella dei Turner è una normale famiglia inglese. Tenacemente unita, malgrado i lavori precari e malpagati di Ricky e Abbie e il rapporto non troppo sereno con Seb, il maggiore dei due figli, adolescente piuttosto irrequieto.
Abby assiste gli anziani a domicilio, lavora fino a quattordici ore al giorno, trattandoli sempre con affetto e rispetto. Eppure guadagna una miseria, e non ha un contratto stabile perché dipende da una agenzia.
Ricky, dopo aver fatto tanti lavori, dal falegname all’idraulico, vede nelle consegne a domicilio come corriere freelance la possibilità di svoltare, di raggiungere quella solidità economica che gli permetterebbe di ottenere un mutuo e acquistare, finalmente, un appartamento.
Come il precedente Io Daniel Blakeanche Sorry we missed you si apre con uno schermo nero. Si sente solo un dialogo, è il colloquio tra Ricky e il nuovo datore di lavoro.
Un fermo immagine nero come l’abisso in cui da questo momento il protagonista sarà lentamente trascinato, in una spirale di sfruttamento e alienazione di cui diventerà consapevole troppo tardi.
Perché alla base di tutto c’è l’inganno lessicale della seducente formula di assunzione, “non lavori per noi ma con noi”.
Non ci sarà nessuna autonomia lavorativa per Ricky, casomai il contrario. Quella chiamata in gergo gig-economy, cioè i lavori a chiamata pagati a prestazione, è una moderna forma di schiavismo in cui non sono previste ferie – a volte le assenze bisogna addirittura pagarsele - non ci sono indennità di malattia e i soffocanti piani di consegna sono rigidamente controllati da strumenti digitali e satellitari.
E da questa spirale è difficile uscire, spesso i padroncinisi indebitano per acquistare il furgone o gli strumenti di lavoro, a volte proprio con le “agenzie” a cui si legano quindi in modo indissolubile.
Come negli altri suoi film lo sguardo di Ken Loach è estremamente lucido e profetico nel parlarci dei recenti e radicali cambiamenti del mondo del lavoro, della mutazione dei rapporti sociali nel mondo globalizzato.
Ci apre gli occhi sugli acquisti onlineche, senza che ne accorgessimo, hanno spazzato via l’organizzazione tradizionale del commercio. Cosa succede tra il clic che conferma un acquisto su un sito di e-commercee l’apertura del pacco a casa? Ricky lo scoprirà troppo tardi, sulla sua pelle.
Quel clicattiva all’istante una catena di montaggio frenetica, quasi schizofrenica, che in tempi rapidissimi deve garantire il reperimento, il confezionamento e la consegna della merce ordinata. In una catena dove l’anello debole sono proprio i corrieri come il protagonista.
Sorry we missed you è un film durissimo, spietato, ma asciutto e antiretorico. Un pugno nello stomaco che lascia senza fiato. Si crea una forte empatia con Ricky, una vicinanza quasi fisica, ci sembra di accompagnarlo nel suo calvario quotidiano col furgone.
Ken Loach è veramente bravo a rendere assolutamente credibili le storie che racconta. Gli attori, quasi sempre non professionisti, sono impeccabili, sembrano non recitare nemmeno da quanto sono “veri”.
Il formidabile Kris Hitchen nella vita ha fatto veramente l’idraulico e il corriere, proprio come Ricky.
Sentiamo vicini i personaggi della famiglia Turner perché trasudano umanità.
Il baratro di alienazione e di imbarbarimento lavorativo in cui è sprofondato il protagonista finisce col lacerare i legami famigliari. Quel sentimento affettivo famigliare che sembra essere l’unico motivo di speranza in una società totalmente asservita al profitto e al denaro, una società che non sa nemmeno immaginare un futuro diverso.
Sorry we missed youè la frase dei bigliettini che i corrieri inglesi lasciano in caso di mancata consegna. Significa “ci dispiace, non ti abbiamo trovato”, ma letteralmente significherebbe “ci dispiace, ti abbiamo perso”. Ciò che è stato perso è il rispetto dell’individuo, della dignità della persona, l’umanità in un mondo del lavoro impazzito.
Ken Loach non indica una via d’uscita, alla piccola Liza Jane non resta che sperare “che tutto torni come prima”.
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elgatoloco
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martedì 4 agosto 2020
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fiction reale o realtà genialmente as fiction?
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In questo"Sorry we missed you"(Ken Loach, scenieggatirua scritta con Paul Laverty, 2019)l'autore britannico è presente in pieno: l'alienazione da lavoro, del e nel lavoro, nella fattispecie precario e ai tempi del"turbocapitalismo"è presente in pieno, dove l'autore coglie ciò nelle pieghe di difficili rapporti familiari in una famiglia nella quale entrambi i genitori sono precari, mentre i figli una preadolescente e un adolescente vivono in maniera diversa una crescita difficile e"contrastata". Chiarissima la denuncia sociale(Loach non ha mai nascosto la sua tendenza politica, molto chiara, assolutamente in controtendenza in una Great Britain che dalla Tatcher a Johnson ha conosciuto un "irresistibile"incrudelimento dei rapporti sociali, dove anche la stagione del"New Labour"di Tony Blair non è stato se non un inganno per il proletariato), che il regista.
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In questo"Sorry we missed you"(Ken Loach, scenieggatirua scritta con Paul Laverty, 2019)l'autore britannico è presente in pieno: l'alienazione da lavoro, del e nel lavoro, nella fattispecie precario e ai tempi del"turbocapitalismo"è presente in pieno, dove l'autore coglie ciò nelle pieghe di difficili rapporti familiari in una famiglia nella quale entrambi i genitori sono precari, mentre i figli una preadolescente e un adolescente vivono in maniera diversa una crescita difficile e"contrastata". Chiarissima la denuncia sociale(Loach non ha mai nascosto la sua tendenza politica, molto chiara, assolutamente in controtendenza in una Great Britain che dalla Tatcher a Johnson ha conosciuto un "irresistibile"incrudelimento dei rapporti sociali, dove anche la stagione del"New Labour"di Tony Blair non è stato se non un inganno per il proletariato), che il regista.autore riesce a comunicare in modo assolutamente unico, riuscendo a essere"reale"pur facendo un cinema di"fiction"(ma probabilmente dovremmo ridiscuter prfondamente tale lemma e il concetto con esso espresso)e"fittizio"parlando di realtà, visto che sappiamo perfettamente non trattarsi mai, in questo film come negli altri di Loach, di un"documentario", di una "riproduzione del reale". Che poi si possa parlare di situazioni estreme e di"parossismo"è assolutamente falso, dato che le sitauzioni che qui Loach ci propone sono"normali", appunto a livello di un proletariato sempre più emarginato economicamente, civilmente e a livello di rapprti umani e dunque familiari, oltte chee(ovviamente)sociali. La frustrazione da lavoro si riserva nei semplici rapporti familiari, con conseguenze prevedibili quanto inevitabili, Gli interpreti, anche qui come sempre, sono straordinari, da Kris Hitchen e Debby Honeywood a tutti/e gli(le)altri/e. El Gato
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vepra81
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domenica 5 luglio 2020
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duro e crudo
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Un film nudo e crudo che racconta le vere difficoltà di chi fatica ogni giorno per trovare da vivere. Drammatico che fa riflettere. Il finale forse diverso l'avrei scritto, ma forse meglio così.. ovvero lasciare a noi spettatori la giusta meditazione.
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gabrjack
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giovedì 23 aprile 2020
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il cinema necessario di ken
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Ultimamente Ken e il suo fido sceneggiatore porta sugli schermi sprazzi di vita vissuta nel Regno Unito dalla parte ovviamente degli sfruttati sopratutto si concentra sull'evoluzione della società nell'era di internet dove purtroppo lo spazio dei diritti si è sempre piu ristretto.
Anziani, operai, lavoratori autonomi sfuggono alle leggi della nuova economia del resto Ricky non fa che un lavoro uguale a quello di 50 anni fa, chiamatelo affiliato in franchaising o padroncino il suo sogno è in ogni caso guadagnare di piu per comprarsi una casa, fa un lavoro dove troppa gente, dopo la crisi del 2008, si è trovata a spasso per mancanza di occupazione sopratutto per quei lavoratori senza particolari specializzazioni.
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Ultimamente Ken e il suo fido sceneggiatore porta sugli schermi sprazzi di vita vissuta nel Regno Unito dalla parte ovviamente degli sfruttati sopratutto si concentra sull'evoluzione della società nell'era di internet dove purtroppo lo spazio dei diritti si è sempre piu ristretto.
Anziani, operai, lavoratori autonomi sfuggono alle leggi della nuova economia del resto Ricky non fa che un lavoro uguale a quello di 50 anni fa, chiamatelo affiliato in franchaising o padroncino il suo sogno è in ogni caso guadagnare di piu per comprarsi una casa, fa un lavoro dove troppa gente, dopo la crisi del 2008, si è trovata a spasso per mancanza di occupazione sopratutto per quei lavoratori senza particolari specializzazioni. Il trasporto merci si è sempre distinto come un gran serbatoio di lavoro autonomo ma rispetto a 20 anni fa sono cambiate le modalità, mentre a quei tempi erano i mezzi pesanti a farla da padrone con consegne da citta a città con poche fermate e con tempi di consegna abbastanza umani, ad oggi l'avvento di internet e dell'era digitale ha sconvolto tutto, la parcellizzazione, le consegne porta a porta. Il trasporto furgonato ha soppiantato quello pesante e di pari passo è aumentata la concorrenza, vecchie e nuove aziende si sono gettate a peso morto per accappararsi i grossi clienti,Amazon in primis, e hanno dovuto adeguarsi ai tempi di quest'ultimo. Ora le consegne avvengono anche di domenica e noi tutti ad esaltare la puntualità e l'efficenza(leggetevi i commenti entusiastici dei clienti Amazon) ebbene tutta questa efficenza e puntualità passa sulla testa di magazzinieri iperveloci ipercontrollati e iperstressati, di autisti che non possono sgarrare di un minuto, tutto al servizio del cliente che vuole il prodotto a pochi soldi e subito. O meglio: così ci ha abituato Amazon! Passano in secondo piano i problemi famigliari la salute il dirtto al riposo e un minimo di benessere. Non si lavora piu per vivere ma si vive per lavorare. Il cinema di Ken Loach attinge a piene mani in questo vastissimo campo dove pochi cineasti si cimentano.
Lo sguardo di Ken è quasi documentaristico, la sua capacità unita alle straordinarie sceneggiature riesce a dare spessore a queste persone a questi ultimi, impreparati ad affrontare la nuova società iperveloce ipertecnologizzata fino a perdere la vita(vedi l'anziano Blake del film omonimo) ma mentre Blake lotta con tutte le sue forze per far valere i suoi diritti fino all'infarto mortale Ricky si deve piegare a questa nuova dittatura. Il finale di We Missed è sconfortante non c'è e non ci sarà una fine, sembra dire Loach.
Forse l'unica nota positiva è rappresentata dal figlio che dopo varie traversie dovute principalmente all'assenza necessaria dei genitori riesce a comprendere le difficoltà e cerca di ricucire i rapporti logorati e sul filo della rottura a causa di questa non vita. La famiglia dopo tutto sembra dirci il regista, è l'ultimo baluardo dove aggrapparsi per non precipitare nell'angoscia della pura sopravvivenza.
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stefano capasso
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sabato 4 aprile 2020
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complicita inaspettate
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Ricky e Abby hanno due figli, sono parte della working class inglese, sempre a corto di disponibilità economiche e con poche possibilità di realizzare i propri sogni di una vita migliore. Ricky però decide di tentare il salto: acquista un furgone, vendendo la macchina della moglie, e comincia a lavorare come corriere, in franchising. Ben presto il lavoro si rivela totalizzante, senza nessun diritto e con un boss che non ha nessun tipo di coscienza umana verso le difficoltà dei suoi lavoratori. Lo stress di Rick si riflette inevitabilmente sul nucleo familiare.
Ken Loach illumina con sguardo lucido, senza sconti al mondo del lavoro inglese, e sceglie quello che è ormai divenuto quasi un archetipo, il settore del delivery.
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Ricky e Abby hanno due figli, sono parte della working class inglese, sempre a corto di disponibilità economiche e con poche possibilità di realizzare i propri sogni di una vita migliore. Ricky però decide di tentare il salto: acquista un furgone, vendendo la macchina della moglie, e comincia a lavorare come corriere, in franchising. Ben presto il lavoro si rivela totalizzante, senza nessun diritto e con un boss che non ha nessun tipo di coscienza umana verso le difficoltà dei suoi lavoratori. Lo stress di Rick si riflette inevitabilmente sul nucleo familiare.
Ken Loach illumina con sguardo lucido, senza sconti al mondo del lavoro inglese, e sceglie quello che è ormai divenuto quasi un archetipo, il settore del delivery. Con la consueta abilità nel ricostruire dettagliatamente la periferia inglese, il film diventa una denuncia contro il modo in cui viene gestito il mondo del lavoro e sulla modalità di adattamento dei lavoratori. Da una parte è evidente la modalità sprezzante di chi gestisce il business che ormai è esclusivamente legato al profitto, dall’altro pare che in questo corto circuito sia presente una certa complicità della parte debole. È possibile in qualche modo sottrarsi a questo gioco carnefice vittima che sembra inevitabile? C’è ancora possibilità di scegliere tra una vita fatta difficile dal punto di vista economico e quella impossibile che scaturisce dal partecipare a questa giostra folle? Il protagonista per stare al passo coi ritmi insostenibili del lavoro è necessariamente costretto a perdere contatto con il proprio nucleo famigliare, con i figli, che entrano in crisi, e in ultima analisi, fondamentalmente con se stesso. Il tentativo di migliorare le proprie esistenze si trasforma in una crisi che sembra irreversibile, ed è difficile distinguere tra lo sguardo pessimista di Loach e l’evidenza di una realtà quotidiana davvero complessa.
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loland10
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lunedì 2 marzo 2020
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scontri di una vita...
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“Sorry me wised you“ (id., 2019) è il ventiseiesimo lungometraggio del regista inglese Ken Loach.
L’ultimo Ken Loach colpisce ancora e lascia il segno.
Con poca simpatia verso lo spettatore ma con dolente realtà verso se stesso e la società che si vive.
Una finzione con retorica zero; alla fine un retaggio familiare che rimane e un affetto spaurito tra genitori e figli che vanno avanti sperando di essere come prima. Il prima che nessuno voleva, il prima che tutti rimpiangono, il prima di un lavoro nulla e il prima con poco futuro.
Adesso che il lavoro diventa come imprenditore
‘Scusa ci sei mancato’: una preghiera, un monito, un silenzio, un soccorso, una realtà, un epitaffio, un documento, una verità, un laconico, un padre, un figlio, una famigliare, un lavoro, un riposo, un parlarsi è un conoscersi.
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“Sorry me wised you“ (id., 2019) è il ventiseiesimo lungometraggio del regista inglese Ken Loach.
L’ultimo Ken Loach colpisce ancora e lascia il segno.
Con poca simpatia verso lo spettatore ma con dolente realtà verso se stesso e la società che si vive.
Una finzione con retorica zero; alla fine un retaggio familiare che rimane e un affetto spaurito tra genitori e figli che vanno avanti sperando di essere come prima. Il prima che nessuno voleva, il prima che tutti rimpiangono, il prima di un lavoro nulla e il prima con poco futuro.
Adesso che il lavoro diventa come imprenditore
‘Scusa ci sei mancato’: una preghiera, un monito, un silenzio, un soccorso, una realtà, un epitaffio, un documento, una verità, un laconico, un padre, un figlio, una famigliare, un lavoro, un riposo, un parlarsi è un conoscersi.
Ecco che quando il pacco arriva e non ci sei. Una frase di appoggio e una gentilezza al contrario. Tutto vero quello che arriva e tutto serio quello che arriva. Una storia e storie che arriva dal vero. Kean Loach ha indagato, ha letto e ha conosciuto persone che hanno fatto i corrieri. Lavoro di velocità insidioso, maldestro e pieno di sconfitte.
Si è letto che la storia di Don Iane, un corriere morto nel 2018, abbia colpito il regista per poter approfondire tale tipo di lavoro. E una delle tante vicende, come tanti gli incontri che i corrieri fanno quotidianamente.
Ricky e Abbie sono di Newcastle, sposati con due figli adolescenti, Sebastian e Liza. Ricky perde il lavoro, vuole acquistare un furgone per avviare un’attività autonoma di corriere. Per fare questo le rinunce sono tante, dalla vendita dell’auto della moglie, costretta a girare la città con mezzi pubblici per soccorrere gli anziani a domicilio, agli orari impossibili e a vedere i figli il minimo.
La situazione non va per il verso giusto, tra problemi di salute, di consegne con quelli del figlio che non va scuola, di Liza abbandonata a se stessa e della moglie esausta, stanca senza dimenticare il sogno di comprare casa. Tutti si complica, ogni giorno e ogni momento.
Ecco che il film di Kean Loach si aggrappa ad una corda piena di colla, si arrampica ai vetri oramai sporchi, si ostina a svegliarsi(ci) dal torpore quotidiano per i valori minimi ed essenziali di un vivere sincero e di affetto.
La redenzione sembra lontana o appare dal lumicino lontano in fondo al tunnel quando il figlio maldestro e ostinato, scontroso e contro si mette con le unghie contro la portiera del furgone del padre. Vuole fermarlo in tutti i modi, vuole ricordarsi di essere presente, rivuole un padre. Moglie e figlia vogliono tornare come erano prima. Difficile e impossibile tornare indietro.
Il lavoro che non c’è, il lavoro c’è. La casa, la famiglia, il diritto sanitario, il diritto sulle persone, le questioni sindacali, gli orari, le telefonate, i litigi, le imprecazioni, i clienti assenti, il tempo che corre. E le strade della città ora impazzite e ora vuote di umanità. Una ‘Brexit’ e una ‘vita infame’.
Sentito per sentito, visto per visto. Certo che i nomi ci sono tutti da (s)fruttare per lavorare e da (s)fruttato fino all’ultimo pacco. Una lista… fino ad Amazon. Nessuno è fuori.
Orribile il dentro: un film amarissimo dove ogni inquadratura familiare è sghemba, quasi pudica, fuori porta e quantomeno scivolosa.
Ridicolizzati i grandi del commercio su strada e i pacchi (regalo) arrivano a persone ancora sulla tastiera o a fare colazione o in pigiama o assenti per spocchia o presenti e arrabbiati. Una società di forviati e delusi, di indignati e avvelenati.
Riveriti i potenti quando fa comodo: certo fanno comodo per il lavoro…ma quante rivoluzioni post-industriali siamo arrivati …: il lavoro ‘postmoderno’ di ciechi e inutili (per far numero e selezione).
You per accondiscendere ed essere cordiali: ma le distanze aumentano e i rapporti familiari (o gruppi sociali) sono al lumicino o quasi al macero. Su questo Ken Loach ha fornito l’intera filmografia senza sconti e con acidità (violenta).
Cast: Kris Hitchen (Ricky) Debbie Honeywood (Abbie), Rhys Stone (Sebastian) e Katie Proctor (Liza Jane) sono i Turner: genitori e figli. Un seguirsi e un inseguirsi nei ruoli. Senza trucchi e sbavature irreali. (Sembra) tutto in presa diretta con la cinepresa che segue a distanza e con grande rispetto (e dignità) i percorsi di ognuno e di quello che gira attorno.
Fotografia (di Robbie Ryan): ingrigita, instabile, sciatta e scandita.
Musica (George Fenton): interiore e intensa, isolata e non sovrastante.
Sceneggiatura (Paul Laverty ); collaboratore assiduo del regista (oltre una dozzina di film): segue i personaggi (e viceversa) e scrive quello che fanno e pensano. Non un gioco macchinoso ma uno sfinito reale.
Regia di Ken Loach, non incline al gusto ma accostata alla vita (e i suoi molteplici rivoli).
Voto: 7½ (***½) -cinema nemesis-
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yarince
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giovedì 20 febbraio 2020
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dal "pane e le rose" a "pane e veleno"
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Sorry we missed you; un film disperato e duro, un pugno allo stomaco. Disperato perchè è senza speranza; siamo lontani dalla coralità dello sciopero dei minatori dell'84, supportato anche dalla comunità gay e lontanissimi dallo slogan "vogliamo il pane e le rose" dei sindacalisti impegnati nelle lotte di rivendicazione dei latinos in California, dove la classe operaia agiva insieme per difendere i loro diritti. Qui c'è un padroncino, solo con il suo furgone di proprietà, è un lavoratore autonomo che guadagna su commissione, sul numero di consegne, non c'è alcuna sicurezza nè garanzia, nè ferie retribuite, nè orario, nè malattia.
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Sorry we missed you; un film disperato e duro, un pugno allo stomaco. Disperato perchè è senza speranza; siamo lontani dalla coralità dello sciopero dei minatori dell'84, supportato anche dalla comunità gay e lontanissimi dallo slogan "vogliamo il pane e le rose" dei sindacalisti impegnati nelle lotte di rivendicazione dei latinos in California, dove la classe operaia agiva insieme per difendere i loro diritti. Qui c'è un padroncino, solo con il suo furgone di proprietà, è un lavoratore autonomo che guadagna su commissione, sul numero di consegne, non c'è alcuna sicurezza nè garanzia, nè ferie retribuite, nè orario, nè malattia. Non c'è solidarietà tra i corrieri di Loach, vige la legge del più resistente, chi più consegna più guadagna e chi si lamenta viene sostituito da chi non lo fa. Ricky è solo, con una bottiglietta per fare la pipì e una scatoletta nera che suona di continuo, che traccia i pacchi, i tempi di consegna e la procedura e che diventa il padrone della sua vita. "Sorry we missed you" è il messaggio che viene lasciato quando il destinatario non è in casa, ma è anche il messaggio sotteso in tutto il film; "We miss you" , " Papà, ci manchi" perchè è lui che manca alla famiglia, ai suoi ragazzi, a sua moglie, perchè il lavoro che avrebbe dovuto risollevare la loro situazione finanziaria, in realtà lo tiene in ostaggio tutto il giorno, lontano da casa, dove torna solo a tarda sera, sfinito. Da soli non si può che sprofondare sempre più nella disperazione e forse, l'unica speranza è ritrovare quell'unità, quella compattezza che contraddistinse le rivendicazioni dei minatori e a cui si fa un chiaro riferimento nel film.
Quando ci chiediamo se esiste ancora qualcuno che dice qualcosa di sinistra, beh, possamo rispondere che c'è ancora lui, Ken Loach.
Nato da famiglia di operai, cineasta e documentarista, di impegno civile, di denuncia sociale, attivista politico di estrema sinistra, lui non ha mai perso di vista la working class, nè in politica nè nei suoi film. Lui sveglia la coscienza di classe, sveglia in noi il senso sopito di appartenenza ad una comunità.
Ha prodotto documentari e film a basso costo,
spesso censurati perchè scomodi e molto poco distribuiti…ma le lacrime, la rabbia e la pietas che si provano per i suoi protagonisti sono indimenticabili: il piccolo kes che aveva come amico un falchetto, il padre di "piovono pietre sulla classe operaia" che ruba per poter comprare alla figlia il vestito per la comunione, i suoi operai precari, disoccupati, che sbarcano il lunario come possono, che si muovono nell’Inghilterra delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni della Thatcher. Loach e Laverty hanno percorso la storia sociale di tutto il ' 900: la guerra di indipendenza Irlandese, quella civile Spagnola, quella sandinista in Nicaragua, i desaparecidos argentini, le rivendicazioni dei latinos in California, lo sciopero dei minatori nella Uk Thatcheriana, contro i licenziamenti e le chiusure delle miniere. E' Paul Laverty la penna delle sue sceneggiature, spesso scritte per esperienza diretta, come la guerra sandinista in Nicaragua, per cui scrisse "La canzone di Carla" . Nell'84 Loach diresse un documentario che si chiamava " Which side are you on? Tu da che parte stai? Io, sempre dalla tua parte!!!
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inesperto
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domenica 9 febbraio 2020
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realtà difficili
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Cinema-denuncia voto 5 stelle
Cinema-intrattenimento voto 1 stella
Il film è un potente atto d'accusa contro il mondo del lavoro parasubordinato britannico, schiavistico e senza tutele, che provoca pesantissimi stress personali, i quali si riverberano inevitabilmente sui rapporti familiari. Questa è la storia di una famiglia che riesce a malapena a galleggiare sulla linea di sopravvivenza, con un padre che lavora come corriere fino a 16 ore al giorno e una madre, infermiera a domicilio, costretta a spostarsi coi mezzi tutto il giorno per andare da una casa all'altra. Immancabile il figlio problematico, lasciato tutto il giorno a se stesso, e la sorellina che, forse, è colei che soffre più di tutti della situazione.
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Cinema-denuncia voto 5 stelle
Cinema-intrattenimento voto 1 stella
Il film è un potente atto d'accusa contro il mondo del lavoro parasubordinato britannico, schiavistico e senza tutele, che provoca pesantissimi stress personali, i quali si riverberano inevitabilmente sui rapporti familiari. Questa è la storia di una famiglia che riesce a malapena a galleggiare sulla linea di sopravvivenza, con un padre che lavora come corriere fino a 16 ore al giorno e una madre, infermiera a domicilio, costretta a spostarsi coi mezzi tutto il giorno per andare da una casa all'altra. Immancabile il figlio problematico, lasciato tutto il giorno a se stesso, e la sorellina che, forse, è colei che soffre più di tutti della situazione. Il nostro Ken non consente soluzione di continuità al martellare incessante di questa forte critica, tanto che la pellicola risulta impegnativa ai massimi livelli. Da guardare per l'importanza dei contenuti, ma in un momento di buona freschezza mentale.
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